Caro Direttore, l’economia giapponese sembrava non doversi risollevare più. Eppure, non c’è nulla come una visita a Tokyo per dare l’idea di un Paese che ha ritrovato sicurezza, dopo quasi venti anni di stagnazione.

Marta Dassù*

L’Abenomics, insomma, è prima di tutto una iniezione di fiducia in sé: costruita sull’espansione monetaria e sul nazionalismo geopolitico. Funzionerà?

Con la vittoria delle elezioni per la camera alta dello scorso 21 luglio, il Primo Ministro Shinzo Abe ha i numeri per mettere alla prova la propria ricetta. La formula dell’Abenomics è abbastanza semplice. Dal dicembre 2012, il Primo Ministro giapponese, con una strategia sostanzialmente keynesiana, ha dato il via ad un vasto programma di stimoli fiscali, accompagnati da politiche monetarie espansive. Il nuovo Governatore della Bank of Japan, Haruiko Kuroda, ha fissato un target di inflazione al 2%, per combattere il decennale apprezzamento dello Yen. Parallelamente, il governo giapponese ha avviato i negoziati per la Trans-Pacific Partnership, l’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti e altri Paesi dell’arco del Pacifico.

I risultati sono stati rapidi, anche perché la psicologia è parte integrante dell’economia. Nel primo semestre del 2013 il Giappone è riuscito a rilanciare le proprie esportazioni e ad ottenere tassi di crescita del 4%, la performance migliore del G7. Prima ancora che economica, la rivoluzione di Abe è culturale. Il Giappone che ho visitato nelle scorse settimane per promuovere Expo 2015 è un Paese nuovamente dinamico, che cerca di scrollarsi di dosso il senso di declino, di un inevitabile tramonto.

Certo, gli ostacoli più insidiosi non sono ancora stati affrontati. Per rendere sostenibile la sua strategia - senza che il debito pubblico, già molto alto, provochi un collasso dei conti - Abe dovrà introdurre una serie di riforme strutturali che ancora non si vedono. Le famose due «frecce» dell’Abenomics (espansione monetaria e stimoli fiscali) non reggeranno senza questa terza gamba: per il Fondo Monetario, esistono rischi consistenti che ciò non avvenga in tempi utili. Ma la due giorni di Policy Review della Bank of Japan si è chiusa con un bilancio incoraggiante - mentre l’indice Nikkei continua ad oscillare.

Il governo giapponese sta solo comprando tempo? Per sfuggire alla trappola demografica di una popolazione che invecchia già da alcuni decenni, il sistema pensionistico dovrà essere radicalmente riformato. Il mercato del lavoro attende ancora di essere liberalizzato, soprattutto nel settore dei servizi, favorendo la partecipazione delle donne e investendo di più nell’educazione. Sembra, guardando dall’Italia, un gioco di specchi.

Il rilancio economico del Paese è stato accompagnato da una crescente retorica nazionalista. Nella visione del premier nipponico, la ripresa economica dovrebbe procedere parallelamente al rafforzamento dell’apparato militare del Paese e ad una strategia diplomatica in grado di rilanciare il Giappone come grande attore asiatico. In più di un’occasione, Abe ha sostenuto di volere emendare la Costituzione pacifista, figlia della sconfitta nella Seconda guerra mondiale. Bisogna vedere dove si fermerà l’uso della carta nazionalista. Il rischio - questa volta geopolitico - è che il nazionalismo ritrovato del Giappone, combinandosi a tentazioni simili da parte di una Cina che sperimenta un primo (relativo) rallentamento dell’economia, destabilizzi lo scenario dell’Asia Orientale.

Se la performance economica consentirà ad Abe di tenere sotto controllo spinte eccessive in questo senso, il ritorno di Tokyo sulla scena internazionale - il «coming back» del Giappone - avrà conseguenze molto rilevanti e positive. I Brics, dopo aver trainato parte della crescita dalla crisi finanziaria in poi, stanno entrando in una fase di aggiustamento che ne smorzerà l’impatto; anche per questa ragione, le economie avanzate possono - anzi, debbono - tornare a svolgere il ruolo di volano dello sviluppo globale. Gli Stati Uniti, grazie a una serie di fattori fra cui la rivoluzione energetica, stanno di nuovo crescendo; e soprattutto cominciano a sperare che la crescita continui. Se anche il Giappone dovesse risollevarsi, il Primo Mondo potrebbe riacquistare la sicurezza necessaria per tornare a giocare da protagonista. L’Europa deve evitare di rimanere marginalizzata. Il problema è quello di agganciarsi al vecchio/nuovo Occidente: attraverso l’accordo commerciale con gli Stati Uniti ma soprattutto ritrovando strumenti e fiducia per uscire dalla trappola dell’austerità. (http://www.lastampa.it/2013/08/08/cultura/opinioni/editoriali/dal-giappone-una-lezione-per-leuropa-02dW8yGqFIAoOKJnpHmHBK/pagina.html?wtrk=cpc.social.Twitter)

*Vice ministro degli Esteri

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