Settimana scorsa nel nord-ovest della Repubblica Centrafricana degli scontri nella città di Paoua e vicino al fiume Mbere, attorno al villaggio di Mann, hanno provocato un afflusso di nuovi rifugiati nei vicini campi in Cameroun e nel Sud Ciad.
Dal 2001 l'instabilità politica e i numerosi tentativi di colpo di stato nella Repubblica Centrafricana hanno causato lo spostamento di almeno 20.000 persone in Cameroun e di oltre 50.000 in Ciad meridionale.
Nell'area di Goré e Maro, situata nel Ciad meridionale e prossima al confine con la Rep. Centrafricana, COOPI collabora con UNHCR in quattro campi rifugiati (Amboko, Dosseye, Gondje e Yaroungou) per fornire assistenza a circa 42mila persone, favorendo lo sviluppo delle competenze del personale e rinforzando le infrastrutture locali in tema di utilizzo dell'acqua potabile, e facilitando l'accesso alle cure mediche attraverso la costruzione di un centro di salute a Beoureh, tra i campi di Amboko e Gondje.
"Venerdì scorso sono tornato dalla frontiera di Baibokum, a tre ore da Goré, dove abbiamo effettuato uno screening (controllo) sui nuovi arrivati dal Centrafrica" commenta Matteo Cantoro, coordinatore in loco degli interventi COOPI in Ciad meridionale. "Sono circa 120 persone, di cui la maggior parte donne e bambini. La gente ha lasciato dietro di se beni e soprattutto buoi, poiché si tratta per lo più di pastori "Peuls Mbororo".
Molti di loro sono quindi tornati a recuperare il bestiame e quanto avevano lasciato dietro nella fuga, ma presto dovrebbero ripresentarsi alla frontiera, e probabilmente il numero è destinato a salire. Da gennaio contiamo quasi 2.000 arrivati". Solo una settimana fa il Governo centrafricano ha siglato un accordo di pace, stabilendo un cessate-il-fuoco con i ribelli attivi nel nord-est del Paese, ma la situazione nell'Ovest, in particolare nelle regioni di Ouham e Ouham-Pendé rimane ancora grave.
Secondo dati dell'UNICEF, circa il 15% della popolazione femminile adulta nel Nord del Centrafrica è stata vittima di stupri, incrementando l'insorgere dell'HIV/AIDS, mentre sempre nella stessa regione, si stima che circa 450 bambini muoiano ogni settimana a causa di malnutrizione e malattie che potrebbero essere facilmente prevenute. In fuga da abusi e attacchi portati da ribelli, banditi e truppe governative, le persone vivono in ripari e alloggi di fortuna nelle foreste, lontano dai loro villaggi, che peraltro sono dislocati lungo le strade e per tale motivo sono anche facile preda di saccheggi.
In tali condizioni di miseria diffusa è la pratica del rapimento dei bambini da parte dei cosiddetti "coupeurs de route" (letteralmente "tagliatori di strada", diversamente chiamati "zaraguinas"), ossia gruppi di banditi che rapiscono soprattutto i figli dei Peuls Mbororo (gli allevatori centrafricani) chiedendo riscatti fino a 3.000.000 di franchi sefa (moneta centrafricana), che ammontano a circa 4.500 euro.
I Peuls infatti sono gli unici a possedere mandrie di buoi e mucche, il che li rende più facilmente ricattabili, in quanto possono vendere rapidamente i loro capi di bestiame per procurarsi il denaro necessario al riscatto - ciò invece non avviene per le famiglie di semplici agricoltori. In Repubblica Centrafricana il 73% della popolazione (soprav)vive con meno di un dollaro al giorno.
Più del 57% delle persone è analfabeta, di cui l'82% è rappresentato da donne che abitano nelle zone rurali. Il tasso di mortalità materna è scioccante (nel 2003, 1.355 morti su 100.000 nascite), così come l'indice di mortalità infantile (nel 2003, 132 ogni 1.000 nati).In aggiunta, oltre il 5% della popolazione centrafricana risulta essere sfollata.
Come è stato messo in luce da diverse agenzie umanitarie, negli ultimi anni è divenuta consuetudine parlare di "emergenze dimenticate", senza tener conto che il "dimenticare" implica prioritariamente la conoscenza. Da questo punto di vista la crisi in Rep. Centrafricana non può essere considerata un'emergenza dimenticata, poiché effettivamente sconosciuta e mai veramente recepita.