Indagine di MSF conferma che la mortalità fra i rifugiati è dovuta principalmente alle violenze subite. Roma. Decine di migliaia di persone, tra rifugiati del Darfur e ciadiani rimpatriati, sono fuggite dai violenti scontri nel Darfur nel periodo compreso fra gennaio e maggio 2013 e hanno cercato rifugio nella zona di Tissi, nel sud-est del Ciad. Un’indagine retrospettiva sulla mortalità, condotta all'inizio di maggio e pubblicata da Medici Senza Frontiere (MSF), rivela che il 93% delle morti tra gli sfollati è avvenuto in Darfur, prima di raggiungere il Ciad, ed è stato causato principalmente dalla violenza.
MSF ha ricevuto segnalazioni sugli spostamenti all’inizio di marzo, durante lo svolgimento di una campagna di vaccinazione contro la febbre gialla nel distretto di Goz Beida. Poche settimane dopo, MSF ha iniziato a fornire assistenza medica di emergenza, materiali per allestire dei ripari, acqua potabile e kit per l'igiene ai rifugiati e ai rimpatriati nella zona Tissi.
Per capire meglio le circostanze di questi grandi spostamenti di popolazione, MSF ha commissionato a Epicentre, il Centro di ricerche epidemiologiche di MSF, un’indagine retrospettiva sulla mortalità negli insediamenti di Haraza e Tissi, dal 9 al 18 maggio. Le informazioni sono state raccolte tra più di 15.000 persone, in 2.658 famiglie, equamente divise tra rifugiati e rimpatriati. Nelle testimonianze rese all’équipe di MSF, i rifugiati descrivono attacchi in cui è stato sparato a molte persone e i villaggi dati alle fiamme, rasi al suolo e saccheggiati.
Il primo dato significativo è che la maggior parte delle morti si è verificata in Darfur prima di attraversare il confine con il Ciad. “Questa indagine conferma che la violenza in Darfur è infatti la principale causa di mortalità tra i rifugiati”, afferma Delphine Chedorge, coordinatrice dell'emergenza di MSF. La ricerca rileva non solo che il 61% dei 194 decessi segnalati è stato causato dalla violenza, ma anche che la maggior parte di essi (111 su 119) è dovuta ad armi da fuoco ed è legata a specifici episodi di violenza che precedono le due grandi ondate di spostamenti, una all'inizio di febbraio e l'altra i primi di aprile.
“Ero a Abugaradil quando ho visto le auto entrare”, racconta Sadam, un rifugiato di 33 anni, arrivato a Tissi ad aprile. “Sono stato colpito da un proiettile, che si è conficcato nel braccio destro. Molti abitanti del villaggio sono stati uccisi. I miei fratelli mi hanno messo su un carro e mi hanno trasportato per un'ora e mezza, prima di raggiungere l'ospedale, a Tissi”.
La stragrande maggioranza dei rifugiati intervistati da MSF a Tissi viene da Abugaradil. Hanno riferito di 71 morti violente in questo villaggio, quando è stato attaccato, tra il 2 e il 9 aprile. “Questi risultati contrassegnano un episodio di estrema violenza a Abugaradil e sollevano gravi preoccupazioni per la situazione umanitaria nella regione”, afferma Delphine Chedorge.
Da giugno a settembre, le piogge isolano la maggior parte della zona di Tissi e gli interventi umanitari devono essere ridimensionati. Un’équipe di MSF è comunque rimasta nella città di Tissi e continua a ricevere e curare pazienti.
La scorsa settimana, le équipe di MSF hanno curato 30 pazienti feriti, 13 dei quali presentavano ferite da arma da fuoco e sono stati trasferiti alla vicina città di Abeche, per essere sottoposti a un intervento chirurgico d'urgenza. Si tratta della più grande ondata di feriti registrata da MSF negli ultimi due mesi.
MSF lavora in Ciad da più di 30 anni e, oltre alle operazioni in risposta alle emergenze, l'organizzazione gestisce progetti a Abeche, Massakory, Am Timan e Moissala.