Sharing economy. Quattro ragazzi siciliani creano il primo sito per lo scambio di prodotti alimentari in eccedenza. «Condividere il cibo è un atto d’amore». Puntano dritto al cuore le parole che introducono a “I food share”, la prima piattaforma web italiana per la condivisione di cibo a scopi solidali. Il concetto alla base dell’iniziativa è il food sharing, ovvero lo scambiarsi gratis e liberamente prodotti agroalimentari in eccedenza ancora commestibili per evitare che diventino immondizia.

Maurizio Di Lucchio

A lanciare il progetto è un’associazione no profit che porta lo stesso nome del sito. I fondatori sono quattro ragazzi tra i 25 e i 35 anni di Caltagirone, in provincia di Catania: Daniele Scivoli, imprenditore che commercia dolci siciliani all’estero; Francesco Perticone e sua moglie Elisabetta Di Benedetto, che gestiscono un’agenzia di comunicazione; Daniela Lirosi, titolare di un e-commerce di giocattoli in legno.

Il sito è attivo dallo scorso 26 febbraio. Per partecipare bisogna registrarsi gratuitamente come privato cittadino, azienda o associazione e creare un proprio profilo. A quel punto, i donatori possono cominciare a mettere a disposizione le «ceste alimentari». Le offerte vengono pubblicate in automatico dal sistema e i potenziali beneficiari (singoli cittadini bisognosi, enti di assistenza, parrocchie e associazioni benefiche) possono iniziare a prelevarle.

«Il progetto è nato leggendo un trafiletto che parlava del food sharing in Germania», racconta Daniele Scivoli. «Da lì ho preso lo spunto, anche se la versione che abbiamo creato è ben diversa». L’iniziativa italiana non è a scopo di lucro ed è destinata solo a persone con reali bisogni e a organizzazioni mentre le regole del sito tedesco (foodsharing.de) consentono teoricamente a chiunque di accedere e di beneficiare dei pasti.

Per dimostrare che si ha davvero bisogno del cibo offerto su “I food share”, i comuni cittadini devono firmare un’autocertificazione online del proprio stato di necessità. Come ulteriore sistema di controllo ci sono poi le informazioni tracciate sul sito: se la frequenza dei prelievi di qualcuno è sospetta, gli altri utenti hanno il potere di segnalarlo e di bloccarne il profilo.

I prodotti in donazione sono accettati solo se confezionati e non aperti. Chi intende regalare le proprie eccedenze attraverso la piattaforma ha l’obbligo di descrivere gli alimenti e di indicarne quantità e scadenza. Il sito poi provvede automaticamente ad eliminare i prodotti scaduti e a cancellare dall’elenco le ceste già assegnate.

La logistica è risolta in un modo molto semplice: la consegna dei beni è fatta solamente di persona e viene gestita in autonomia tra donatori e beneficiari. Niente spedizioni, quindi. Ci si mette d’accordo attraverso il sistema di messaggistica interno alla piattaforma e si organizza l’incontro in un posto comodo per entrambi, preferibilmente nelle zone centrali della città per garantire maggiore sicurezza.

«Il passaggio di cibo può diventare anche un momento di socialità», osserva Scivoli. «Chi invece vuole tutelare la sua privacy può lasciare gli alimenti in una chiesa o nella sede di un’associazione».

La ricerca di alimenti può avvenire per città o per cap. E proprio perché il ritiro avviene soltanto dal vivo, è improbabile che qualcuno si procuri i pasti in punti troppo distanti dal luogo in cui si trova la cesta.

«Finora non abbiamo ancora dati aggregati sul numero degli scambi», aggiunge il fondatore di “I food share”. «Ci sono però delle indicazioni. Sappiamo ad esempio che a prelevare le ceste sono più i bisognosi in stato di necessità che le associazioni. In genere, poi, sono più le richieste che le offerte.

In ogni caso, il progetto sta andando al di là delle aspettative perché in pochi mesi ha già ottenuto l’attenzione da parte di molti, media compresi». “I food share” si finanzia esclusivamente con libere donazioni. I costi di gestione, per fortuna degli ideatori, non sono elevati perché la piattaforma è stata realizzata da uno dei soci, Francesco Perticone, che fa il webmaster.

Tra i vantaggi di questo sistema di condivisione c’è l’assortimento. Dal momento che sono le famiglie a donare i prodotti, nelle ceste alimentari può trovarsi di tutto: pasta, succhi di frutta, yogurt, biscotti, zucchero, farina, latte e così via.

In un Paese come l’Italia, dove vengono buttati via 12,3 miliardi di euro di cibo ogni anno, tutti gli alimenti in surplus possono trasformarsi in risorse preziosissime.

Twitter: @maudilucchio

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/food-sharing#ixzz2bBGcVjG9

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