Il Governo Letta cerca di salvare il salvabile (e soprattutto la faccia) con un decreto legge intitolato “Valore Cultura” approvato nella prima riunione agostana del Consiglio dei Ministri: si attende di leggere il testo, ma le anticipazioni sembrano andare nella direzione giusta, sebbene si tratti ancora una volta di un intervento emergenziale e tampone.
di Angelo Zaccone Teodosi
Partiamo dall’annuncio ufficiale diramato nella tarda mattinata di venerdì 2 agosto:
“La Presidenza del Consiglio comunica che il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 10.30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Enrico Letta. Segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Filippo Patroni Griffi. Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, Enrico Letta, e del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Massimo Bray, ha approvato il decreto legge “Valore Cultura” riguardante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”.
Il comunicato stampa segnala che la riunione si è conclusa alle 12.38.
Discretamente tempestiva la reazione di alcune lobby: alle 15.35, l’Anica esprime “grande soddisfazione per il rinnovo del tax credit”; l’Agis si esprime poco dopo per bocca del Presidente dell’Anec (gli esercenti), che manifesta “soddisfazione e sollievo”; alle 17.36, i 100autori – che si autodefiniscono “associazione dell’autorialità cinetelevisiva” – titolano “Bene il ripristino del tax credit” (diverte riportare la parte finale del comunicato: “Da oggi può ricominciare una progettazione a lungo termine per trovare le forme ed i modi più adatti ad innovare liberalizzare, rilanciare uno dei mestieri più belli del mondo: quello che con le immagini racconta storie al mondo intero, fa pensare, divertire, crescere uomini e donne, e da oggi, perché no anche Ministri”); alle 18.12, si registra una reazione meno entusiasta dell’Anac – la associazione storica degli autori cinematografici – che qui riproduciamo: “Mentre accogliamo il ripristino, da parte del Governo, del tax credit come segnale di un’auspicale inversione di tendenza rispetto alle politiche demolitorie attuate nel recente passato nei confronti del cinema italiano, non possiamo ignorare che questo provvedimento rappresenta soltanto una piccola boccata di ossigeno offerta a un malato in rianimazione, le cui condizioni restano critiche. Noi riteniamo che il cinema italiano abbia bisogno, oggi, di una politica capace di esprimere una visione strategica che tenga conto, armonizzi e valorizzi, anche attraverso singoli provvedimenti, tutta la molteplicità di esperienze, creative e produttive, che la nostra cinematografia è in grado di rappresentare”; l’indomani, alle 9.50 di sabato 3 agosto, perviene un po’ tardivo comunicato stampa del Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici, anch’esso positivo ed ottimista…
Non apparteniamo all’eletta schiera di coloro che hanno avuto chance di leggere il testo del provvedimento (sempre di bozza trattasi comunque), che non è stato reso di pubblico dominio dalla Presidenza del Consiglio. Si dovrà verosimilmente attendere qualche giorno, anche perché immaginiamo vengano apportati i soliti ritocchi dell’ultimo minuto.
Come hanno scritto i 100autori: “Leggeremo con attenzione ogni singola riga del decreto, ma l’anima della iniziativa di oggi è che dagli investimenti nella cultura e nelle industrie culturali si può e si deve ricominciare a pensare lo sviluppo del Paese”. Apprezzabile la prudenza, eccessivo l’ottimismo temiamo.
Crediamo veramente sia necessario leggere con estrema attenzione il testo, anche perché, con modalità abbastanza inconsueta, sul sito web della Pdcm ed in allegato del comunicato stampa diramato dal Mibac, viene proposta una sintesi, con file in formato Power Point, con 17 slide di poche righe ognuna. In sostanza, abbiamo la sintesi, ma non il testo del documento, e sappiamo bene quanto, soprattutto in Italia, possa nascondersi nei meandri dei testi normativi e soprattutto tra le righe dei criptici testi cui ci ha abituato il legislatore nazionale. “Tafter” ha già segnalato il 2 agosto le novità annunciate dal documento governativo.
Cerchiamo di analizzare il “dietro le quinte”. Venerdì in tarda mattinata, e quindi prima della decisione del Governo di utilizzare lo strumento del decreto legge, una testata ancora poco nota (anzi per la verità quasi semi-clandestina), ma di gran qualità tecnica (e di eterodosse posizioni), “Odeon”, pubblicata dal lombardo Tespi Mediagroup, intitolava un’interessante analisi “dietrologica”, a firma di una delle penne più acute del giornalismo di indagine in materia di politica dell’audiovisivo, Andrea Dusio: “Tax Credit: allegretto andante per trio… Le agevolazioni fiscali verranno prorogate in virtù di un ordine del giorno promosso da tre parlamentari di Scelta Civile: Andrea Romano, Edoardo Nesi ed Enrico Zanetti. Tutti e tre figuravano nella Fondazione Italia Futura, come il Presidente di Anica Riccardo Tozzi”.
Dusio scrive che “l’emendamento inatteso” (in base al quale il governo avrebbe dovuto provvedere, “già nella prossima Legge di Stabilità o con altre urgenti iniziative legislative”, ad estendere le agevolazioni fiscali previste dal tax credit per il cinema italiano oltre la scadenza del 31 dicembre 2014) “non sarebbe stato ispirato dall’intervento del Ministro Bray, né tantomeno dalla pressione del Pd, che pure ostenta continuamente la propria attenzione al settore cinema, ma nasce da un ordine del giorno presentato da tre parlamentari di Lista Civica, Andrea Romano, Edoardo Nesi ed Enrico Zanetti”.
In effetti, sul sito web di Andrea Romano, si legge: “Avevo proposto già in Commissione Bilancio un emendamento al Decreto Fare che rimediasse al taglio del tax credit venuto con quel provvedimento. Sono particolarmente lieto che la Camera dei Deputati abbia voluto accogliere questa raccomandazione, che punta a conservare per il settore cinematografico uno strumento di raccolta e valorizzazione di investimenti privati che ha dato ottimi risultati e che è ormai imprescindibile per un settore fondamentale della nostra industria culturale. La decisione di ridurre la durata e la quantità del tax credit con il Decreto Fare è stato un errore politico, al quale sono convinto che il Governo vorrà porre rimedio raccogliendo l’indicazione della Camera”. Da segnalare che un analogo ordine del giorno è stato presentato anche da Matteo Orfini ed altri parlamentari del Pd, e chiedeva – come ha ricordato il neo Responsabile Cultura e Comunicazione del Pd (Segreteria Epifani), Antonio Funiciello – l’estensione anche all’audiovisivo del tax credit: ma questo odg è stato derubricato a “raccomandazione” accolta dal Governo, che, alla fin fine, però non ha tramutato la raccomandazione in testo, nel decreto legge…
“Odeon” sostiene quindi maliziosamente (ma – crediamo – a ben vedere) che “più delle minacce di serrate e cortei, poterono le buone relazioni”. È pur vero che l’emendamento in questione è stato approvato quasi in contemporanea rispetto alla minaccia, manifestata da ultimo il 25 luglio in occasione della conferenza stampa di presentazione a Roma della Mostra del Cinema di Venezia, di non far entrare i politici nelle sale cinematografiche della rassegna veneziana: il che sarebbe stato effettivamente un bell’affronto per la… politica spettacolo! E va segnalato che il Mibac aveva diramato, alle 9.15 del 25 luglio, guarda-un- po’ proprio qualche ora prima della conferenza stampa per Venezia, un comunicato stampa che recitava: “Si è svolto ieri presso il Ministero dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo un incontro del Ministro, Massimo Bray, con le associazioni di categorie cinematografiche. Nell’occasione, in un clima di cordialità e collaborazione, il Ministro ha ricostruito le fasi dell’impegno del Governo nel ripristinare la norma del tax credit per il 2014, con un primo stanziamento da 45 milioni di euro, che era stata totalmente cancellata. Comprese le ragioni della protesta degli operatori del cinema e riconosciuta l’importanza di una norma che consente gli investimenti nel settore, il Ministro ha assicurato il suo impegno e quello del Governo per ricostituire completamente i fondi”. L’indomani però il portavoce dei 100autori Nicola Lusuardi aveva evidenziato che si trattava di “impegni in un futuro non definito”. Il Consiglio dei Ministri di venerdì 2 sembra aver messo “data certa” alle belle intenzioni. Sempre se il decreto legge verrà convertito in legge.
Se “Odeon” attribuisce alla dalemiana Fondazione Italianieuropei (della cui rivista lo stesso Ministro Bray è stato peraltro direttore) un potere di influenza impressionante (anche se verosimilmente corrispondente al vero), è opportuno osservare che il ripristino del tax credit è comunque iniziativa apprezzabile: va però ricordato che manca, ancora una volta, una seria lettura critica ed un approccio strategico alla politica culturale nazionale. Qualcuno gioisce poi perché Letta e Bray hanno allocato anche 5 milioni di euro 5 a favore di un inedito tax credit per la musica, “senza distinzioni di genere”.
Perché alla musica e non al teatro (per esempio)?! E perché non a favore dell’audiovisivo tout-court? In effetti, plaudono associazioni di settore come Fimi ed Audicoop, ma l’associazione dei produttori televisivi Apt non s’è unica al coro di applausi… E peraltro perché 5 milioni soltanto, e non 3 o non 10?! Ancora una volta, si procede nasometricamente, con approssimazione, senza che alla base del processo di “policy making” vi siano ricerche di scenario, studi di fattibilità, valutazioni ex ante, e soprattutto analisi sistemiche ed organiche sull’economia della cultura e sull’efficienza ed efficacia dell’intervento pubblico. Leggine piuttosto che leggi: da decenni, il sistema culturale italiano vive di interventi “d’emergenza” (il “decreto legge” lo è peraltro per antonomasia). Leggine, leggi-ponte, leggi-tampone, leggi emergenziali, per non dire di decreti ministeriali che talvolta sembrano assurgere a normazione supplente (fenomeno che finisce per riguardare anche le autorità indipendenti, Agcom inclusa).
Al di là del tax credit per il cinema (sul cui impatto concreto non esiste alcun studio valido, realizzato da soggetti di parte o istituzione alcuna), gli interventi decantati nelle slide ministeriali appaiono, ancora una volta, frammentari ed occasionali, su Pompei così come sui musei o sui finanziamenti pubblici allo spettacolo. Il Ministero ha tentato di ben curare l’operazione comunicazionale, ma la legge imminente dovrà essere oggetto di un’analisi accurata. Si può comodamente scrivere – come si legge nelle slide – “è il primo passo verso una riforma strutturale dello spettacolo… i fondi non saranno più assegnati a pioggia sui diritti acquisiti… saranno invece distribuiti in relazione alle attività svolte e rendicontate…”. Bene, bravo, ma concretamente cosa significa??? Attendiamo non soltanto il testo, ma la relazione con cui il dl verrà trasmessa alle Camere per l’approvazione. E vogliamo vedere cosa accadrà durante l’iter, altro che… “primo passo”. Speriamo non sia un passo del gambero. Una discreta preoccupazione – dati i precedenti legislativi in materia – permane: basti pensare al rischio di emendamenti killer da parte di Brunetta e di qualche altro estremista neoliberista.
Comunque, Ministro Bray, ci consenta: ci vuole coraggio per sostenere che “non accadeva da trent’anni”… Cosa, di assistere ad un intervento così… (dis)organico???
Da segnalare infine che la ricaduta stampa dell’iniziativa è stata modesta, veramente limitata: a parte una prevedibile “l’Unità” entusiasta (ha titolato con gran retorica “Viene restituita la dignità perduta”), pochi articoli su altre testate: Paolo Conti sul “Corriere della Sera” utilizza la metafora “boccata d’ossigeno”, riprendendo forse involontariamente la lettura critica dell’Anac, e precisa un “decreto normale solo per la cultura”. Forse dipende però dal torrido agosto che colpisce anche le redazioni dei quotidiani. Segue. (
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Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult