Corriere Immigrazione rilancia la petizione di Famiglia Cristiana. Intervista al direttore, don Antonio Sciortino. Dal pacchetto sicurezza al pacchetto accoglienza. E’ la proposta lanciata proprio in questi giorni dal settimanale cattolico. In redazione ne abbiamo parlato e ci siamo trovati d’accordo sull’opportunità di questa iniziativa. Soprattutto in un momento come questo, in cui della Bossi-Fini e dei suoi obbrobri originali e derivati (il pacchetto sicurezza, per esempio), non si parla più. Abbiamo deciso quindi di sostenerla apertamente, attraverso il giornale, e invitiamo i nostri lettori e sostenitori a fare altrettanto.
Come e perché è nata questa iniziativa?
«Da tempo ci occupiamo degli immigrati che arrivano o che vivono nel nostro Paese a fronte di una politica che non sa o non vuole governare questo fenomeno. Anzi, l’ha affrontato nel modo peggiore, affidandolo a una forza politica, la Lega, che ha lucrato consensi elettorali sulla pelle di questi “poveri cristi” la cui unica colpa è d’essere nati nel “posto sbagliato” della terra.
In questi anni, abbiamo contestato leggi e provvedimenti ispirati più dal principio dell’indesiderabilità e dell’esclusione che dell’accoglienza e dell’integrazione, sia pure nel rispetto della legalità e della sicurezza. Gli stranieri, che oggi in Italia sono circa sei milioni, non sono solo una “scomodità” e un problema, sono soprattutto una grande risorsa economica e demografica di cui l’Italia non può fare a meno. Basterebbe adottare una politica più umana, più civile e, per chi crede, anche più cristiana».
C’è un nesso c’è tra questa iniziativa e la visita del Papa a Lampedusa?
«E’ significativo che il primo viaggio dopo la sua elezione papa Francesco abbia voluto farlo a Lampedusa, “periferia geografica e dell’esistenza”, dove arrivano migliaia di immigrati in cerca di speranza e futuro per sé stessi e le loro famiglie, fuggendo da guerre, persecuzioni, fame e carestie.
Papa Francesco ha voluto richiamare l’attenzione del mondo su questo immenso dramma, scuotere le coscienze sulle tante vittime (più di ventimila), che hanno trovato la morte nella traversata del Mediterraneo sulle carrette del mare. La sua denuncia sulla “globalizzazione dell’indifferenza” che ha “anestetizzato le coscienze” ci ha spinti a sollecitare, ancora una volta, l’opinione pubblica sul reato di clandestinità, perché sia abolito, ma anche su tutta la legislazione sull’immigrazione perché sia rivista, a cominciare dai ricongiungimenti familiari e dal riconoscimento della cittadinanza ai bambini nati e cresciuti sul nostro territorio, che sono già “italiani di fatto” e che solo una politica miope non vuole riconoscere».
Sul sito di Famiglia Cristiana sono indicati cinque validi motivi per abolire il reato di clandestinità. Uno di questi è «l’inumanità» del reato. Non le sembra un’espressione molto forte? Perché avete scelto di utilizzarla?
«Un fenomeno così complesso come l’immigrazione lo si affronta solo a partire da un principio semplice ma fondamentale: gli immigrati sono esseri umani come noi, con uguali diritti e doveri. La dignità della persona e l’uguaglianza di tutti gli esseri umani sono a fondamento della civile convivenza tra i popoli. Il mondo è una sola famiglia umana. Non possiamo discriminare nessuno in base al colore della pelle, della provenienza e del credo religioso.
Per questo non è giusto che una semplice condizione, senza che si sia commessa alcuna azione delittuosa, venga considerata un reato. Oltre tutto, prima di ogni respingimento, occorrerebbe sempre verificare chi ha diritto all’asilo umanitario e allo status di rifugiato, secondo le convenzioni internazionali che l’Italia ha firmato. Cosa che non sempre è stata fatta».
Il reato di clandestinità era stato introdotto per contenere l’immigrazione irregolare. Ma l’obiettivo non è stato raggiunto…
«Intanto vorrei ricordare che tanti nostri connazionali sono entrati in molti Paesi da clandestini prima d’essere regolarizzati. Noi abbiamo la memoria corta e dimentichiamo che un tempo gli “albanesi” o i “marocchini” eravamo noi italiani, e che da quando, nel secolo scorso, è cominciato il massiccio fenomeno migratorio, abbiamo mandato nel mondo milioni di nostri connazionali.
Il reato di clandestinità, inoltre, risponde a una logica solo di paura e di difesa, che non servono per affrontare in modo civile e solidale l’immigrazione. Sulla paura non si costruisce nulla di buono. Per ragioni politiche, in Italia si sono enfatizzate come gravissime emergenze sbarchi o ingressi di clandestini che in altre nazioni hanno affrontato e risolto con meno clamore. Vedi la Germania con i profughi delle guerre balcaniche.
I risultati del reato di clandestinità sono stati un fallimento: sono calate le espulsioni; è quasi impossibile chiedere il pagamento dell’ammenda da cinquemila a diecimila euro a poveracci entrati illegalmente nel Paese; si sono per lo più intasati i tribunali dei giudici di pace cui compete l’espulsione.
Va rivisto tutto. Il “pacchetto sicurezza” di Maroni, che chiedeva più cattiveria contro gli immigrati, va sostituito con il “pacchetto accoglienza”, con norme più umane e civili. Non dimentichiamo che diversi provvedimenti del “pacchetto sicurezza” sono stati dichiarati illegittimi o bocciati dalla Corte costituzionale e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea».
Un’obiezione “classica” a queste posizioni è che, abolendo il reato di clandestinità, si rischia di incoraggiare flussi incontrollati di irregolari.
«Governare il fenomeno migratorio vuol dire anche intervenire e agire nei Paesi da cui partono questi flussi di disperati. Questi non lasciano i loro Paesi e le loro famiglie, rischiando spesso la vita, per fare un viaggio di piacere. Fuggono dalla miseria, dalla fame o da guerre. Un dato, questo, che spesso ci sfugge. Una più equa distribuzione delle risorse nel mondo, una più efficace cooperazione internazionale globalizzerebbero la solidarietà e la giustizia, piuttosto che l’egoismo. Altrimenti, come ricordava Paolo VI, «i popoli della fame verranno sempre a bussare alle nostre porte, alle porte del mondo dell’opulenza», e non ci saranno barriere, muri e vedette in mare che potranno fermarli e respingere».
Un’altra obiezione molto diffusa si potrebbe riassumere così: «se gli immigrati vogliono venire in Italia, lo facciano rispettando le regole». Gli irregolari, invece, entrano e soggiornano in violazione delle leggi. Monsignor Francesco Montenegro, sul sito di Famiglia Cristiana, dice invece che «essere clandestini non è una colpa». Come stanno le cose, a suo parere?
«Non si può trasformare un illecito o un’irregolarità in una colpa e in un reato. Lo dice non solo monsignor Montenegro, ma anche la Corte costituzionale che afferma che non si può punire penalmente lo straniero che si trova in “estremo stato di indigenza”. Certo, le leggi vanno rispettate, ma vanno anche riviste soprattutto se sono ispirate dal principio dell’indesiderabilità e non dell’accoglienza. Noi consideriamo gli stranieri solo come una “forza lavoro” necessaria per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese, ma ignoriamo che hanno una loro storia personale e familiare. Vorremmo sfruttarli a “costo zero” per accrescere il nostro benessere. Ci servono ma non li vogliamo. Così rendiamo loro difficile la vita con una serie di provvedimenti xenofobi e discriminatori. E questo non è da Paese civile.
Lei ha parlato del «vergognoso silenzio dei politici cattolici». A cosa si riferiva?
«La visita di papa Francesco a Lampedusa ha messo a nudo l’indifferenza se non l’ostilità della nostra politica nei confronti degli immigrati e del loro dramma. Indirettamente è stata una denuncia di tanti provvedimenti xenofobi. Il grido del Papa «mai più morti, per favore, nel mare» è stato una sferzata contro i respingimenti e la scarsa umanità con cui si affronta questo dramma.
Dalla destra politica si sono levate delle critiche, come la bacchettata dell’onorevole Cicchitto che ha detto al Papa di pensare a celebrare la Messa e pregare, perché governare è compito dei politici. Mi ha molto meravigliato il silenzio dei cattolici di destra che non hanno speso una sola parola a difesa del Papa. Eppure, gli stessi Lupi, Gelmini, Mauro, Formigoni… – tanto per fare qualche nome – sono più che solerti ogni volta che si tratta di correre in difesa del loro padre-padrone Berlusconi. Evidentemente, la disciplina di partito conta più del Vangelo e delle parole di verità e di misericordia. Una sudditanza vergognosa: da ciò è scaturita l’indignazione».
Che reazioni sta suscitando la campagna?
«Ha avuto un impatto molto positivo. Hanno aderito e continuano a farlo molte persone, gruppi e movimenti, cattolici e non. Speriamo di coinvolgerne ancora di più».
Come si può contribuire alla campagna? Cosa possono fare associazioni, volontari, parrocchie o singoli cittadini?
«Si può contribuire alla nostra iniziativa intanto firmando l’appello sul sito famigliacristiana.it e poi rilanciando la petizione anche tramite Facebook e Twitter invitando amici, gruppi e conoscenti a fare altrettanto. Più se ne parla e più firme raccogliamo, più possibilità abbiamo per abolire il reato di clandestinità e rivedere la legislazione sugli immigrati».
Sergio Bontempelli