Il segno. Lo «speciale» stabilimento balneare a Focene gestito dai volontari della parrocchia. Il parroco, don Consolaro: «Una grande comunità dove tutti sanno incontrare l’altro senza imbarazzo nell’approccio. Importante promuovere indipendenza e autonomia delle persone».

Di Simone Ciampanella

Focene, nella Parrocchia San Luigi Gonzaga, c’è uno stabilimento balneare differente da tutti quelli del nostro litorale: la Madonnina, struttura nata per accogliere i disabili. Per saperne di più abbiamo rivolto qualche domanda al parroco.

Don Massimo Consolaro, come nasce quest’avventura?

Qualche anno fa alcuni animatori dell’oratorio ebbero l’idea di far rinascere questa spiaggia da più di 30 anni in disuso. Proporre attività estive significava offrire ai giovani della parrocchia un percorso educativo nei mesi in cui tutte le attività s’interrompono. Gli interrogativi erano molti. Innanzitutto ragionare con le suore proprietarie del lido per capire come gestire gli spazi; poi l’aspetto più importante: cosa fare in questa spiaggia che fosse segno della Chiesa nel territorio? La prima difficoltà fu risolta da San Luigi, al quale, durante una festa patronale, la parrocchia si rivolse e, dopo poco tempo, ottenemmo un accordo. Sciolsi il secondo quesito dando ascolto a un desiderio che, non appena sacerdote, avevo iniziato a maturare: fare qualcosa per i disabili. È nata così l’Associazione Opera San Luigi Gonzaga (ndr www.abilidisabili.it.).

Com’è strutturata la spiaggia?

Durante la progettazione, capimmo che dovevamo fare in modo di promuovere il più possibile l’autonomia e l’indipendenza delle persone. Per raggiungere questo obiettivo è stata fondamentale la collaborazione con la Federazione Italiana Nuoto Paralimpico che, con il presidente regionale Giuseppe Andreana, oltre ad essere attivamente presente durante la
settimana, contribuisce alla formazione dei ragazzi. Il primo intervento è consistito nella posa di una passerella che dà la possibilità ai portatori di handicap di raggiungere i vari punti della spiaggia, compresa la battigia. Inoltre, con particolari sedie, chiamate job, i ragazzi possono accompagnare gli ospiti in acqua per nuotare: per alcuni questo significa tornare a vivere, perché nell’acqua il peso dell’immobilità, dicono molti, non c’è più, si sperimenta la leggerezza
dell’acqua.

Parlava dei volontari; cosa significa per loro il servizio svolto?

Per i più giovani rappresenta un percorso educativo eccezionale. In questa zona di mare, dove i ragazzi che studiano recuperano qualche soldo lavorando negli stabilimenti, è difficile far passare il valore della gratuità attraverso proprio quell’unica risorsa. All’inizio non è stato facile ma gradualmente stanno comprendendo la ricchezza di essere prossimi senza chiedere niente in cambio. Tuttavia una “ricompensa”, se così possiamo dire, la stanno ricevendo. Infatti Focene ha solo una strada di accesso, Via Coccia di Morto, e la vita sociale è concentrata tutta all’interno di questo micro–mondo, pertanto gli incontri che questi giovani fanno ogni giorno con persone provenienti anche da molto lontano diventano l’occasione di crescere attraverso altri modi di vivere, di pensare, di sperare; ma soprattutto sono la palestra dove imparano a riconoscere nell’altro, che è fisicamente provato, una persona come loro: come vedete qui c’è una grande comunità dove tutti sanno incontrare tutti senza difficoltà o imbarazzo di approccio.

Una grande famiglia quindi?

Proprio così una famiglia che cresce. Qui vengono anche famiglie, gruppi di ragazzi, che non necessariamente vivono la disabilità, ma che hanno colto le direttrici che ci guidano ogni giorno in quello che facciamo: l’accoglienza e il dono.

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