La Rete "Cresce il Welfare, cresce l'Italia" – promossa da 40 organizzazioni sociali tra le più rappresentative del nostro Paese che operano nel campo dell'economia sociale, del volontariato e del sindacato – ha presentato nella conferenza stampa di venerdì 5 luglio i primi dati della ricerca "Il welfare è un costo?".
Un gruppo di ricercatori, coordinati da Andrea Ciarini della Sapienza Università di Roma, ha individuato alcuni significativi elementi che possono incidere sulle riflessioni di queste settimane in tema di occupazione, e che supportano la convinzione della Rete che il welfare non sia un costo ma un investimento.
"I dati sono straordinariamente attuali - si legge in una nota della Rete - viste anche le recenti decisioni della Commissione UE che consentiranno deviazioni temporanee dal raggiungimento dell'obiettivo di medio termine del rapporto PIL/spesa pubblica. Un'occasione epocale di investire in modo intelligente nel welfare".
In Europa, tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi), a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123mila unità, l'incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623mila unità (+7,8%).
Tuttavia "solo alcuni Paesi europei si sono resi conto che il welfare può essere un volano per la ripresa economica. Fra questi l'Italia non c'è: al contrario essa comprime la spesa sociale, delega massicciamente l'assistenza alle famiglie, mantiene limitati e risibili gli sgravi per l'occupazione domestica e di assistenza, favorendo il lavoro sommerso e senza tutele".
Destinare risorse pubbliche al welfare rappresenta, contrariamente a molti luoghi comuni, un investimento. Alcuni studi recenti confermano che l'uso della spesa pubblica per creare lavoro ha effetti sull'occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all'aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese.
"Purtroppo gli interventi per favorire l'occupazione non sembrano andare in questa direzione. - si legge ancora nella nota - Si preferiscono misure che continuano a puntare sostanzialmente sul miglioramento delle condizioni di occupabilità e adattabilità dei lavoratori. Al contrario nulla è rimesso alla creazione diretta di occupazione attraverso un innalzamento degli investimenti finanziari nelle politiche sociali, come leva strategica per la creazione di nuovo lavoro".
La Rete "Cresce il Welfare, cresce l'Italia" avanza invece una proposta diversa e complementare per il rilancio dell'occupazione, dell'economia e per il sostegno alle famiglie italiane; queste le misure strategiche di cui propone al Governo l'adozione:
- finanziare adeguatamente i Fondi per il sociale (azzerati per il 2014) anche al fine di estendere e qualificare la rete dei servizi sui territori;
- dotarsi di un Piano nazionale per la non autosufficienza e di un Piano di contrasto alla povertà;
- aumentare la solvibilità (cioè la capacità di pagare) delle famiglie italiane per l'assunzione di assistenti familiari, ma in un quadro di maggiori e migliori servizi pubblici di assistenza alle persone;
- favorire l'emersione del lavoro nero aumentando significativamente gli incentivi fiscali e contributivi;
- favorire la qualificazione e la tutela dei lavoratori; investire per il raggiungimento degli obiettivi europei di presa in carico della prima infanzia, in particolare quelli relativi agli asili nido;
- raccogliere l'opportunità offerta dalla decisione della Commissione UE che ha concesso all'Italia una maggiore flessibilità di bilancio nel 2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita.
Alla conferenza stampa di presentazione della ricerca ha partecipato anche il vice ministro alle Politiche sociali Maria Cecilia Guerra che ha espresso apprezzamento e condivisione per lo sforzo mirato ad aumentare la conoscenza su questi aspetti: "Conoscere e diffondere la conoscenza contribuisce a smantellare i luoghi comuni da cui derivano convinzioni e scelte politiche conseguentemente sbagliate. E il primo luogo comune è proprio che il welfare sia una spesa improduttiva". Concorda Guerra che il welfare invece possa davvero rappresentare un volano per l'economia: "ma welfare significa anche interventi redistributivi che possano rafforzare la domanda di servizi di cura e di assistenza". È necessario cambiare angolo prospettico: "politiche sociali non più intese come interventi riparatori, ma soprattutto come servizi e supporti inclusivi, affinché le persone siano davvero artefici e protagoniste della propria esistenza". In questo senso le politiche sociali non rappresentano più un costo ma un investimento.
Ed infine è giunta da parte della Guerra una considerazione sulle risorse: "Non basta conquistare le risorse, è necessario che il sociale diventi sistema, progetto, programma consolidato, impossibile poi da smantellare o da comprimere. Non solo trasferimenti monetari, ma anche progetti inclusivi per le persone".
Scarica la ricerca "Il welfare è un costo?"