«Gli enti locali, di fronte all’aumento di 6 punti dell’IVA sulle prestazioni socio sanitarie ed educative erogate dalle cooperative sociali, saranno costretti a fornire meno servizi sociali ai cittadini. Il rischio è un forte taglio degli interventi di inclusione sociale alle fasce più deboli della popolazione in un momento di crisi come quello attuale, nel quale si acuisce la domanda di sostegno da parte dei cittadini».

Questa la dichiarazione dei presidenti di Federsolidarietà Confcooperative, Legacoop Sociali e Agci Sociali della Lombardia e del Piemonte e Anci Lombardia, Anci Piemonte, Anci Veneto, al termine di odierni confronti avvenuti al fine di valutare l’impatto dell’incremento dell’IVA dal 4% al 10% sulle prestazioni delle cooperative sociali in esecuzione dei contratti di appalto e di convenzione, che sarà introdotto dal 1 gennaio 2014, come previsto dalla legge di stabilità 2013.

Le rappresentanze dei Comuni e delle Cooperative chiedono quindi «al Governo l’abrogazione dei commi relativi all’aumento dell’IVA contenuti nella legge di stabilità 2013, al fine di mantenere l'imposta su questo tipo di prestazioni al 4%».

Le Associazioni denunciano inoltre che «se tale aumento dell'IVA dovesse verificarsi, in un momento dove le cooperative sociali e i Comuni sono in prima linea a fronteggiare le ricadute della crisi sui cittadini, a garantire il welfare territoriale e i livelli essenziali di assistenza e ad investire su modelli innovativi di gestione dei servizi, si tratterebbe di un aumento pari al 150 per cento. Di conseguenza, non solo saranno messe in ginocchio centinaia di cooperative del settore sociosanitario ed educativo, ma si produrrà anche una considerevole perdita di posti di lavoro, che nella sola Lombardia, potrebbero essere quantificati in circa 7.000 unità. Mentre per il Piemonte sono stati stimati oltre 2500 posti di lavoro in meno».

Comuni e cooperative evidenziano infine come, «con l’aumento dell’IVA, si assisterebbe ad un maggior costo del 6% che Comuni, cooperative o cittadini, verserebbero alle casse statali: il contrappasso della sussidiarietà».

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