Legambiente lancia un
forte appello alla Commissione Giustizia del Senato: “Così si svuota l’efficacia
preventiva della pena e si alimenta l’industria dei roghi. Reintrodurre il 423
bis tra i delitti di allarme sociale”
“Sembra assurdo ma è così: proprio nel periodo estivo, il più difficile
sul fronte dell’emergenza incendi boschivi, si propone di derubricare il reato
di incendio boschivo cancellando, di fatto, il ruolo deterrente della pena
carceraria. Non si può tutelare il paesaggio, l’ambiente e il patrimonio
boschivo e forestale, facendo sconti a chi ha l’obiettivo di distruggerlo,
accentuando inoltre il gravissimo fenomeno del dissesto idrogeologico del già
fragile territorio italiano”. Con queste parole Legambiente lancia un forte
appello alla Commissione Giustizia del Senato, dove in questi giorni è in corso
la discussione per la conversione del decreto legge cosiddetto “svuota carceri”
che, tra l’altro, prevede la concessione delle misura alternative per i
criminali incendiari, condannati alla pena definitiva.
“E’ un grave
errore di valutazione non avere inserito il 423 bis, che punisce con la
reclusione chi si rende responsabile degli incendi boschivi tra i delitti di
particolare allarme sociale, per i quali non possono scattare gli sconti di pena
previsti dal decreto”, dichiara il presidente nazionale di Legambiente Vittorio
Cogliati Dezza. “Non si tiene conto, in questo modo dei gravissimi danni causati
da queste attività criminali, dietro i quali si muovono forti interessi
speculativi e mafiosi, ma soprattutto si finisce per azzerare l’efficacia
preventiva di sanzioni adeguate. Ogni anno vanno in fumo in Italia decine di
migliaia di ettari di bosco, causando vittime, danni al paesaggio e alle risorse
naturali, alle economie locali delle aree interne. Basti pensare che negli
ultimi trent’anni è andato distrutto il 12% del patrimonio forestale nazionale,
tra i più importanti d’Europa per ampiezza e varietà di specie”.
Solo
nel 2012, come rivela l’ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente, sono stati ben
8.304 gli incendi che hanno colpito il patrimonio boschivo del nostro paese, con
742 persone denunciate, 21 arresti e 154 sequestri. Numeri in crescita rispetto
al 2011, che pure era stato un anno pesantissimo, con un +4,6% di roghi. Non a
caso, nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Calabria,
Puglia e Sicilia) si concentra il 48,4% di incendi.
“Per fermare questa
emergenza criminale – ha aggiunto Cogliati Dezza – devono essere messi in campo
tutti gli strumenti possibili, senza mai abbassare la guardia: dalla vigilanza
delle aree boschive, che deve essere rafforzata, a un sistema di interventi
tempestivi per lo spegnimento dei roghi; dalle attività investigative e di
contrasto del fenomeno, anche queste da potenziare, fino alla realizzazione e
l’aggiornamento da parte di tutti i Comuni del catasto delle aree percorse dal
fuoco, uno strumento indispensabile per disincentivare le molte speculazioni
sulle aree bruciate. In questo contesto sarebbe davvero incomprensibile
depotenziare l’efficacia della pena prevista dal 423 bis. Siamo convinti che la
Commissione Giustizia del Senato e lo stesso ministero correggeranno un grave
errore di valutazione sull’effettiva pericolosità di questi fenomeni criminali,
che il Paese rischia di pagare molto caro”.