Domani, 9 luglio 2013, due anni dall'indipendenza del Paese
Roma/Juba, 8 luglio 2013 – Più di 20.000 persone
sono sostanzialmente tagliate fuori dall’assistenza umanitaria nello
Stato del Northern Bahr el Ghazal, in Sud Sudan, dopo la fuga dalle
violenze nella regione di confine contesa con il vicino Sudan. Il cibo e
l’acqua potabile scarseggiano, mentre nei campi le persone vivono in
condizioni precarie, ricorda l’organizzazione medico umanitaria Medici
Senza Frontiere (MSF), in occasione del secondo anniversario dalla
nascita dello stato del Sud Sudan che cadrà domani, martedì 9 luglio.
Le équipe di MSF hanno avviato un progetto di
emergenza per aiutare le 20.000 persone arrivate negli ultimi 12 mesi,
le quali stanno ricevendo una assistenza umanitaria minima, non solo
perché la regione è molto remota, ma anche perché non è ancora chiaro se
debbano essere considerati sfollati interni (IDP), rifugiati o
rimpatriati.
Dall’avvio del processo, culminato due anni fa con
il referendum che ha portato il Sud Sudan all’indipendenza, molte
persone hanno fatto ritorno nella regione, a causa di una serie di
ragioni, che vanno da quelle di natura sociale, a quelle economiche o
legate alla sicurezza. Ma negli ultimi mesi, ondate di sfollati in fuga
dalle violenze soprattutto lungo il fiume Kiir/Bahr al Arab, si sono
riversate nella regione di confine contesa.
“Le agenzie umanitarie hanno faticato a capire
quale tipo di assistenza fornire, perché è difficile determinare lo
status di queste persone”, afferma Shaun Lummis, coordinatore medico di MSF nel Northern Bahr el Ghazal. “Ma per MSF non fa differenza se siano rimpatriati, sfollati interni o rifugiati”.
Gli sfollati, che hanno quasi raddoppiato la popolazione della
regione, vivono principalmente in 11 campi di fortuna sparsi in zone
isolate del Northern Bahr el Ghazal, anche se alcuni sono stati accolti
dalle comunità del luogo. In assenza di specifici insediamenti, molte
persone hanno dovuto spostarsi più volte.
“Quando siamo arrivati, a febbraio, molte
persone in realtà vivevano nella boscaglia. Migliaia di sfollati si sono
riversati in questa regione, ma è stato fatto ben poco per rispondere
ai loro bisogni”, prosegue Lummis.
MSF sta aiutando sia gli sfollati, che la comunità
che li ha accolti. Ha istituito cliniche mobili e fa formazione agli
operatori sanitari locali per contribuire a combattere diarrea, malaria e
malnutrizione, le tre principali cause di morte tra la popolazione. MSF
fornisce anche assistenza sanitaria di base nella città di Pamat,
gestendo una clinica per bambini sotto i cinque e donne in stato di
gravidanza.
“Nel nostro villaggio, vicino al fiume Kiir, potevamo coltivare tutto ciò che volevamo”,
racconta Anthilio Akon, leader della comunità nel campo di Ajok Wol,
dove è quasi impossibile trovare teli di plastica per allestire i
rifugi, nonostante l’imminente stagione delle piogge. “Qui cerchiamo solo di sopravvivere”.
MSF lavora nella regione che oggi costituisce la
Repubblica del Sud Sudan dal 1983. MSF è presente in sei dei dieci
stati del Paese, rispondendo a situazioni di emergenza, compresi lo
spostamento su larga scala di persone, l’afflusso di rifugiati,
situazioni nutrizionali allarmanti ed epidemie di malattie come la
malaria e il kala azar, oltre a fornire assistenza sanitaria di base e
specialistica.
Medici Senza Frontiere, nata nel 1971, è la più
grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo. Nel 1999 è
stata insignita del Premio Nobel per la Pace. Opera in oltre 60 paesi
portando assistenza alle vittime di guerre, catastrofi ed epidemie. www.medicisenzafrontiere.it; Facebook.com/msf.italiano; Twitter: @MSF_Italia APP per Smartphone "MSF - Senza mai restare a guardare" http://app.msf.it