Nel nord dell’ India, nello stato montuoso del Uttarakhand, le alluvioni, provocate dalle violente piogge, hanno costretto ben 164.000 persone, di cui 73.800 bambini, ad abbandonare le proprie case. E’ l’ennesimo caso di emergenza silenziosa e dimenticata dai media, ma ad oggi le vittime sono più di 10.000.

Per raccontare quello che sta accadendo riportiamo un post dal blog di Devendra Singh Tak, uno dei nostri operatori in India.

Là dove l’aiuto è scarso avvengono continuamente separazioni forzate di famiglie.

Nel villaggio di Vijaynagar, nel distretto di Rudraprayag,  lungo il fiume Mandakini si ritrovano i sopravvissuti dell’alluvione in Uttarakhand. Molti di loro hanno seguito il percorso alto, sono passati attraverso le montagne e i villaggi isolati, in zone sicure, dove ogni giorno hanno potuto prendersi cura di loro stessi e soddisfar i loro bisogni primari e dove hanno avuto accesso a quell’aiuto che non è ancora arrivato nelle zone più colpite e difficili da raggiungere.

Dhirendral Lal, 42 anni, è un padre che ha camminato per circa 20 km dal villaggio chiamato Chandrapuri con suo figlio e le sue due figlie per scappare dall’alluvione. Sua moglie è rimasta nel villaggio conl a figlia neonata.

Quando i monsoni hanno colpito Lal non era a casa, perché vive e lavora a Sonprayag in un hotel. Nel momento in cui è diventato evidente che si trattava di un vero e proprio disastro, Lal ha avuto paura per la sua famiglia ed è quindi  tornato il prima possibile al villaggio dove la moglie e i figli continuava a vivere nonostante le piogge violente e incessanti.

Un ponte è stato spazzato via dalla furia dell’acqua rendendo il suo viaggio ancora più difficoltoso. Fortunatamente sua moglie era riuscita a trovare un rifugio sicuro per i loro quattro figli, oltre che per la loro mucca.

Dhirendral Lal ora è sulla via per il villaggio di Gunou, che è a 10 km per lasciare i suoi figli al sicuro, con i nonni.

Come la sua famiglia e i suoi bambini sono stati colpiti dalla tragedia?

“I bambini gridano la notte”, risponde Lal. Ho chiesto a Ankita, la più grande delle figlie, come ha reagito all’alluvione. “Ho corso,  ho continuato a correre”, risponde, “sembrava che l’acqua mi seguisse per sempre”

Ho chiesto a Ankush, il figlio, di cosa avesse più bisogno al momento, “una casa” ha risposto, “un posto dove posso stare al sicuro dall’alluvione con i miei genitori.”

Le figlie di Lal frequentano la settima e la quinta classe mentre il figlio è in seconda.

Cosa ne sarà della scuola? Quando recupereranno le lezioni perse?. “Non lo so”, risponde il padre. “Abbiamo perso ogni cosa, la mia priorità è trovare un modo per ricostruire le nostre vite” . Lal teme che ci vorranno molti mesi prima che i suoi tre figli possano tornare a scuola.”

Infine, chiedo a Lal dell’aiuto che hanno ricevuto. “Niente”, risponde. “Nessuno è venuto in nostro soccorso. Abbiamo molto poco da mangiare, per questo sto portando i miei figli a casa dei nostri parenti che vivono in zone non colpite dall’alluvione.” Quando tornerò a casa la voglio ricostruire. Spero ci sarà ancora lavoro per me perché al momento non ci sono più pellegrini che vengono ad alloggiare in hotel.”

Lo informiamo del campo creato per distribuire cibo e altri beni essenziali nelle vicinanze del villaggio Silli, dice che si fermerà sicuramente durante il suo viaggio di ritorno, anche se non sa come potrà portare le pesanti provviste attraverso le montagne fino al suo villaggio, dove c’era la sua casa.

Ci vorranno mesi per riparare la strada per il suo villaggio ma fortunatamente alcuni beni vengono trasportati nei villaggi vicini attraverso dei poni. La paura maggiore e ciò che si chiede è se tutti questi aiuti, scaricati velocemente nei villaggi più accessibili, continueranno ad arrivare anche nelle prossime settimane, quando l’attenzione dei medi andrà scemando?

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