Eleonora Terrile è una professionista delle parole con una spiccata vocazione per i temi sociali, soprattutto i diritti dei bambini e delle donne. Il mondo del volontariato per lei non è solo una specializzazione ma un pezzo di cuore. Tra i suoi battiti, l’idea Petali Rossi Donne in campo, diritti in fiore e il libro tattile per bimbi ciechi e ipovedenti Sogni di Piuma. In questo post ci guida alla scoperta di tre progetti di comunicazione all’insegna della responsabilità e della non violenza.

By Eleonora Terrile

Con le parole lavoro da 25 anni e da 5 insegno e faccio volontariato. Nel mio profilo Twitter dico d’aver adottato la parola responsabilità. Il motivo? Da copywriter quale anche sono, so quanto i professionisti della comunicazione incidono nella costruzione dell’immaginario collettivo e nella formazione di opinioni, pensieri, azioni.

Poiché “chi non ha peccato, scagli la prima pietra”, ammetto le mie colpe: alcune campagne di raccolta fondi pietistiche e superficiali; discutibili annunci per qualche banca e finanziaria più qualche chilo di banalità finite nel cestino.

Chiarito questo, torno alla mia parola. Da quando l’ho adottata, mi ha condotto verso interessanti esperienze e scoperte. Una è La Grande Fabbrica delle Parole di Terre di Mezzo, laboratorio gratuito di scrittura creativa per bambini, di cui sono volontaria dal 2009.

“La Grande Fabbrica delle Parole” si ispira alla formula di respiro internazionale 826 Valencia, creata nel 2002 a San Francisco dallo scrittore Dave Eggers e dall’educatrice Nínive Calegari. La formula combina scrittura creativa, bambini e ragazzi in età scolare e tutor volontari: un’alchimia potente dal punto di vista educativo, sociale, culturale.

Ad oggi 826 Valencia è stata replicata in 7 città statunitensi, mentre in Europa ha ispirato, oltre a La Grande Fabbrica delle Parole di Milano, il centro Fighting Words di Dublino e il Ministry Of Stories di Londra.

Il laboratorio italiano dal 2009 a oggi ha coinvolto 2077 bambini e ragazzi, 36 scuole di Milano e di altre località lombarde, oltre 180 volontari fra cui scrittori, editor, disegnatori, giornalisti, creativi pubblicitari, studenti, insegnanti: tutti a mettersi in gioco per aiutare i piccoli a creare grandi storie e a imparare divertendosi. (Tra parentesi, non è che Dave Eggers e Ninive Calegari si sono ispirati ai nostri Maria Montessori e Bruno Munari?)

Oltre a questi numeri, c’è lo spassoso risultato di “Ma tu quanti libri scrivi alla settimana?”, una raccolta d’interviste senza peli sulla lingua fatte dai bambini ad alcuni scrittori. (A cura di Francesca Frediani. Terre di Mezzo Editore).

Non divertente ma utile a giornalisti e a chiunque si occupa di comunicazione sociale e di raccolta fondi è invece il libro “Parlare Civile – Comunicare senza discriminare”, curato da Redattore Sociale in collaborazione con l’associazione Parsec (Bruno Mondadori, aprile 2013) e il sostegno di Open Society Foundations.

Chiedo a chi ha ancora la pazienza di leggermi, di interrogarsi: quante volte hai usato, letto o sentito “Clandestino”, “Zingaro”, “Badante”, “Handicappato”?

Funzione del libro è invitare a un uso delle parole che sottintenda il rispetto per i protagonisti delle notizie e delle realtà raccontate. ??Se è vero che “non esistono parole sbagliate, ma un uso sbagliato delle parole”, è altrettanto vero che spesso non si dà importanza al peso specifico di ogni parola per ignoranza, superficialità, fretta.

Definito dallo scrittore Stefano Ferrio un “libro da zaino”, ??parte da 25 parole chiave a cui se ne legano quasi 350: da “Disabilità” a “Genere e orientamento sessuale”; da “Immigrazione” a “Povertà ed emarginazione”; da “Prostituzione e tratta” a “Religioni”, “Rom e Sinti”, “Salute mentale”.

“Le parole fanno più male delle botte” – ha detto la Presidente della Camera Laura Boldrini alla presentazione di “Parlare civile” alla Camera dei Deputati l’11 Giugno 2013 – “per questo è importante educare i giovani all’utilizzo delle parole”. Ma bisogna iniziare dagli adulti. Parlare civile è necessario tutti i giorni, quando i soggetti deboli soccombono all’uso improprio delle parole, dai disabili ai migranti, alle donne vittime di violenza”.-

A proposito di violenza sulle donne, problema dalle dimensioni e dalla frequenza preoccupanti sia in Italia sia nel mondo, ecco venire in aiuto a giornalisti e a chiunque si occupa del tema il manuale “Handle with care: A guide to responsible media reporting of violence against women” prodotto da Zero Tolerance.

L’ho consigliato ai miei studenti, affinché non cadano in stereotipi dannosi per la società e per noi donne. La comunicazione, come l’informazione, non è mai neutrale. Io spero, a questo punto della mia professione, di non fare troppi danni. Lascio che mi guidi la parola adottata: responsabilità. (http://www.cowinning.it/magazine/parole-e-diritti-per-comunicare-senza-discriminare/)

Autore

Eleonora Terrile. Dopo aver conseguito la laurea in Lettere Moderne alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Genova, arriva a Milano a Settembre 1988 per lavoro.Trascorre 19 anni in agenzie di pubblicità nazionali e internazionali in qualità di copywriter, supervisor e co-direttrice creativa. Dà idee e voce a tante aziende e realtà non profit, fra cui: Actionaid, AISM, AIRC, Amnesty International, Cesvi, Croce Rossa Italiana, FAI, Greenpeace, Medici Senza Frontiere, SOS Villaggi dei Bambini, Telefono Azzurro, Telethon, Unesco, Unicef. Libera professionista da Ottobre 2007, lavora come consulente di comunicazione e raccolta fondi e tiene docenze presso università e scuole. Impegnata a promuovere una comunicazione responsabile, ha creato con Guia Bellomo per IED Comunicazione Milano il workshop "Dignitising: comunicare fa rima, anche, con rispettare" e con Terre di Mezzo Editore il corso "Comunicare il sociale".

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