“Fatto” da redattori nati in altri Paesi o comunque di origine straniera. Un fenomeno poco visibile ma in crescita. Conversazione con Paula Baudet Vivanco.
«Gestire la comunicazione e i suoi strumenti è a mio parere una questione di importanza strategica per modificare la percezione di noi cittadini di origine straniera in Italia». Paula Baudet Vivanco è una giornalista nata in Cile. Si è trasferita in Italia negli anni Ottanta, con i genitori. «Il nostro ruolo in questo Paese non potrà mai cambiare fino a quando saremo visti solo come i “muratori” o le “collaboratrici familiari”. Dobbiamo puntare anche ad occupare ruoli diversi nella società per esserne percepiti come una parte integrante e non relegata», dice. «Per questo abbiamo fatto tante battaglie . I risultati adesso si cominciano a vedere, e a maggior ragione non ci dobbiamo fermare».
Dopo aver contribuito a far crescere l’esperienza G2 per i cittadini di “seconda generazione” – termine che in sé meriterebbe una trattazione – Vivanco si è gettata a capofitto in una professione ardua per tutti ma in cui gli ostacoli si moltiplicano per chi non è cittadino Ue. Nel 2010 ha contribuito a creare l’Ansi (associazione nazionale stampa interculturale) di cui è segretaria nazionale e in cui sono iscritti numerosi professionisti di origine straniera o, appunto, di seconda generazione. «A questa associazione, nata all’interno della Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti italiani) e riconosciuta dall’Ordine dei Giornalisti, siamo arrivati attraverso un percorso complesso. La mia esperienza nasce nelle “radio comunitarie”, altri di noi hanno lavorato in diverse testate, pochi in quelle a larga diffusione. Ma il punto di partenza era comune: l’aspirazione ad essere soggetti e non oggetti di informazione. Un ragionamento che facevamo in un percorso coadiuvato dal Cospe a Firenze e che ci portò nel 2005 a realizzare una piattaforma tematica, basata sull’interculturalità. Volevamo visibilità all’interno della categoria: per questo siamo nati dentro l’Fnsi. Il nostro obiettivo era fornire informazioni per l’accesso all’ordine, ai cittadini di origine straniera ma anche chiarire la nostra posizione. Noi non siamo “corrispondenti”, ma vogliamo entrare nelle vie normali di accesso senza discriminazioni, sulla base del lavoro svolto e dei titoli necessari per poter diventare pubblicisti o giornalisti professionisti. Ci siamo in parte riusciti attraverso una circolare interna che l’Ordine ha inviato alle varie sedi regionali, basata a sua volta su una circolare del ministero della Giustizia del maggio 2005».
Il testo della circolare è chiaro ed è la risposta ad un quesito specifico presentato in materia: “…Come correttamente ricordato da codesto Consiglio Nazionale, ai sensi dell’art. 47 del d.p.R. n.394 del 31 agosto 1999 – Regolamento di Attuazione del Testo Unico sull’Immigrazione di cui al D.Lgs. n.286/1998 – , specifici visti d’ingresso e permessi di soggiorno… possono essere rilasciati agli stranieri che hanno conseguito il diploma di laurea presso una Università italiana, per l’espletamento degli esami di abilitazione all’esercizio professionale. Il superamento degli esami unitamente all’adempimento delle altre condizioni richieste dalla legge consente l’iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana”. Pertanto, alla luce di tale normativa, non appare possibile opporre rifiuto basato sulla cittadinanza all’iscrizione all’albo professionale, in presenza del possesso dei necessari requisiti, e a prescindere dalle condizioni di reciprocità” (fra Stati).
È stato ed è ancora faticoso far recepire questa circolare agli ordini regionali. «Ma c’è anche una questione irrisolta che, a nostro avviso, è ancora più rilevante. La legge sulla stampa 47/48 stabilisce, all’articolo 3, che se non si è cittadini italiani non si può né divenire direttori responsabili di una testata né tantomeno registrarne una. Siamo, insomma, giornalisti di serie B. Ce ne siamo resi conto quando una nostra associata, Domenica Canchano, che aveva passaporto peruviano e scriveva per il Secolo XIX a Genova, ha provato a lanciare una testata e le è stato impedito in virtù di tali disposizioni. Ci siamo allora rivolte all’Unar, perché vorremmo una risposta in merito ad una discriminazione che va sanata e abbiamo chiesto aiuto all’allora segretario nazionale dell’Fnsi, Roberto Natale».
Nel nuovo Parlamento sono entrate anche figure come Girgis Sorial e Khalid Chaouki, giovani ed estremamente motivati a portare avanti questa battaglia significativa di civiltà, sono interlocutori validi che hanno già permesso all’Ansi un incontro con il sottosegretario all’editoria. «L’attuale normativa rappresenta un problema per tutti i cittadini che non appartengono all’Ue e che aspirano a diventare editori di testate italiane. Si tratta di norme che inibiscono nuovi sbocchi di mercato. Oggi, ad esempio, è difficile trovare giornalisti in grado di dirigere testate in cinese, o che si vogliano lanciare in avventure editoriali multiculturali. Eppure questo tipo di informazione avrebbe un senso e un seguito. Noi non ci arrendiamo, la nostra Domenica Canchano è una delle due protagoniste del nuovo cortometraggio di ZaLab Italeñas e racconta la discriminazione incontrata nel suo percorso per essere riconosciuta direttrice responsabile di una testata italiana. Adesso sta provando a realizzare una rivista in Toscana che si chiamerà Prospettive: vogliamo capire se a Firenze verranno posti ostacoli come sono stati posti a Genova. E vorrei essere chiara: la nostra idea non è quella di divenire concorrenziali a prodotti come Corriere Immigrazione, ma di mettere in moto processi partecipativi e reti di relazioni di cui tutti potremmo far tesoro. Il caporedattore sarà Karim Metref, un altro giornalista che si sta affermando, per ora siamo un portale on line dei media multiculturali rivolti alle comunità straniere, e siamo sostenuti da Open Society».
Paula Baudet Vivanco, dopo le esperienze radiofoniche si è “specializzata” nelle questioni connesse all’immigrazione, soprattutto per quanto riguarda i figli di cittadini di origine straniera. Ha collaborato con Migra News e poi con Metropoli, il coraggioso dorso multietnico di Repubblica. Scrive per Terre di Mezzo e con altri ha lanciato la campagna Le parole lasciano impronte, per proporre un linguaggio diverso e più corretto quando si parla o si scrive di immigrazione. L’esperienza dell’Ansi è rivolta molto anche ai giornalisti italiani, soprattutto a quelli che lavorano sulle testate più rilevanti. Giornalisti a cui offrire formazione per impedire che diventino, anche inconsapevolmente, veicolo di discriminazione razzista. «Parlando di questi temi è assolutamente necessario non accontentarsi delle fonti istituzionali. E se si cerca la realtà, si incontra anche un Paese all’altezza di una società che è cambiata. Se si investisse per promuovere questo cambiamento si potrebbe andare molto lontano».
«È cresciuta in Italia la parte “reale” dell’immigrazione, quella che più deve essere rappresentata e, per poterlo fare, occorre che nelle redazioni si lavori con gli “autoctoni” da colleghi, spalla a spalla». (
http://www.corriereimmigrazione.it/ci/2013/06/un-giornalismo-diverso/)
Stefano Galieni