L'Osservatorio siriano sui Diritti umani ha denunciato che le vittime in
Siria sono ormai 100.000, mentre Il numero dei profughi è cresciuto
esponenzialmente negli ultimi dodici mesi di ben 17 volte. Sono già più di 1
milione e 600 mila i profughi, quest’estate sono previsti altri 2 milioni di
arrivi nei campi e secondo i dati dell'UNHCR il 51% dei rifugiati sarebbero
bambini.
Zahi è uno di questi bambini, ha sei
anni, è arrivato come rifugiato in Libano 7 mesi fa dove oggi vive con i suoi
nonni e la sua sorella più grande, Dalida. Sebbene sia il più giovane della
famiglia, Zahi si comporta come se fosse molto più grande della sua età; il modo
in cui parla e le parole che usa non possono essere associate a un bambino ma
piuttosto a un adulto che ha affrontato tante difficoltà.
“Mentre mio
fratello ed io stavamo giocando dietro casa, in Siria, ho sentito degli spari.
Siamo scappati e ci siamo nascosti, eravamo così spaventati. Erano degli uomini
armati e hanno ucciso mia madre. La nostra casa in Siria era grande” dice Zahi.
“Aveva cinque stanze. Ero felice là; i miei fratelli, le mie sorelle ed io
giocavamo tutto il tempo. Avevamo un cane, si chiamava Jomaa. Lo adoravo e
stavamo sempre insieme. Vorrei fosse ancora con me”. Zahi si concentra mentre
descrive la sua casa come se provasse a ricordare ogni cosa senza perdersi
neanche un dettaglio.
Usa delle tazze che sono davanti a lui sul tavolo per descriverci dove viveva
e da dove gli uomini armati arrivarono, come se ci stesse mostrando una mappa.
Cerca di darci un’immagine chiara di quanto accaduto. “Ho visto molti uomini
armati” Zahi ci spiega, “io ero seduto e li osservavo, erano molto vicini a noi
e cominciarono a sparare. Ho sentito un uomo gridare e dopo pochi istanti
morire”.
La voce di Zahi è molto calma mentre racconta la sua storia,
quasi fosse una “favola”, lontana dalla realtà che effettivamente sta vivendo. O
forse è stato proprio il tempo passato lontano dalla sua casa che ha reso questi
ricordi offuscati, quasi difficili da ricordare. Non vuole parlare di sua
madre.
“Mio fratello ed io giocavamo nei prati, raccoglievamo rottami e razzi
caduti”, continua, “e qualche volta i missili cominciavano a cadere mentre noi
eravamo là così correvamo a casa. Alcuni erano molto grandi”. Apre le sue mani
per farci capire quanto fossero grandi.
La famiglia di Zahi è composta da 6
persone; 2 fratelli e 2 sorelle che sono ancora in Siria, e Dalida, la sorella
maggiore, che sta con lui e i suoi nonni. Suo padre è scomparso da un anno e
mezzo, tutti credono sia morto. Zahi nomina spessissimo i suoi fratelli, è un
chiaro segnale di quanto gli manchino e di quanto importanza ricoprano nella sua
vita.
“Non ho paura di nulla” Zahi insiste. “Mi mancano solo i miei
fratelli” Zahi sta cercando di ritrovare una sorta di normalità nella sua vita.
“Sono andato a scuola lo scorso anno, ho preso dei buoni voti” dice
orgogliosamente. “Mi piace andare a scuola”, continua, “Mi sono fatto degli
amici”. “Quando tornavo a casa giocavo con mia sorella. Ci divertivamo
insieme”
Zahi vorrebbe solo avere una bicicletta e tornare in
Siria.
Zahi infine borbotta confusamente “e mia madre”, poi chiude gli
occhi e rimane in silenzio.
Attraverso il programma di protezione,
Save the Children sta implementando 3 “spazi a misura di bambino” nella zona di
Akkar, dove bambini come Zahi potranno riunirsi, incontrare altri
bambini, divertirsi, giocare, condividere le loro esperienze e avere il
supporto psicosociale di cui hanno bisogno per ridare un senso di normalità alle
loro vite.