Il progetto dell'UISP Modena a Vila Mimosa, Rio de Janeiro. Intervista a Fina Bianco. Il Brasile in questi giorni è il centro dell’universo sportivo, dello sport business con il suo immaginario e le sue contraddizioni, portate all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dalle proteste di piazza. Il paese verde-oro è grande ed estremamente complesso. Per conoscerlo meglio, allora, può essere utile raccontare anche una diversa storia di sport che ci arriva da Rio De Janeiro, grazie ad un progetto di cooperazione Uisp. Più precisamente da Rua Ceara, a meno di tre chilometri dal Maracanà.
Un’area abbastanza centrale dunque, ma decisamente atipica poiché ospita Vila Mimosa, il quartiere a luci rosse più antico dell’America Latina, un tempo dislocato dove oggi sorge la prefettura. A Vila Mimosa è cominciato un progetto di cooperazione sportiva che vede protagonista il comitato Uisp di Modena tramite la sua onlus Uisp Modena Solidarietà. “Costruendo cittadinanza attraverso lo sport” è il titolo dell’intervento portato avanti in collaborazione con l’associazione locale Amocavim, impegnata nel fornire assistenza e servizi di varia natura (consulenze legali, visite mediche gratuite, corsi di formazione professionale) agli abitanti del quartiere. Il progetto consentirà a 24 bambini, tra i 6 e i 12 anni, alcuni dei quali figli delle prostitute, di poter seguire corsi gratuiti di judo almeno fino al marzo 2014.
“Il judo oltre ad essere un'attività salutare è molto disciplinante, ti impone dei limiti e delle regole. E da quel che ho visto questi bambini ne hanno bisogno. Ho assistito ad una lezione e devo dire che sono terribili! Pur frequentando la scuola passano gran parte del loro tempo libero in strada e non sono molto seguiti dai genitori. Solo un padre, ad esempio, ha assistito alla lezione e si è dimostrato interessato a capire cosa andava a fare il proprio figlio…”. Fina Bianco è una giovane operatrice dell’Uisp Modena. È anche una film maker e conosce bene il Brasile, in particolare Rio, dove tre anni fa ha girato un documentario, proprio a Vila Mimosa. Lunedì notte è rientrata in Italia dopo aver coordinato l’avvio del progetto, avendo modo anche di conoscere l’istruttore, un giovane brasiliano “preparato e molto paziente” che da 8 anni ormai lavori con i piccoli judoka. Sabato scorso si è svolta la seconda lezione. La frequenza è settimanale: tre ore per ciascuno dei due gruppi di bambini. “Sarebbe bello ampliare l’offerta sportiva, trovare altre partnership con altre realtà locali e magari affittare una palestra per varie attività.
Al momento tuttavia le risorse sono scarse. Abbiamo comprato quindici metri quadrati di tatami, dovremmo comprarne altri, così come dovremmo recuperare delle barriere di protezione e i judogi (i kimono del judo, n.d.r.), che non solo sono indispensabili per la stessa tecnica, ma che significherebbero molto per gli stessi bambini, per la loro autostima”. E anche per questo che dal comitato modenese lanciano un appello alle società sportive a farsi avanti, a dare una mano, magari anche solo regalando qualche judogi non più utilizzato ma in buono stato. Il progetto, d'altronde, è quasi totalmente autofinanziato dall’Uisp Modena e dall’Uisp Reggio Emilia. e dall’Uisp nazionale che ha investito il 50% dei fondi raccolti con con il 5 per mi lle del 2011. Perché, come diceva quella campagna “in Brasile non ci sono solo i campioni”. Dal fronte istituzionale, un piccolo contributo è arrivato dal comune di Maranello.
A Fina abbiamo chiesto - e non poteva essere altrimenti – di raccontarci cosa ha visto e che idea si è fatta delle proteste di questi giorni. “Tutto è nato col pretesto del rincaro dei biglietti dell’autobus a San Paolo come a Rio, ma poi le proteste si sono indirizzate contro lo spreco di risorse pubbliche. Per ristrutturare il Maracanà, il governo ha investito due milioni di real e l’impianto rimane accesso giorno e notte. Chi paga quei consumi? A ciò si aggiunge la sensazione che, in concomitanza con l’organizzazione di questi grandi eventi sportivi si stia cercando di mettere in atto una sorta di igienizzazione sociale degli ambienti urbani”.
Un make up per nascondere le aree più degradate: “Si sta procedendo – continua Fina Bianco - alla dislocazione di interi quartieri, con metodi che non sempre rispettano le procedure previste dalla legge, e con evidenti conseguenze negative per gli abitanti, per gli spostamenti verso il lavoro o la scuola”. Se a ciò si aggiun ge che non sembra esserci una ricaduta marcatamente positiva sul turismo – con al momento stadi pieni soprattutto di brasiliani - il quadro si fa desolante, e si capisce come il grande circo dello sport lasci poco o nulla in eredità alle classi sociali medio-basse.
“Non ho visto grosse migliorie a Rio dall’ultima volta che sono andata – conclude - C’è sempre il timore che le grandi opere in costruzione, una volta finito l’evento si trasformino in cattedrali nel deserto. Sicuramente creano nuova occupazione. Ma fino a quando?” Fino alle Olimpiadi? E poi?”. (F.Se.)