Mauro Valeri: "da affiancare alla cittadinanza sportiva per integrare i minori stranieri". L'agenzia Redattore Sociale in questi giorni ha legato insieme vari temi emersi dalla discussione in atto su cittadinanza e stranieri. L'Uisp ha contribuito a tenere alto il dibattito con la sua inziativa di Roma, senza dimenticare che anche la ministro Josefa Idem è intervenuta su questo argomento. La domanda che si pone è i meriti sportivi per cui andrebbe costruito un percorso di cittadinanza riguardano solo l'altissimo livello? Da questo tema si è sviluppata un'intervista a Mauro Valeri che pubblichiamo integralmente.
Sì all’ottenimento della cittadinanza per i minori stranieri che si distinguono nella pratica sportiva. La proposta è stata fatta nei giorni scorsi dal ministro delle Pari Opportunità e Sport, Josefa Idem, alla Commissione cultura della Camera. La norma riguarderebbe solo i minori stranieri tesserati i cui genitori soggiornano regolarmente in Italia.
Si tratta di un’ulteriore proposta sulla cittadinanza, che va ad aggiungersi a quelle di cui già da tempo si discute e depositate nei due rami del Parlamento. Una proposta positiva, che fa registrare però alcune discrepanze rispetto all’attuale rapporto che l’Italia e le diverse federazioni sportive hanno con i propri tesserati stranieri. Già adesso, per esempio, solo i calciatori più bravi riescono a essere tesserati (prevalentemente perché appetibili da società professionistiche), gli altri dopo l’adolescenza viaggiano in un limbo che li porterà presto all’anonimato. Un problema già sollevato da Mauro Valeri, sociologo e funzionario dell’Unar, autore di numerosi libri sul tema.
Nel calcio le cose stanno così: nel 2010 la Fifa ha diramato una normativa molto restrittiva, che prevede la presentazione alla Fifa stessa di un’enorme lista di documenti per il primo tesseramento anche di minori: richiesta da parte dei genitori, dichiarazione dei genitori di eventuali precedenti tesseramenti; nome della società e Federazione straniera; certificato di iscrizione scolastica; contratto di lavoro dei genitori; certificato di nascita. Una lista che, nelle intenzioni, dovrebbe rendere più difficile il traffico di ragazzini, soprattutto dall’Africa, e il loro sfruttamento.
La Federazione italiana gioco calcio ottiene che questa documentazione sia esaminata da una Commissione federale in loco invece che essere spedita alla Fifa. Ma la procedura è complessa, le richieste che pervengono in Figc moltissime e la Commissione ha tempi lentissimi. Da qui la protesta delle società e la Lega nazionale dilettanti interviene, ottenendo la semplificazione per i nati tra i 5 e gli 8 anni. Per il calcio italiano servirebbe semplificare il tesseramento per i giovani calciatori stranieri nati in Italia, vanno, cioè, considerati “calcisticamente italiani”, anche perché non sono a rischio tratta.
La proposta del ministro Idem si inserisce in questo contesto ma rischia di ampliare la forbice della possibile discriminazione: non solo i più bravi avrebbero la possibilità di essere tesserati, ma anche di ottenere la cittadinanza italiana.
Lo stesso Valeri ripercorre l’iter della proposta e fa chiarezza sulla questione: “Questa norma è quella che viene chiamata 'legge Balotelli'. Ovviamente questo tipo di proposta ha come obiettivo quello di portare più giovani talenti possibile nelle nazionali. E le Federazioni la vedono di buon occhio. E ci può stare”.
“Non c’è dubbio, tuttavia, che accanto a questa proposta ne deve andare avanti un’altra – continua Valeri - Occorre chiedere alle federazioni sportive che prevedano delle norme che equiparino i giovani stranieri di seconda generazione agli italiani. E questo al di là dei meriti. E’ questo l’obiettivo della vera ‘cittadinanza sportiva’. Il passo fondamentale è, dunque, quello di riconoscere nel concetto di ‘vivaio nazionale giovanile’ anche le seconde generazioni. Non più 25 documenti diversi, posizione dei genitori, ecc… ma una effettiva uguaglianza”. (Fonte: Redattore Sociale)