L'Alta velocità assorbe due terzi del bilancio. «I fondi ci sono, ma andrebbero spesi meglio»
ROMA - Per dimostrare che il costo delle Ferrovie non è un problema di oggi, c'è pure chi ha calcolato che negli anni del «progetto Apollo» lo stato italiano spese per far marciare i treni quanto gli Stati Uniti per mandare l'uomo sulla Luna: al cambio attuale, 80 miliardi di euro. La differenza, ovvia, è che le locomotive italiane non viaggiavano come un razzo Saturno. Né allora e nemmeno domani, con l'Alta velocità. I cui costi, quelli sì, hanno prestazioni missilistiche. Quando sarà finita, l'intera rete per i treni veloci sarà costata 33 miliardi e 30 milioni di euro, vale a dire quattro volte in più rispetto alle cifre stimate nel 1991, quando l'operazione fu avviata. L'Alta velocità assorbe ormai i due terzi degli investimenti infrastrutturali delle Ferrovie. Il punto di svolta è stato l'anno in cui si è insediato il governo di centrodestra di Silvio Berlusconi, che aveva vinto le elezioni promettendo un impegno massiccio nelle opere pubbliche. Nel 2001 gli investimenti nell'Alta velocità hanno superato per la prima volta quelli nella rete storica. E da allora la forbice si allarga sempre di più. Segno che le opere della linea veloce, che tra l'altro sarà completata dieci anni più tardi rispetto alle previsioni iniziali, hanno finalmente imboccato la dirittura d'arrivo? O piuttosto l'indicazione di una precisa e ineluttabile scelta per un Paese con i conti che non tornano, quella di sacrificare diretti, espressi e intercity per salvare i treni veloci che ci agganciano al mitico Corridoio 5, e quindi all'Europa? TROPPE LINEE INUTILI
Di fronte alla domanda se l'Alta velocità sia incompatibile con un sistema ferroviario tradizionale efficiente e sicuro, Marco Ponti, professore al Politecnico di Milano, suggerisce di «vedere le cose in modo laico». Osserva, per esempio, che secondo uno studio di qualche tempo fa, su 32 linee ferroviarie a scarso traffico, solo quattro o cinque erano considerate recuperabili. E che se non devono essere a tutti i costi abbandonate le linee minori, vanno anche tenute presenti le economie di scala, «se no in certi casi converrebbe pagare ai viaggiatori il taxi, costerebbe meno che trasportarli in treno». Ponti è pure convinto che i 2 miliardi di euro spesi ogni anno per gli investimenti nella rete storica non siano una cifra affatto modesta: «Si potrebbero fare molte cose in più». Per esempio? «Più tecnologia e meno cemento. Non capisco perché invece di raddoppiare a tutti i costi le linee a binario unico, che sono sicure, non si sia speso un centesimo di quella cifra per dotarle di efficienti sistemi di segnalamento».
TANTI SOLDI SPESI MALE
Anna Donati, senatore dei Verdi, esperta di trasporti nonché ex consigliere di amministrazione delle Ferrovie, è invece persuasa che «l'Alta velocità da sola non può funzionare», perché «la rete veloce ha bisogno di un sistema di adduzione efficiente e sicuro». Ma per rendere la rete tradizionale efficiente e sicura, dice, «servirebbero almeno 5 miliardi. Ma si preferisce destinare le risorse a opere inutili, come la linea veloce Milano-Genova. O a impiegarle per le autostrade. Il risultato è che i treni dei pendolari del Nord sono in un degrado pazzesco».
Il problema dei pendolari, e soprattutto in Lombardia, è considerato decisivo anche da Franco Caron, altro professore del Politecnico di Milano, per far pendere la bilancia verso gli investimenti a favore del ferro: «Ne guadagnerebbe l'ambiente, anche se resterebbe il problema di rendere remunerabile il business delle Ferrovie». Anna Donati è quindi convinta che i soldi vadano usati meglio di come si faccia adesso. E accusa: «Prima delle elezioni il segretario del Cipe Mario Baldassarri ha fatto stanziare 700 miliardi per la statale 77 di Colfiorito, che è nella regione del suo collegio». E dice:« Non si potevano usare per il raddoppio della ferrovia Orte-Falconara?».
BUSINESS IN PERDITA
Il responsabile dei trasporti dei Ds, Franco Raffaldini, aggiunge che con le ultime quattro Finanziarie i fondi per la sicurezza ferroviaria sono stati tagliati di 4 miliardi. Ma al di là di queste denunce, il fatto è che gli investimenti sono dirottati preferibilmente verso l'Alta velocità anche per un motivo più cinico. Si chiama redditività. Prima di traslocare all'Alitalia, Giancarlo Cimoli ha lasciato in eredità il primo bilancio in equilibrio della storia ferroviaria. Sempre, però, con circa 3,5 miliardi di contributi statali. Questo significa che il costo dei biglietti non copre che una frazione delle spese. E questo soprattutto nelle linee minori. Tanto più che l'aumento delle tariffe, atteso da quattro anni, non arriva ancora. Sui conti di Trenitalia questo scherzetto che gli ha giocato nel 2001 l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti pesa per 120 milioni l'anno. Il trasporto merci, poi, è un'autentica tragedia. La divisione Cargo di Trenitalia perde un terzo del fatturato. Le cose vanno meglio per la gestione degli Eurostar. E siccome le Fs sono una società per azioni che opera sul mercato (ma solo in teoria), in concorrenza, ecco che investe di più dove sa che può avere un maggiore ritorno economico.
IL RISCHIO
Anche se Ponti invita a porre attenzione alla possibilità che l'Alta velocità si riveli, alla fine, una grossa delusione economica: per gli alti costi che non saranno compensati dalla scarsa domanda. «Fra Milano e Torino corrono oggi 28 treni a lunga distanza, mezzi vuoti. Con la nuova linea la capacità salirà a 330 treni. Chi li riempirà?», si domanda Maurizio Lupi, responsabile trasporti di Forza Italia, invece non ha dubbi: «L'Alta velocità si deve fare, ma le linee secondarie non devono essere abbandonate. Il sistema Paese non può reggersi soltanto sui treni veloci». Ma ammette che dopo «esserci dati una mossa», si è scoperto «che il tempo è tiranno». E le opere non basta approvarle. Bisogna aprire anche i cantieri e chiuderli». Rivela Lupi: «Ho detto al ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi che non è sufficiente dire di aver fatto gli investimenti. Se le opere vanno a rilento si prendano provvedimenti, si lavori anche di notte». Spesso però, dal dire al fare c'è di mezzo il classico mare. Accade così che il raddoppio della Bologna-Verona, pur essendo un'opera della Legge obiettivo, e quindi beneficiaria di una corsia preferenziale, venga invece realizzato con procedure normali. Quando non succede l'imprevisto. Il ponte sul Po, a Ostiglia, per citare un caso. Un giorno l'impresa che aveva vinto l'appalto fallisce. Si deve rifare la gara e si perde un anno. Ora i lavori sono ripresi, ma l'anno è passato.
Poi ci sono ostacoli di altra natura. Più volte Lunardi si è lamentato dell'azione degli ambientalisti. Adesso ha già pronto un dossier di 22 pagine, che probabilmente porterà al Parlamento con la storia di trent'anni di investimenti delle Ferrovie. E c'è da giurare che un capitolo sarà dedicato agli anni del centrosinistra, quando la presenza dei Verdi al governo avrebbe rappresentato un elemento di freno alla realizzazione delle opere pubbliche. Ma durante i quali si sarebbero avvertiti anche gli effetti del risanamento dei conti pubblici necessario per l'ingresso nella moneta unica europea. La resa dei conti è per giovedì, all'audizione di Lunardi in Senato.
Sergio Rizzo
Corriere della Sera, 9 gennaio 2005