I bisogni relazionali insoddisfatti dei cittadini
Quando il denaro scarseggia, il Tempo diventa la nuova moneta di scambio. Così il fenomeno delle Banche del Tempo (BdT), nate negli anni ’90, torna in auge in una situazione caratterizzata da precarietà, incertezza, diffidenza, solitudine e scarsità di risorse pubbliche e private, rispondendo ai bisogni sia materiali che relazionali dei cittadini. È in questa società individualista e consumista che vengono meno i rapporti di solidarietà, reciprocità, fiducia e le buone pratiche di vicinato, le quali, invece, risultano paradossalmente sempre più necessarie. Infatti, si è ormai concluso il passaggio dalla società del benessere, orientata alla crescita, allo sviluppo e ai servizi di welfare, alla società del rischio, definita da Ulrich Beck nel suo saggio “La società del rischio. Verso una seconda modernità” del 1986. In questa realtà, il rischio deriva dalla stessa economia, caratterizzata dalla flessibilità dei fattori produttivi, soprattutto del lavoro, e da instabilità, incertezza e precarietà. Tale società genera insicurezza e sfiducia e sfalda il tessuto di relazioni tra cittadini che le Banche del Tempo si pongono l’obiettivo di recuperare. La conseguenza è quella che Lester Salamon chiama “rivoluzione associativa”, cioè una propensione delle persone ad associarsi e auto-organizzarsi, un processo di crescita e diffusione di nuove forme di aggregazione sociale, che l’autore ritiene aumentare in tutti i momenti di crisi.
Tale tendenza ben accoglie l’esperienza delle BdT appunto fondate su relazionalità e reciprocità. Dunque, i privati, costretti a ridurre le spese e diminuire i consumi, si trovano a far fronte alla scarsità di servizi di interesse generale erogati dagli enti pubblici e all’insoddisfazione dei cosiddetti bisogni relazionali e cercano rifugio nelle sempre più numerose aggregazioni spontanee di cittadini accumunati dal perseguimento del proprio benessere, non isolatamente ed egoisticamente, bensì all’interno di innovative strutture reticolari. Un esempio sono le Banche del Tempo, cioè organizzazioni private nate per rispondere a questi nuovi bisogni relazionali in cerca di adeguato soddisfacimento, raggiungibile attraverso la costruzione di reti stabili tra una molteplicità di attori diversi e l’instaurazione di rapporti solidi basati sulla reciprocità. In questo modo, le BdT contribuiscono significativamente al miglioramento della qualità della vita dei singoli, facilitando l’integrazione o il reinserimento attivo nella società, riconoscendo e valorizzando le capacità di ognuno, favorendo nuove relazioni amicali e garantendo anche un beneficio ed un risparmio economico, derivante dalla possibilità di effettuare scambi di beni e servizi senza l’utilizzo del denaro.
Inquadramento del fenomeno “Banche del Tempo”
Le Banche del Tempo sono per lo più associazioni di promozione sociale, nate dal basso della società civile, attraverso l’aggregazione di privati cittadini con bisogni ed interessi diversi, ma nel perseguimento del medesimo fine, nonché la promozione e la partecipazione della comunità locale allo svolgimento di buone pratiche di vicinato, strutturando sistemi di scambi di prestazioni basati sull’unità di misura Tempo. Una definizione generale di queste esperienze è fornita da Maria Luisa Petrucci, Presidente dell’Associazione Nazionale Banche del Tempo, la quale le definisce come snodi di una grande rete di socialità e di relazioni, fondata sullo scambio reciproco di tempo, costituita dai rapporti che si instaurano tra soci-correntisti, cittadini e istituzioni. Non si è, dunque, di fronte ad associazioni di volontariato caratterizzate da relazioni unidirezionali, in cui un soggetto offre e l’altro riceve.
Fondamento delle Banche del Tempo è, infatti, lo scambio paritario inteso come forma di economia alternativa al mercato ed espressione di democrazia ed uguaglianza. Lo scambio reciproco di tempo si concretizza nell’offerta e nella domanda di prestazioni, al fine di soddisfare, oltre ai bisogni materiali, anche quelli relazionali, promuovendo l’incontro e il confronto tra vicini e l’instaurazione di nuovi rapporti duraturi. Concretamente si tratta di Banche, intese come luogo e mezzo attraverso cui organizzare scambi e transazioni, all’interno delle quali circola tempo al posto del denaro. I cittadini hanno qui la possibilità di aprire un vero e proprio conto corrente, nel quale vengono registrate le ore accumulate erogando servizi in favore di terzi e le ore “spese” usufruendo di prestazioni offerte da altri correntisti. Queste ultime possono consistere in attività di svariato genere, ad esempio, tra soci si possono scambiare lezioni o ripetizioni di inglese, informatica, cucito, cucina, oppure riparazioni sartoriali e domestiche, commissioni, visite guidate, assistenza ai bambini e agli anziani e passaggi in auto. Sono tutti servizi che sul mercato hanno un valore monetario esprimibile in euro, ma che gli iscritti alle BdT possono scambiarsi reciprocamente e gratuitamente, usando come unità di misura il tempo.
Da un punto di vista organizzativo e strutturale, le Banche del Tempo sono classificabili come enti del Terzo settore, nonché l’insieme di tutti quei soggetti privati che svolgono per lo più attività di natura economica producendo beni e servizi senza avere come obiettivo primario il profitto, bensì il perseguimento dell’interesse collettivo. Infatti, si configurano come “organizzazioni di natura privata che perseguono obiettivi di solidarietà e sono volte alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva”.
Importante per sintetizzare l’aspetto sociale, territoriale, funzionale e finanziario del fenomeno nazionale delle BdT, è l’indagine conoscitiva svolta dalla Provincia di Torino in collaborazione con l’Associazione Nazionale delle Banche del Tempo, presentata alla conferenza del 16 ottobre 2010 dalla quale emerge che il numero complessivo di BdT sul territorio nazionale è di 391, con 107 realtà consolidate in Piemonte e 99 in Lombardia. Per quanto riguarda la composizione dei soci, dal punto di vista dell’occupazione si osserva che, dal primo anno di costituzione all’anno di riferimento 2009, aumentano i pensionati, i casalinghi e i disoccupati, mentre diminuisce il numero di correntisti occupati, sintomo del mutare della situazione economica del Paese. In base al genere è utile sottolineare che l’80% degli iscritti è di sesso femminile. Inerentemente alla gestione delle Banche del Tempo, si può notare come vi sia un forte senso di regolamentazione, infatti, più del 50% si è dotato di un proprio Statuto e di un Regolamento. Mentre, indice del rapporto e della collaborazione tra enti locali e BdT è la sottoscrizione di convenzioni e, in merito a ciò, il 53% delle Banche rispondenti all’inchiesta afferma di adottarne una. Gli strumenti maggiormente messi a disposizione dal Comune risultano essere l’uso dei locali, il telefono, la rete internet e i personal computer. In cambio, le BdT propongono in favore dei Comuni lo svolgimento di attività per lo più relative al supporto nell’organizzazione di eventi pubblici (55%), seguite dalla voce “Altro” (30%), sintomo delle specificità delle capacità offerte da ogni singola Banca.
Dall’indagine emerge anche che l’idea, la scintilla, da cui originano la maggior parte delle Banche del Tempo è l’iniziativa spontanea di un gruppo di cittadini (47%), mentre il 25% nasce all’interno e su proposta di una associazione già esistenze e il 19% da un’iniziativa dello stesso Comune. In riferimento ai finanziamenti di cui dispongono le BdT, il 57% afferma di usufruire di contributi in denaro, cioè finanziari, da parte degli enti pubblici così suddivisi: 40% dalle regioni, 35% dai comuni, 18% dalle province e 7% da altri enti pubblici. Altre fonti di entrate sono l’autofinanziamento attraverso il versamento di quote associative, mediamente pari a 15 euro annui, i mercatini dell’usato e le donazioni. Inoltre, solo il 5% delle BdT, tutte localizzate in Lombardia e Piemonte, usufruisce di finanziamenti dal Fondo Sociale Europeo. Per quanto riguarda le attività svolte dalle Banche, queste realizzano maggiormente progetti culturali (30%), seguiti da progetti rivolti alle scuole (19%), progetti socio-assistenziali (19%) e ambientali (10%). Questi, sono stati realizzati con la collaborazione del comune per il 33%, con altre associazioni per il 28% e da altri enti locali per il 15%. Mentre le Banche che svolgono autonomamente i propri progetti, senza alcun tipo di collaborazione, costituiscono il 24% delle risposte.
Breve storia delle Banche del Tempo in Italia
La prima BdT nacque a Parma nel 1991, dall’idea della segretaria della Uil pensionati la quale riteneva necessaria l’individuazione di uno strumento alternativo per rispondere alle esigenze dei pensionati ormai esclusi dalla vita attiva, ma con a disposizione tempo e capacità da poter ancora utilizzare e offrire alla società. Dalla lettura di esperienze simili portate avanti nei paesi dell’Europa del Nord, seguirono nuove BdT a Santarcangelo di Romagna, Padova e Roma. Nel 1995, in seguito alla rapida diffusione di queste nuove realtà su tutto il territorio nazionale, fu istituito l’Osservatorio Nazionale Tempomat con sede a Roma, presso la Cgil nazionale. Compito dell’Osservatorio era quello di raccogliere la documentazione, censire costantemente le BdT e favorire l’apertura di nuove Banche attraverso convegni e laboratori di formazione. Nel 2003, anno in cui l’Osservatorio fu chiuso, furono persi tutti i progressi fatti dal punto di vista del sostegno e del coordinamento delle diverse esperienze territoriali e si frammentò, così, il patrimonio cultuale che si era creato negli ultimi anni. Di conseguenza si assistette alla nascita di nuove Banche isolate tra loro e sparse sul territorio nazionale senza che vi fossero occasioni di confronto e dialogo per mantenere vivo il significato profondo e sociale del progetto iniziato dall’Osservatorio.
Al fine di recuperare le fila del lavoro abbandonato, grazie alla tenacia di un gruppo di 8 donne rappresentanti delle Banche del Tempo di alcune regioni, nel 2007, nacque ad Alì Terme l’Associazione Nazionale Banche del Tempo con il compito di fissare i valori e i principi fondativi, dettare le linee guida, coordinare e promuovere le esperienze delle BdT su tutto il territorio nazionale, diffondere e sostenere tali iniziative coinvolgendole in un progetto strutturato. In estrema sintesi, dunque, le prime Banche nacquero a supporto delle esigenze degli anziani e, diversamente da quanto accaduto nell’Europa del Nord, in Italia le BdT non originarono in conseguenza di una crisi sociale ed economica, bensì dalla riflessione di gruppi di donne in merito alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
Gli attuali bisogni cui rispondere
Oggi, le motivazioni che spingono i cittadini a proporre e aderire a tali progetti sono mutate e aumentate. In primo luogo, si riscontra la persistente voglia di partecipare attivamente alla vita pubblica, innanzitutto per cercare di soddisfare bisogni personali, ma anche al fine di migliorare l’esistenza dell’intera collettività. Secondariamente, i cittadini sono spinti dal bisogno di appagare, oltre ai bisogni materiali, anche quelli relazionali, in una società caratterizzata dall’incertezza, dall’insicurezza, dalla precarietà, dall’individualismo e dalla solitudine. In quest’ottica, le Banche servono ad ampliare la rete di amicizie e di conoscenze di ognuno e a recuperare la collaborazione e la fiducia nei confronti del vicino. La necessità di unirsi ed associarsi, inserisce l’esperienza della Banca del Tempo in un contesto di “rivoluzione associativa”, del quale diventano certamente attori centrali.
Il motivo che invece incentiva i poteri pubblici è che, in un periodo come quello attuale, caratterizzato dalla crisi economica, ma anche istituzionale, sociale e culturale, in cui è sempre più difficile per le istituzioni mantenere un livello adeguato di erogazione dei servizi, lo scambio gratuito di prestazioni che hanno un valore economico quantificabile in euro e le BdT contribuiscono alla dinamica economica della società e costituiscono una valida integrazione all’azione delle istituzioni. È così che diversi autori come S. Goldsmith, G. George e T. Glynn Burke in The power of Social innovation: How Civic Entrepreneurs Ignite Community Networks for Good (2010) sostengono che la “mobilitazione civica” sia l’elemento fondamentale per conciliare il miglioramento necessario dei servizi e delle strutture pubbliche, con le sempre più scarse risorse di cui dispongono le istituzioni. In altre parole, la crisi economica pesa sugli enti locali, i quali assistono alla riduzione delle risorse a loro disposizione e all’aumento della domanda di servizi richiesti, a discapito delle fasce più deboli e povere della società. In tale contingenza, le BdT non possono che costituire un’importante risorsa, in quanto, aumentando la coesione sociale e la socializzazione, mettono a disposizione della collettività locale competenze e servizi a costo monetario zero, usufruibili da tutti, in cambio di una partecipazione personale attiva, conforme alle proprie capacità e possibilità.
Indagando maggiormente le motivazioni che spingono il cittadino ad associarsi in tali realtà, queste risultano molteplici e uno stesso soggetto può essere mosso contemporaneamente da più bisogni ed esigenze diverse. Il motivo principale è comunque quasi sempre la possibilità di effettuare scambi di servizi che, pagati in tempo, offrono oltre all’aiuto reciproco, una fonte di risparmio, nel caso in cui si tratti di prestazioni aventi valore economico sul mercato. In secondo luogo, i soci, offrendo le loro capacità spesso sottovalutate o non considerate nell’ambito del lavoro o della famiglia, hanno l’occasione di realizzarsi, esprimere i propri talenti e portare avanti le proprie passioni. Ancora, si riscontra il bisogno di conoscere gente nuova, coltivare amicizie ed uscire da una situazione di solitudine, tipica di una società troppo impegnata e sempre di fretta, guidata dall’individualismo e dal consumismo.
Il rapporto tra Banche del Tempo e l’ente comunale
Gli attori centrali delle reti relazionali che si instaurano grazie all’attività delle BdT sono i soci-correntisti. Si tratta per lo più di persone fisiche, ma anche di associazioni e istituzioni presenti sul territorio. Elemento indispensabile per dare vita ad una Banca del Tempo è certamente l’auto-organizzazione spontanea dei cittadini, tuttavia sono necessari supporti di diverso genere, economico, formativo, organizzativo, perché tale esperienza possa dare origine ad un’attività e ad un’organizzazione complessa efficiente e funzionante. Importante è quindi considerare il ruolo degli attori pubblici in queste realtà.
Il riconoscimento giuridico delle Banche del Tempo si trova all’art. 27 della legge 53 del 2000 rubricato “Banche dei tempi”. Questa è la disposizione che regola i rapporti tra BdT e istituzioni pubbliche, soprattutto quelle più vicine ai cittadini. Infatti, secondo il suo disposto, gli enti locali hanno la possibilità, non il dovere, di promuovere e sostenere tali associazioni, al fine di favorire lo scambio di servizi di vicinato e l’estensione della solidarietà nelle comunità locali, facilitare l'utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni e incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini. Il sostegno a tali organizzazioni può assumere diverse forme, ad esempio, il comodato d’uso a titolo gratuito, l’organizzazione di attività di promozione, formazione e informazione per la diffusione della conoscenza delle stesse organizzazioni tra i cittadini, ma anche il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli enti pubblici, che, stipulando loro stessi accordi con le BdT, prevedendo scambi di tempo con i cittadini della loro comunità, entrano come attori attivi all’interno della rete relazionale che queste associazioni mirano a costituire. L’ultimo comma del presente articolo è particolarmente importante in quanto tutela le BdT dal rischio di strumentalizzazione e funzionalizzazione delle stesse all' “esercizio delle attività istituzionali degli enti locali”.
Gli enti locali dovrebbero essere, quindi, promotori e tutori di tali iniziative, ma la realtà italiana ha spesse volte mostrato, da parte loro, mancanza di interesse e atteggiamenti distaccati, se non diffidenti, nei confronti delle auto-organizzazioni dei cittadini. Di conseguenza, si è osservata una frammentazione e una disomogeneità tra le numerose associazioni private, nate dopo il loro riconoscimento istituzionale. Tale aspetto è negativo, se si considera che l’assenza di un soggetto di indirizzo, che incentivi attività socialmente utili in una data direzione, non permette di rispondere adeguatamente alle esigenze del welfare locale, attraverso il coinvolgimento e la collaborazione delle associazioni nel perseguimento dei bisogni preminenti della comunità. L’elemento mancante è la progettualità pubblico/privato chiamati a definire insieme le aree di intervento, i problemi e le possibili soluzioni. L’appoggio e il sostegno delle istituzioni permette alle BdT di minimizzare i costi di organizzazione e gestione, così che non debbano ricorrere a sponsor privati o alla richiesta di contributi annui maggiori ai propri soci-correntisti. Da sottolineare che anche il rapporto tra ente pubblico e BdT si dovrebbe fondare sullo scambio. Infatti, in cambio a ciò che gli enti concedono alle Banche, essi posso chiedere e ottenere prestazioni senza costi.
Ad esempio, le BdT possono mettere a disposizione le loro informazioni e conoscenze per aiutare il comune a sviluppare un piano regolatore dei Tempi e degli Orari adeguato alle esigenze dei cittadini, poiché le BdT possono offrire ai Comuni la loro conoscenza della comunità locale, degli interessi, degli impegni e delle necessità dei cittadini, perché questi realizzino delle politiche temporali urbane adeguate. Una siffatta partnership tra pubblico e privato deve tuttavia fondarsi su due principi fondamentali. Infatti, così come i poteri pubblici non devono mutare l’indipendenza e l’originalità di queste forme di auto-organizzazione, allo stesso modo le BdT non devono sostituirsi alla P.A. nell’esercizio delle sue funzioni, ma solo affiancarsi, in relazione alla difficoltà degli Enti locali di rispondere a pieno ai bisogni dei propri cittadini, e offrire strumenti utili ad un miglior perseguimento dell’interesse di quella parte della collettività spesse volte trascurata, come gli anziani, i giovani e le donne. In conclusione, ore che gli enti locali hanno meno risorse e si trovano costretti a ridurre i servizi a svantaggio delle persone spesso più deboli e bisognose di interventi, le BdT possono essere una risorsa a costo zero, in quanto non sostituiscono, ma integrano e supportano i servizi in settori nei quali le amministrazioni non possono più intervenire.
di Evelina B. Benzi*
*Evelina Bianca Benzi, si è laureata in Amministrazioni e Politiche Pubbliche – indirizzo amministrazione e autonomie territoriali - nel marzo 2013 discutendo una tesi dal titolo “La sussidiarietà orizzontale: le funzioni amministrative esercitate da enti della società civile”
Riferimenti