Il gioco d’azzardo on line è un settore in grande espansione. L’estensione dei giochi legali avrebbe dovuto arginare quelli clandestini, oltreché produrre entrate per il fisco. Oggi ci ritroviamo con infiltrazioni massicce delle mafie, riduzione del prelievo fiscale e aumento delle ludopatie.
Margherita Billeri, Mario Centorrino e Pietro David
CHI GIOCA D’AZZARDO ON LINE
Inchieste televisive e articoli di stampa hanno denunziato una attività di lobbying a favore del gioco d’azzardo on line, anche attraverso forme di corruzione di parlamentari. Sempre che le denunzie abbiano fondamento, perché le lobby dovrebbero interessarsi al gioco on line e alle regole che lo disciplinano?
Prima di descrivere l’economia del gioco d’azzardo on line, che presenta inattese distorsioni, è d’obbligo segnalare due costi sociali che derivano dalla sua diffusione: l’infiltrazione nel settore di organizzazioni criminali mafiose e l’insorgere di fenomeni di dipendenza dal gioco (ludopatia).
Non a caso, ricerche su attori ed effetti di alcuni giochi d’azzardo legali (Lotto, Totocalcio, Gratta e Vinci) avevano già messo in luce alcune importanti considerazioni. In primo luogo, le famiglie più povere spendono in questo tipo di giochi una percentuale di reddito (3 per cento) maggiore di quelle più ricche (1 per cento). E visto che quelli di pura fortuna portano in media sui grandi numeri a una perdita di denaro, questa spesa si traduce in una sorta di “tassazione volontaria” di tipo regressivo. (1)
Ma quali possono essere le spiegazioni di tale differenza? Una, senza dubbio, risiede nella convinzione, forse in parte fondata, che per le persone più povere l’unica possibilità di diventare ricchi sia tentare la fortuna. Le statistiche, infatti, confermano come le altre strade per la mobilità sociale siano strette e tortuose, e che spesso in Italia conta più la famiglia di provenienza rispetto a competenza e determinazione. E l’incoraggiamento che lo Stato riserva ai vari giochi legali si traduce in un’incentivazione di canali di mobilità ascendente svincolati dal merito individuale e basati sulla pura fortuna.
UN SETTORE INTERESSANTE PER LE MAFIE
I giochi d’azzardo legali on line sono a pagamento, fruibili attraverso internet, smartphone, tablet e connected tv e prevedono la possibilità di una vincita in denaro. (2)
La quantificazione del mercato del gioco on line si articola su quattro voci principali: la raccolta, ovvero il totale dei soldi movimentati dagli utenti attraverso il proprio conto di gioco (il conto nel quale i giocatori depositano il denaro destinato al gioco e dal quale possono prelevare le eventuali vincite); la spesa, ovvero la differenza tra la raccolta e il payout (cioè l’ammontare delle vincite restituite ai giocatori), il prelievo erariale (ovvero la parte di raccolta trattenuta dal fisco); il fatturato, ovvero l’effettivo ricavo degli operatori di gioco, che in base alle attuali normative consiste in una quota della raccolta al netto del prelievo erariale e del payout. (3)
Secondo stime relative al 2012 (novembre) nel settore operano 5mila aziende e 120mila addetti. (4) La raccolta ammonta a 87 miliardi (80 nel 2011), con un payout pari a 70 miliardi (62 nel 2011). Una quota consistente (15 miliardi), in deciso aumento rispetto all’anno precedente (8,4), è costituita dalle somme giocate per poker e casinò on line. (5)
Ovviamente, all’aumento della raccolta in questa “nicchia” si è accompagnato l’aumento del payout (nel 2012, 13,5 miliardi, di gran lunga superiore alla quota del 2011, 8 miliardi), in controtendenza rispetto alla diminuzione registrata in altri settori e addirittura al calo complessivo delle entrate erariali. Come è possibile questa asimmetria? I giochi introdotti negli ultimi anni hanno una tassazione inferiore rispetto ai precedenti, a vantaggio del payout per i giocatori e la filiera del gioco d’azzardo: concessionario, tabaccherie, agenzie, intermediatori, fornitori di macchine, sistemi e software. Per esempio, dai proventi del Superenalotto l’erario incassa il 44,7 per cento, mentre dai ben più moderni poker cash e casinò on line preleva a fini fiscali solo lo 0,6 per cento.
Per queste due tipologie di gioco c’è stato un aumento della spesa tra il 2011 e il 2012 (+16 per cento), un aumento corrispondente delle vincite (+19,28 per cento), mentre le entrate erariali (prelievo sulle spese) sono rimaste allo 0,1 per cento. C’è da chiedersi dunque quale vantaggio fiscale lo Stato tragga dall’aumento della spesa in poker e casino on line e quali siano le ragioni della differenziazione di aliquote.
Più in generale, negli ultimi anni, nonostante il consistente aumento del fatturato dell’intero sistema, le entrate fiscali sono diminuite: c’è razionalità in questa regolazione da parte dello Stato dell’economia del gioco d’azzardo on line?
Ancora, il settore delle scommesse non autorizzate registra tra il 2007 e il 2012 un’evasione pari a 20 milioni di imposte in 607 procedimenti tributari aperti. In sostanza, è stato accertato un flusso monetario sconosciuto al fisco pari a 300 milioni. (6)
Quanto all’interesse di soggetti illegali per l’economia del gioco d’azzardo, è la filiera dei videopoker quella che desta più allarme, per il progressivo controllo che ne ha assunto la criminalità organizzata. Stando a un’inchiesta giornalistica, la Direzione nazionale antimafia ritiene che tra le 379mila newslot e le 40mila videolottery autorizzate (con 20 milioni di euro raccolti nel 2012) ce ne sarebbero almeno 200mila illegali: perché scollegate dalla rete telematica, o perché contengono schede manomesse, o perché importate dall’estero senza essere registrate. (7) L’utile in nero sarebbe di circa 10 miliardi all’anno e nell’“affare” sarebbero coinvolti quarantuno clan in ventidue città, indagati da dieci procure. All’inizio, i clan si accontentavano di imporre un “pizzo” ai noleggiatori. Poi sono passati alla gestione diretta delle slot nei territori da loro controllati, infiltrandosi con prestanome e società di comodo tra i 4mila noleggiatori iscritti all’albo.
I PARADOSSI DEL GIOCO LEGALE
Il fenomeno dell’espansione del gioco d’azzardo (presunto) legale (newslot e videolottery) sembrerebbe dunque caratterizzato da alcuni paradossi. All’inizio, si era pensato di estendere l’offerta di gioco legale per arginare quello clandestino; oggi di fronte a un introito annuale per l’erario di 8 miliardi di euro (di cui 3,2 provenienti dalla tassazione delle slot machine e un finanziamento per 1 miliardo dalle videolottery), c’è una resistenza psicologica a deciderne lo smantellamento, oltreché, come è facile intuire, corposi interessi commerciali (e anche occupazionali) che lo sconsigliano. Tanto più se sull’aumento di quell’introito si fondano molte proposte di nuove spese o di riduzioni delle entrate, compreso il mitico rimborso dell’Imu. Voci autorevoli si sono levate per limitare il gioco d’azzardo legale, sia pure con la consapevolezza di dover scongiurare l’estendersi di quelli illegali. (8) Il paradosso sta nel fatto che all’aumento di risorse per l’erario corrisponde la crescita del fenomeno della “lutopatia” che, al di là di prediche e moralismi, ha un notevole costo in termini diretti (cura) e indiretti (qualità della vita).
Preoccupa anche un altro settore del gioco d’azzardo illegale: il casinò virtuale del web, agganciato a banche straniere compiacenti. Stime riprese dall’Agenzia Agipronews.it indicano un volume di gioco di 9,2 miliardi di euro. La quota di relative vincite “espatriate” ammonta a 276 milioni, con un aumento di 44 milioni di euro nel 2011.
Ecco un secondo paradosso: quanto guadagnerebbero lo Stato e le organizzazioni criminali se questo “casino” fosse vietato e i relativi incassi dirottati sulle videolottery nazionali? Siamo di fronte a una contendibilità di gradi di illegalità, come teorizzano gli esperti della globalizzazione finanziaria, nella quale risultiamo comunque perdenti. È per mantenere questi due paradossi che le lobby lavorano?
Particolare attenzione va poi riservata alla crescita della dipendenza da gioco d’azzardo, che ha progressivamente perso anche la connotazione di genere: con un meccanismo potente di rinforzo reciproco è aumentata l’accessibilità al gioco, la proporzione dei giocatori rispetto alla popolazione e l’incidenza delle forme patologiche. (9)
Una ricerca del 2012 del Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo) stima che in Italia vi siano 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici. (10) A questi occorre sommare l’11 per cento dei giocatori minorenni (oltre 1 milione, secondo una ricerca Cnr), definibili patologici o a rischio.
I costi sociali causati dai giocatori d’azzardo patologici comprendono i costi sanitari diretti per un ricorso al medico di base più alto (+48 per cento) rispetto ai non giocatori, i costi indiretti per la perdita di performance lavorative e di reddito (-28 per cento) e i costi per un peggioramento della qualità della vita: in totale si stima ammontino dai 5,5 miliardi ai 6,6 miliardi di euro. Vuoi vedere che anche le lobby della sanità sono interessate al gioco d’azzardo?
(1) Si veda S. Sarti e M. Triventi, “Il gioco d’azzardo: l’iniquità di una tassa volontaria”, lavoce.info, 29.1.2013 . Secondo i dati del Rapporto Eurispes (2007) nel gioco investe di più chi ha un reddito inferiore: giocano il 47 per cento degli indigenti e il 56 per cento degli appartenenti al ceto medio basso. Una relazione della Corte dei conti (2011) ci dice che il consumo dei giochi interessa prevalentemente le fasce sociali più deboli.
(2) L’offerta è predisposta dagli operatori di gioco autorizzati a operare legalmente online dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams), l’ente che regolamenta e controlla il comparto del gioco pubblico in Italia. I siti internet operativi sono circa 400, intestati a una quantità incredibile di società controllate da altre società con base a Cipro, Malta, Gibilterra, o collegate a istituti bancari e grandi aziende.
(3) Osservatori.Net (Politecnico di Milano) “Il gioco on line in Italia: aumenta l’offerta, si trasforma la domanda”, marzo 2012. L’elenco dei sostenitori di questa ricerca è assai istruttivo per comprendere le società che animano l’economia del gioco d’azzardo.
(4) Libera, Azzardopoli, 9.1.2012
(5) La stima aggiornata al dicembre 2012 è stata calcolata in 15 miliardi e 406 milioni secondo un comunicato di Netmediacom che riprende risultati di uno studio del portale Netbetcasino.it. Una spesa di 87 miliardi nel gioco d’azzardo equivale a quattro volte la spesa familiare per la sanità e a quasi dieci volte la spesa familiare per l’istruzione (dati Istat).
(6) www.agipronews.it, 2.5.2013.
(7) Cfr. G. Tizian, F. Tonacci, “La rete dei videopoker”, La Repubblica del 22.2.2013. Le “videolottery”, a differenza delle slot-machine piazzate nei bar, accettano anche banconote ed esistono solo nelle sale dedicate. Con le slot tradizionali si possono vincere al massimo 100 euro, con le video lotterie si possono incassare fino a 5mila euro e addirittura mezzo milione se il jackpot è concentrato a livello nazionale. Cfr. D.Martini, “Videolotterie”, Il Fatto Quotidiano dell’8.5.20123.
(8) G. A. Stella, “Copertura con le accise sui giochi”, Corriere della Sera del 6.5.2013. I dati prima citati sono ripresi dall’Agenzia Dogane e Monopoli e da H2 Glambling Capital. Non ha portato alcun effetto restrittivo sul fenomeno il cosiddetto decreto Balduzzi n. 158 del 13.9.2012 che introduceva restrizioni agli spot che pubblicizzavano il gioco d’azzardo, l’obbligo di esposizione del materiale informativo sui rischi correlati al gioco e una futura definizione dei criteri per la collocazione dei punti di gioco. Alcuni comuni della Lombardia provano a contrastare il gioco d’azzardo e i fenomeni di dipendenza che crea, attraverso manovre sull’Imu. Un “Manifesto dei suicidi per la legalità del gioco d’azzardo” invoca una nuova legge-quadro nazionale che dia più poteri alle amministrazioni locali (per esempio, vietare il gioco ai minori senza alcuna trasgressione, o poter esprimere un parere vincolante sull’apertura di nuove sale gambling, o controllare con rigore i flussi di denaro e le attività di corruzione).
(9) Rapporto Censis, La crescente sregolazione delle pulsioni, 2011.
(10) Un giocatore è definito patologico quando dichiara di giocare oltre tre volte alla settimana per più di tre ore alla settimana e di spendere ogni mese una cifra superiore ai 600 euro, con i due terzi di costoro che addirittura spendono oltre 1.200 euro al mese. Va segnalato per completezza che da altri interventi sul tema viene negata l’esistenza del fenomeno della ludopatia. Non esisterebbero , si dice, serie storiche o ricerche complete sul fenomeno e soprattutto sul suo andamento nel corso del tempo. In altre parole non sarebbero disponibili dati sufficienti, oggi, per sostenere che siamo di fronte a una piaga sociale in aumento esponenziale. D. De Luca, “Scorte, articolo 18 e gioco d’azzardo”, Il Post, 3/5/2013. La ricerca citata è uno studio Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa (2013).