LA DENUNCIA DI SETTE DETENUTI - La Corte europea impone allo Stato di risolvere l'emergenza. L'emergenza carceraria italiana va risolta entro un anno. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha infatti rigettato il ricorso dell'Italia avverso alla sentenza dell'8 gennaio scorso con cui il sistema penitenziario nazionale era stato condannato per trattamento inumano e degradante inflitto agli ospiti delle strutture carcerarie. Il procedimento giudiziario nasce dalla denuncia di 7 detenuti nel carcere di Busto Arsizio e in quello di Piacenza. Oltre a prescrivere urgenti modifiche alle strutture detentive, i giudici europei hanno imposto all'Italia un'ammenda di 100 mila euro per i danni morali arrecati ai denuncianti.

IL RICORSO - Il ricorso presentato dall'avvocatura dello Stato chiedeva che il caso venisse riesaminato davanti alla Grande Camera Torreggiani. A seguito del rigetto disposto dalla Corte di Strasburgo, la sentenza è diventata oggi definitiva. L'Italia ha ora un anno di tempo per trovare una soluzione al sovraffollamento carcerario e introdurre una procedura per risarcire i detenuti che ne sono stati vittime.

LE CONSEGUENZE - A fronte di una capienza complessiva di 45.588 unità, le carceri italiane ospitano ad oggi 66.009 detenuti (dati rapporto Antigone). In quasi tutti i penitenziari italiani si assiste a scene degradanti, con fino a 8 persone stipate in celle ideate per quattro o addirittura due. Le norme sanitarie dispongono uno spazio minimo di almeno 9 metri quadri a detenuto. I ricorsi di chi è ristretto in spazi inferiori ai 3 metri sono invece già più di 400. È qui che nasce la piaga del sovraffollamento carcerario alla base della sentenza di Strasburgo. Ora lo Stato italiano deve correre ai ripari: «Se entro un anno non viene risolto in modo strutturale il problema del sovraffollamento carcerario - spiega Amedeo Barletta, docente universitario di Diritto Europeo e Costituzionale - lo Stato potrebbe dover far fronte a migliaia di altre richieste di risarcimento di altri detenuti già pendenti davanti alla Corte Europea dei Diritti e a tutte che seguiranno dopo questo precedente».

Redazione Online

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