Secondo il monitoraggio dei servizi di refezione scolastica, diffuso venerdì da Save the Children, non esiste una linea unica per i criteri di accesso e pagamento delle mense scolastiche italiane.

Su 36 comuni presi in esame dal nord al sud Italia, relativamente ai servizi di refezione scolastica degli asili, scuole primarie di primo e secondo grado, non c’è un comune uguale all’altro e una mensa uguale all’altra. Un servizio pasti dunque “a macchia di leopardo”, con requisiti per l’accesso, riduzioni o esenzioni dalle rette che variano da città a città.

Le differenze da città a città nei criteri di accesso, esenzione o riduzione dalle rette sono moltissime, in alcuni casi i bambini vengono esclusi dal servizio a causa della morosità dei genitori; in 11 è necessaria la residenza per esenzioni o riduzioni. In soli 5 comuni sono previste misure a sostegno delle famiglie in difficoltà economica causa crisi.

Il puzzle dei requisiti per essere ammessi a mensa, alcuni esempi:

  • In Comuni come Parma o Palermo per esempio l’esenzione dal pagamento della quota di contribuzione al servizio non è prevista in alcun caso.
  • In altri comuni, pur essendo prevista, non sono omogenei né i criteri né la soglia di accesso: si va da un tetto ISEE di 0 Euro a Perugia ad un tetto ISEE di 8.000,00 Euro a Potenza; inoltre alcune città prevedono l’esenzione per famiglie appartenenti a categorie particolarmente svantaggiate, come i rifugiati politici a Genova o i nuclei di origine rom a Lecce.
  • Rispetto al quantum della contribuzione si registrano differenziali consistenti da città a città, fino ad arrivare al caso in cui a Napoli la tariffa massima mensile di 68,00 Euro (con un ISEE superiore a 18.750,00 Euro) è in ogni caso più bassa della tariffa minima mensile di 66,50 E richiesta Brescia (con un ISEE inferiore a 16.840,00 Euro).
  • Tra quelli mappati, solo 5 Comuni - Verona, Parma, Pisa, Bari, Sassari - hanno attivato delle misure di sostegno all’impoverimento delle famiglie legato o alla numerosità dei figli o alla perdita del posto di lavoro.
  • In 11 comuni - Brescia, Adro, Udine, Padova, Verone, Pescara, Perugia, Pisa, L’Aquila, Campobasso, Lecce - si segnalano inoltre alcune cattive prassi, come la richiesta del requisito della residenza per l’accesso all’esenzione o alla riduzione della contribuzione.
  • Un’altra prassi rilevata in diversi comuni italiani è l’esclusione dal servizio di refezione dei bambini in caso di morosità dei genitori. Tra i comuni monitorati si segnalano ad esempio Brescia, Ancona, Salerno e Palermo.

“In questo modo le eventuali responsabilità degli adulti vengono scaricate sui bambini”, commenta ancora Raffaela Milano. “E’ certamente giusto chiedere conto a quei genitori che approfittano di agevolazioni senza averne la necessità, ma la rivalsa nei confronti degli insolventi può essere fatta in altre forme, senza coinvolgere i bambini. . Diciamo no a rappresaglie sui bambini”.

E un’analisi più ampia viene riservata da Save the Children ai Comuni di Brescia e Vigevano che si segnalano per la compresenza di una serie di misure che, sommate, colpiscono proprio i bambini più svantaggiati.

“Sia a Brescia che a Vigevano non è prevista esenzione dalla contribuzione, fatte salve le famiglie segnalate dai servizi sociali. In particolare a Brescia la quota minima mensile per il servizio è di 66,50 ”, spiega Antonella Inverno. “I non residenti sono tenuti al pagamento della quota massima, che è di 136,80 E mensili e i bambini dei genitori morosi vengono esclusi dall’accesso alla mensa”.

Nel caso di Vigevano, i bambini figli di genitori non in regola con le rette, sono stati collocati in una stanza separata dove consumare il pranzo portato da casa.

Per tutti questi motivi, Save the Children chiede che tutte le scuole, a partire da quelle dei territori più svantaggiati, siano dotate di una sala mensa dove poter condividere il pranzo, garantendo l’accesso gratuito e non discriminatorio al servizio alle fasce più deboli. E’ necessario poi estendere a tutti i comuni una misura anticrisi elementare come quella di consentire a chi ha perso il lavoro di modificare la sua fascia di contribuzione alla mensa, senza basarsi sui redditi dell’anno precedente.

Per saperne di più

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