Costo zero, risorse scarse, coperture incerte. Il governo non scommette per ora sul denaro in arrivo dall'allentamento del patto di stabilità comunitario, dopo l'eventuale chiusura della procedura per deficit eccessivo. Così, dopo il rebus dell’Imu e quello dell’Iva (ancora da sciogliere), già si delinea la partita delle misure sul lavoro. Sulle quali, a dispetto degli annunci, probabilmente non sarà possibile investire le risorse attese.

Giuseppe Latour


Difficile raccogliere 12 miliardi

L’ammissione è arrivata per bocca del ministro del Welfare Enrico Giovannini, nel corso dell’incontro di mercoledì con le parti sociali. Parlando dei 12 miliardi attesi sul capitolo lavoro, da liberare proprio grazie all’allentamento dei vincoli sul deficit, l’ex presidente dell’Istat ha ammesso candidamente: “La vedo difficile”. Precisando che, comunque, gli interventi del governo non saranno a costo zero.


La dura realtà dei bilanci

La realtà dei saldi di bilancio al momento è durissima. Lo ha detto il decreto Imu, nel quale praticamente non sono state impiegate risorse fresche ma sono stati redistribuiti fondi già disponibili in alcuni capitoli di spesa. Lo sta ribadendo la vicenda dell’Iva: per rinviare l’aumento servono due miliardi di euro a luglio e l’esecutivo non riesce a trovarli. Addirittura, si sta valutando un micro-rinvio a ottobre 2013, ottenuto rastrellando la miseria di un miliardo tramite tagli alla spesa.


Il piano Giovannini

In questa situazione drammatica Giovannini sta lavorando sul dossier dell’occupazione giovanile, sul quale nel corso dell’estate sono attesi avanzamenti sostanziosi. Se ne parlerà a fine giugno durante il Consiglio europeo e se ne discuterà ancora nel corso di una riunione straordinaria dei ministri del Lavoro, convocata per il 3 luglio a Berlino. Due appuntamenti nei quali l’Italia dovrà rastrellare qualche risorsa extra, altrimenti i suoi piani di azione rischiano di restare al palo.


Le misure a costo zero

Così Giovannini sta ragionando su un piano modulare, composto di diversi pacchetti di misure, attivabili a seconda del livello di risorse che sarà possibile raccogliere. C’è una larga parte di interventi a costo zero: misure normative che servono per fluidificare il mercato. E’ il caso della riduzione dei tempi tra un contratto di lavoro a termine e l’altro. Secondo la riforma Fornero il tempo minimo è di 30 giorni, i tecnici del ministero vorrebbero tagliarlo a dieci. Stesso discorso sull’apprendistato, dove dovrebbe saltare il vincolo di assumere almeno metà degli apprendisti. Senza spendere nulla, poi, sarebbe possibile ritoccare la disciplina degli ammortizzatori sociali, limitando quelli in deroga e, magari, recuperando qualche risorsa.


Gli investimenti necessari

Tutto il resto è appeso a coperture che, almeno per ora, non ci sono. Il menù è ampio (e costoso). Si parte dalla staffetta generazionale, il meccanismo che consente l’avvicendamento di lavoratori anziani con impiegati più giovani, si passa per la riorganizzazione dei centri per l’impiego, si arriva alla defiscalizzazione dei primi assunti. Tutte misure sulle quali serve investire molto: per qualcuno sette/otto miliardi, per altri addirittura dieci/dodici.


Serve una deroga da Bruxelles

I destini italiani, in questa fase, appaiono allora legati totalmente all’Europa. Il nostro deficit per il 2013 è al 2,9%: senza deroghe o concessioni di qualche tipo non sarà possibile investire senza sfondare il tetto del 3 per cento. E, in caso di chiusura della procedura di infrazione, le deroghe non scattano in automatico ma vanno negoziate. C’è il rischio che, almeno fino alle elezioni tedesche, Bruxelles sia comunque poco propensa ad allargare i cordoni della borsa.

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