Diritti umani. Non è un mondo migliore quello che viene fotografato da Amnesty International nel rapporto annuale 2013 pubblicato oggi che descrive la situazione dei diritti umani in 159 Paesi e territori, nel periodo tra gennaio e dicembre 2012. L’80% di questi ha torturato o maltrattato i propri cittadini mentre ben 101 Stati hanno represso il diritto alla libertà di espressione. Globalmente, nella metà dei Paesi esaminati si sono svolti processi iniqui mentre i diritti dei 214 milioni di migranti “non sono stati protetti né dai loro governi né dagli Stati in cui si sono trasferiti”. La mancanza di un’azione globale a favore dei diritti umani e l’incapacità del Consiglio di sicurezza dell’Onu di attuare azioni internazionali e politiche unitarie in caso di conflitti fa sì che siano sempre di più i milioni di persone in fuga dai propri Paesi.

Ne è una dimostrazione la Siria: sono un milione e 400 mila i siriani rifugiati all’estero e 4 milioni gli sfollati interni. Lo scorso anno il mondo è stato a guardare mentre le forze di sicurezza di Damasco continuavano a compiere attacchi indiscriminati e mirati contro i civili.

“Il rispetto per la sovranità degli stati non può essere usato come scusa per non agire. Il Consiglio di sicurezza deve adoperarsi per fermare gli abusi che distruggono le vite umane e costringono le persone a lasciare le loro case. Deve farlo, rigettando la teoria, ormai logora e moralmente corrotta, che gli omicidi di massa, la tortura e le morti per fame non devono riguardare nessun altro Stato” dice la direttrice generale della sezione italiana di Amnesty Carlotta Sami.

Di fronte al crescere dei migranti aumenta il numero dei Paesi che adottano norme per il controllo dell’immigrazione. “Nel 2012 — scrive Amnesty — è stato più difficile per i rifugiati varcare le frontiere che per le armi alimentare la violenza nei luoghi dai quali cercavano di allontanarsi”. La speranza è che l’adozione, quest’anno, di un Trattato delle Nazioni Unite sul commercio delle armi possa fermare questa vergogna.

Nell’Unione europea, Italia in prima fila, prende sempre più piede una retorica populista secondo la quale rifugiati e migranti sono responsabili delle difficoltà in cui s’imbattono i governi nazionali. Ma la crisi non può essere un alibi. «Anche le violazioni dei diritti umani costano e spesso più della loro tutela» ci ricorda Antonio Marchesi, presidente dell’associazione in Italia. I casi di feminicidio, di omofobia, di xenofobia e la disastrosa situazione delle carceri vanno affrontati subito. “In Italia – dice sempre Marchesi – c’è una progressiva erosione dei diritti umani, ritardi e vuoti legislativi non colmati, violazioni costanti e forse in aumento». Al governo Letta, dunque, il compito di approvare quel pacchetto di riforme proposto da Amnesty e sottoscritto dai maggiori partiti in campagna elettorale.

di Monica Ricci Sargentini

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