Il ministro del Lavoro Giovannini ha buone probabilità di diventare tra i ministri della Repubblica il primo "economista civile", ovvero il primo uomo di governo che in questa stagione politica applica nelle sue previsioni e decisioni un approccio che sa andare oltre il riduzionismo economicista che affligge il pensiero economico tradizionale nelle sue tre ben note dimensioni: l’uomo, l’impresa e il valore. Tutte e tre sono e possono, infatti, essere molto di più di quanto affermi il pensiero dominante. La razionalità del "noi", il capitale sociale e l’energia delle relazioni possono aumentare di gran lunga la soddisfazione di vita e la fertilità economica e gran parte delle relazioni individuali (e persino tra Paesi) si svolgono in situazioni dilemmatiche dove cooperazione e spirito di squadra sono fondamentali per superare opportunismi e crisi di fiducia paralizzanti.
Per fare qualche semplice esempio, la qualità di relazioni di un gruppo di genitori di bambini che frequentano la stessa scuola mette a disposizione di ciascuno una ricchezza di tempo che è anche ricchezza economica e può risolvere molti problemi e contrattempi. Così una famiglia allargata dove più soggetti lavorano è in grado di assorbire choc e ridurre il rischio povertà a cui il singolo isolato è molto più soggetto. La biodiversità organizzativa è un campo di gioco livellato, dove le imprese socialmente responsabili possono operare, prosperare e sono fondamentali per creare valore economico in modo anche ambientalmente e finanziariamente sostenibile. E la "ricchezza delle nazioni" non è il Pil, ma lo stock dei beni economici, ambientali, culturali e spirituali di cui una determinata comunità può disporre.
Che cosa vuol dire tutto questo in concreto passando dalla "filosofia" alla pratica di governo soprattutto in un campo così delicato e concreto come quello del lavoro e del welfare? Capire, innanzitutto, che l’approccio massificato e standardizzato che considera l’individuo come "monade" passiva che riceve costose prestazioni da un welfare impersonale non ci aiuta ad esprimerne tutte le potenzialità. Capire che un contratto di solidarietà che riduce per tutti le ore di lavoro invece che licenziare centinaia di lavoratori in grandi imprese e sottoporli all’umiliazione di un sussidio che non compensa affatto la perdita di dignità è infinitamente migliore da un punto di vista umano ed economico perché evita il costo drammatico della disoccupazione, distribuisce su tutti una perdita economica sopportabile invece di concentrarla solo su alcuni, crea uno spirito di solidarietà tra i dipendenti liberando tempo "non di lavoro" che può essere usato per le relazioni. Capire che in tema previdenziale l’uguaglianza assoluta delle modalità di pensionamento, che non tiene conto dell’eterogeneità delle preferenze e delle condizioni di lavoro è disumana oltre che niente affatto ottimale. Abbiamo mai pensato, da questo punto di vista, al fatto che ci sono persone che non andrebbero mai in pensione perché amano il loro lavoro e altre che non vedono l’ora di dedicarsi ad altro? È per questo motivo che bisogna incentivare in tutti i modi forme flessibili di pensionamento dove, con gli opportuni premi e penalizzazioni necessari per assicurare l’equilibrio di bilancio, i primi e i secondi possano scambiare (non direttamente ma tramite lo Stato) anni di lavoro e di pensione. Se esiste un modo per collegare una persona che vorrebbe lavorare due anni in più e una che vorrebbe lavorare due anni di meno, mantenendo in aggregato lo stesso numero di anni di lavoro, questo modo andrebbe trovato. Chiamiamola «matematica solidale». E rendiamoci conto che è possibile.
Anche perché, come richiama la linea abbozzata dal governo, la solidarietà oltre che "orizzontale" può essere "intergenerazionale" attraverso contratti di inserimento lavorativo di giovani con copertura economica assicurata dal passaggio in part-time di chi è vicino alla pensione fino ad arrivare a vere e proprie forme di tutorato dei lavoratori anziani ed esperti verso i nuovi colleghi. Anche questo tipo di intervento oltre ad essere economicamente vantaggioso è umanamente e socialmente intelligente.
Dobbiamo continuare a sforzarci di cercare circoli virtuosi che mettano in moto in maniera intelligente l’energia della solidarietà e delle relazioni aumentando fertilità sociale ed economica. Se le risorse sono poche vanno usate con parsimonia per attivare responsabilità e accrescere la ricchezza del tessuto delle relazioni. Abbiamo bisogno sempre di più, sulla scia di questi esempi, di fantasia e intelligenza in grado di connettere solidarietà, relazioni, capitale sociale e meccanismi economici. Le prime proposte del ministro del Lavoro da questo punto di vista sono di buon auspicio. Attendiamo conferme.
Leonardo Becchetti