Un documento della Presidenza Nazionale: lavoro, questione etica e riforma della politica le prioritàIl
nuovo quadro politico che si è delineato in seguito alla rielezione di
Giorgio Napolitano al Quirinale e alla formazione del Governo guidato
da Enrico Letta, è comprensibile e giustificabile solo considerando
l'esito del voto delle scorse elezioni politiche di febbraio.
Dal
voto è uscito un quadro assai preoccupante. Il numero degli elettori
astenuti alla Camera (11.634.803) è stato superiore ai voti riportati
dalla coalizione prima classificata Pd-Sel (10.047.603) i cui consensi
non sono arrivati ad un quarto del corpo elettorale e neanche ad un
terzo dei voti validi.
L'esito del voto ha prodotto tre minoranze:
centro sinistra, centro destra, Movimento Cinque Stelle, a cui va
aggiunto un quarto polo minore costituito da Scelta Civica. Nessuna
maggioranza sarebbe stata possibile al di fuori dell'alleanza fra almeno
due dei tre maggiori partiti: M5S, PD, PDL.
Il governo che si è
costituito, sebbene rappresenti una soluzione temporanea di compromesso
in nome dell'emergenza fra due forze politiche alternative, è pienamente
legittimato.
Le Acli condividono la linea europeista di
responsabilità nazionale indicata dal presidente Giorgio Napolitano alla
luce di quelle che erano le opzioni praticabili dopo il voto di
febbraio. La politica è l'arte del possibile e le utopie marciano con le
gambe degli uomini, giorno per giorno. Allo spettro
dell'ingovernabilità del Paese occorreva dare una risposta. E quello che
si è costituito è risultato essere l'unico governo possibile alla luce
dei risultati delle scorse elezioni politiche.
Un dato politico
riconosciuto con chiarezza anche dal Partito Democratico che con
l'elezione alla segreteria di Guglielmo Epifani sembra aver compiuto una
chiara scelta di responsabilità verso il governo Letta, aver affermato
la priorità della questione lavoro e ribadito il carattere plurale di
questo partito, che è ciò che permette a quei cattolici democratici che
lo ritengano, nella autonomia delle opzioni politiche, di poter guardare
con attenzione o di militare nel Pd.
Per queste ragioni le Acli
esprimono soddisfazione per la formazione del governo guidato da
Enrico Letta, un governo che si presenta forte in Europa nel chiedere
l'allentamento dell'austerità in favore della ripresa, composto da
personalità stimate e competenti, con un buon equilibrio fra uomini e
donne, e con la novità di un ministro per l'Integrazione, Cécile Kyenge
cui va la solidarietà delle Acli per i reiterati ed inqualificabili
attacchi subiti.
L'auspicio è che il nuovo esecutivo possa avere
la durata necessaria ad affrontare le priorità attorno a cui è nato e
di cui il Paese ha estremo bisogno: l'emergenza economica e sociale in
particolare del lavoro, il recupero di credibilità della politica e la
centralità dell'etica, l'inderogabilità delle riforme istituzionali.
La
riforma della legge elettorale costituisce la prima e più importante
tra le riforme istituzionali. Le Acli si impegnano a costruire un loro
contributo su tale materia nella direzione del superamento della logica
dello scontro perenne che ha caratterizzato la seconda repubblica, e
nella direzione di un rilancio della democrazia dell'alternanza sulla
base di progetti politici diversi per i quali le forse simili ed
omogenee si possano aggregare senza più esser costrette a mettere
insieme tutto, anche ciò che insieme non può stare.
Le Acli,
infine, esprimono la loro preoccupazione per il dilagare dei populismi,
che sono indice di un profondissimo disagio sociale causato dalla crisi e
dagli evidenti limiti manifestati dalla politica nella seconda
repubblica.
Ma la risposta alla crisi della politica non può essere
il "pilota automatico" virtuale, nè le pericolose illusioni della
democrazia diretta che contengono in sé i germi del totalitarismo e sono
incapaci di riconoscere l'autonomia ed il protagonismo della società
civile e la preziosa funzione per la democrazia esercitata dai corpi
sociali intermedi.
La politica è dialogo e mediazione. Chi rifiuta a
priori la possibilità di accordi non è pienamente inserito nella vita
democratica.