Il 26 maggio prossimo a Bologna si terrà un referendum consultivo riguardante le scuole dell’infanzia operanti sul territorio cittadino. Tuttavia, da tema locale apparentemente marginale, le questioni dibattute nel capoluogo emiliano sono arrivate ad ottenere una risonanza nazionale, tanto da essere divenute oggetto di una interrogazione parlamentare. In questo breve dossier vi spieghiamo quello che sta succedendo a Bologna e perché interessa tutto il Paese e il sistema scolastico in generale.

di Lorenzo Bandera


Cosa chiede il quesito referendario

Il quesito del referendum del 26 maggio è così formulato:

Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
A) utilizzarle per le scuole comunali e statali
B) utilizzarle per le scuole paritarie private.

Una prospettiva secca, che chiede al votante di esprimersi pro o contro i finanziamenti alle scuole paritarie dell’infanzia che, ormai da parecchi anni, sono convenzionate con il Comune di Bologna. La formulazione del quesito, giustamente sintetica, non chiarisce tuttavia le diverse questioni in gioco e il contesto in cui questa domanda viene posta. Brevemente cerchiamo dunque di inquadrare i punti focali della discussione.


Il sistema integrato delle scuole dell’infanzia di Bologna

Nel 1994 a Bologna è stato avviato un sistema pubblico unitario di scuole dell’infanzia gestito da soggetti diversi, ovvero Comune, Stato ed enti non profit. L’anno seguente, attraverso la legge regionale 52/1995, la Regione Emilia Romagna ha riconosciuto il sistema integrato di Bologna sottolineandone l’ “obiettivo di realizzare un sistema integrato delle scuole dell'infanzia basato sul progressivo coordinamento e sulla collaborazione fra le diverse offerte educative, in una logica di qualificazione delle stesse che sappia valorizzare competenze, risorse e soggetti pubblici e privati” (art. 1, c. 2bis), i cui presupposti sono poi stati confermati anche dalle l.r. 10/99 e dalla l.r. 26/2001.

Attualmente il sistema integrato bolognese, come mostrano i dati del Comune (tab.1), è costituto da 122 scuole d’infanzia di cui 70 scuole comunali paritarie, 25 scuole statali e 27 scuole private paritarie. Nell’anno scolastico 2012/2013 risultano iscritti 8.584 bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni così suddivisi: 5.272 presso scuole comunali, 1.582 presso scuole statali, 1.730 presso le suole private paritarie.

Tab.1: I numeri della scuola d'infanzia a Bologna, a.s. 2012/2013, aggiornati al 01.03.2013

I dati dimostrano come l’ente comunale sia fortemente impegnato nella gestione diretta delle scuole dell’infanzia, un settore dell’istruzione in cui non vige il principio dell’obbligatorietà e in cui, come noto, lo Stato non è mai intervenuto applicando policies decise e strutturate. Come mostra anche la figura 1, il Comune di Bologna ha creato un modello fortemente legato alle scuole paritarie comunali (ben il 61% dell’offerta complessiva), capace di rispondere negli anni alle esigenze di una popolazione che vede un costante aumento del segmento 0-5 anni e alla scarsa presenza di istituti statali. Laddove lo Stato latita, dunque, è stato il Comune a intervenire creando un sistema che lo vede protagonista, in cui è tuttavia prevista la presenza di altri soggetti, statali e privati non profit, che lo affiancano nella fornitura del servizio.

Fig.1: Distribuzione scuole d’infanzia in Italia, Emilia Romagna e nel Comune di Bologna


Risorse: quante, a chi, perché

Ogni anno il comune di Bologna investe una parte consistente del suo bilancio per finanziare il sistema educativo cittadino. Nel 2011 queste risorse ammontavano a circa 127 milioni di euro, il 24% del bilancio comunale. Di questi, € 37.762.817 sono stati destinati al sistema intergrato della scuola d’infanzia. Nello specifico (tab 2.): € 35.504.454 sono stati destinati alle paritarie comunali, € 1.116.000 alle paritarie private, € 1.423.263 alle scuole d’infanzia statali.

Il Comune impegna gran parte delle risorse a sua disposizione per la gestione delle proprie scuole (94.1%) e destina una minima quota delle stesse alle scuole paritarie convenzionate (2.9%) e alle scuole statali (3%). Occorre sottolineare che il Comune di Bologna, a differenza di molti altri comuni della Penisola, ha scelto di non imporre tariffe legate ai servizi forniti dalle scuole dell’infanzia comunali. Se infatti le scuole dell’infanzia statali sono gratuite per legge, le scuole gestite dai comuni hanno invece facoltà di chiedere all’utenza il pagamento di quote di iscrizione e/o di rette, e queste sono solitamente determinate col sistema ISEE previsto dalla legislazione nazionale. Il Comune offre pertanto il servizio gratuitamente.

Tab.2: Distribuzione delle risorse alle scuole d’infanzia, a.s. 2012/13.

La parte destinata alle scuole paritarie private viene utilizzata, oltre che per coprire parte delle spese di funzionamento, per la formazione degli insegnanti, lo sviluppo di progetti di qualificazione e coordinamento pedagogico, il perseguimento dell’equità tariffaria e all’integrazione gestionale del sistema cittadino. Similmente le risorse indirizzate verso le scuole statali operanti sul territorio cittadino sono destinate, oltre a coprire le spese di funzionamento, per la formazione degli insegnanti, per il completamento delle sezioni statali a tempo parziale, per sviluppare progetti di qualificazione e coordinamento pedagogico, per la gestione unificata delle iscrizioni. Le risorse destinate alle scuole statali e paritarie private, dunque, vengono utilizzate per garantire una maggiore omogeneità e qualità del servizio, in modo che l’offerta educativa possa essere simile in tutte la scuole d’infanzia cittadina. Dal 2007 le risorse destinate alle paritarie private sono stabilite sulla base di un monitoraggio effettuato dall’istituzione comunale che, valutando la qualità dell’offerta educativa, l’equità tariffaria e l’integrazione nel sistema cittadino, provvede all’erogazione nei confronti dell’istituto scolastico.


Il valore aggiunto del sistema integrato bolognese

Nonostante il difficile momento economico il Comune di Bologna sta continuando a investire in un servizio, riconosciuto di qualità da diversi osservatori, capace di rispondere alla quasi totalità delle richieste espresse dai cittadini. Bisogna tuttavia considerare come questo risultato importante sia reso possibile anche grazie all’apporto offerto dalle realtà del privato sociale, coinvolte dall’attore pubblico nel sistema integrato. Il sistema delle convenzioni, come attestano anche altri modelli che si sono sviluppati o si stanno sviluppando in diverse parti Italia, si sta infatti dimostrando capace di offrire servizi di qualità a fronte di una spesa complessiva sicuramente inferiore a quella che il soggetto pubblico si troverebbe ad affrontare se fosse il gestore unico del sistema.

Il caso di Bologna appare in questo caso emblematico. Esaminando i dati del Comune si può vedere come la spesa per ogni bambino iscritto presso le scuole paritarie comunali sia, mediamente di € 6.912. Per le scuole paritarie private, invece, la cifra è pari a € 657, per le statali € 710. Come detto, il comune nelle proprie scuole d’infanzia ospita 5.272 bimbi mentre le paritarie private ne accolgono 1.730. Dati alla mano, questo significa che il Comune, pur erogando alle private solo il 3% di quanto destinato al sistema integrato, sostiene un servizio che copre oltre il 20% dell’utenza totale.

Fig.2: Iscrizioni, spesa tot. e spesa pro capite sostenuta dal Comune per sist. integrato (a.s 2012/2013).

E’ un dato sicuramente interessante, e c’è da chiedersi quali potrebbero essere le conseguenze se quel 2.9% (€ 1.116.000), come proposto da Referendum, non fosse più destinato alle scuole paritarie private ma reindirizzato verso le scuole statali e comunali. A subire il danno più grave sarebbero probabilmente, oltre che le scuole paritarie private, gli stessi cittadini bolognesi. La cancellazione dei contributi alle scuole private, infatti, potrebbe comportare l’aumento delle rette annuali, la diminuzione delle iscrizione e, conseguentemente, la chiusura di alcuni istituti. Da un lato questo significherebbe una minore possibilità di scelta da parte degli utenti, dall’altra una diminuzione dell’offerta formativa sia in termini di quantità che di qualità.

Dal punto di vista quantitativo un aggravio delle rette, che in linea teorica potrebbe essere pari ai 657 euro attualmente garantiti dal Comune, potrebbe infatti portare molti genitori a non potersi più permettere una scuola d’infanzia privata e, contemporaneamente, potrebbe costringere diverse scuole gestite da enti non profit a dover chiudere i battenti.

Ammettendo che la maggior parte degli istituti privati riesca comunque a reggere il colpo, se anche solo il 10% dei posti attualmente garantiti dalle scuole d’infanzia paritarie private venisse meno appare difficile che il Comune possa continuare a offrire il medesimo servizio.

Con il milione “risparmiato” il Comune, alla luce delle spese medie per bambino attualmente sostenute, in linea teorica potrebbe infatti creare al massimo 161 nuovi posti, comunque inferiori ai 170 (10%) offerti attualmente dalle private paritarie.

Dal punto di vista qualitativo, la scomparsa delle risorse destinate alla formazione degli insegnanti, allo sviluppo di progetti di qualificazione e coordinamento pedagogico e al perseguimento dell’equità tariffaria potrebbe portare a offerte formative divergenti tra le scuole appartenenti al sistema integrato.


Ripensare il concetto di “pubblico”

Il Referendum di Bologna si riferisce a un caso particolare e territorialmente limitato, ma permette di formulare anche alcune brevi riflessioni dal respiro più ampio. In primo luogo occorre pensare al modello verso cui il sistema scolastico del Paese dovrà orientarsi nei prossimi anni. Anche se il nuovo governo di recente si è impegnato pubblicamente a non diminuire ulteriormente le risorse destinate a scuola, università e ricerca, è indubbio come occorra pensare a un modello che favorisca lo sviluppo di sinergie positive tra pubblico e privato non profit per far fronte alle crescenti difficoltà del sistema scolastico.

La legge 62/2000 (la c.d. legge Berlinguer), in attuazione dll'articolo 33 della Costituzione, ha sancito che il sistema nazionale di istruzione è costituito da scuole statali e da scuole paritarie, che comprendono sia le scuole degli enti locali che gli enti privati non profit (art.1, c.1). La legge, dunque, riconosce espressamente che tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione svolgono un servizio pubblico, e prevede la possibilità di sostenerle attraverso Regioni e Comuni (art. 1, c. 9).

Tuttavia il sistema sviluppato grazie alla 62/2000 è spesso osteggiato perché visto come un indebolimento del sistema scolastico statale in favore dei privati. Occorre, forse, ripartire proprio dal concetto stesso di “pubblico” per comprendere il reale contributo garantito dalle scuole paritarie al mantenimento del sistema scolastico nazionale, identificandolo come qualcosa che, accessibile a tutti, fornisce un beneficio alla collettività.

Il caso di Bologna infatti, come molti altri presenti in Italia, dimostra come la collaborazione tra istituzioni pubbliche e realtà del privato sociale operanti nel settore educativo possa determinare modelli positivi, che permettono il rispetto dei vincoli di bilancio senza rinunciare a sistemi educativi efficienti ed efficaci, in'ottica di secondo welfare che non può più essere ignorata.

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