Mentre mi accingo a scrivere il pezzo per la Rivista del Trekking, mi capita tra le mani un articolo di Luciano Gallino su Repubblica che inquadra il drammatico tema del lavoro sotto una lente molto vicina alle mie riflessioni e alla linea editoriale. In sostanza dopo aver analizzato, studi alla mano, i vari fallimenti di tutte le illusorie prospettive degli ultimi decenni sul rapporto tra progresso tecnologico e nuova occupazione, Luciano Gallino dice che se l'Italia vuole tornare ad un tasso di disoccupazione sopportabile dal punto di vista sociale e quindi scendere molto al di sotto del 12 per cento attuale, ha estremo bisogno di un grande piano nazionale condiviso tra tutti i livelli istituzionali.
Come andiamo dicendo anche su queste pagine da tempo, la prospettiva è quella di creare "posti ad alta intensità di lavoro"- io direi occupazione. E qui giù un elenco di proposte che noi camminatori e conoscitori dal basso del Belpaese, andiamo illustrando da tempo e che possiamo sintetizzare in un punto: la grande opera della manutenzione ordinaria del territorio (sistemazione delle perdite insopportabili negli acquedotti, ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente per renderlo efficiente dal punto di vista energetico, presidio dei territori montani per rimettere in piedi le piccole opere che curano il paesaggio, ecc. ).
Quello che a nome di tutti gli operatori di turismo ambientale, sento di dover far inserire in un possibile grande "Piano dell'Occupazione" è lo sviluppo delle nuove forme di turismo a basso impatto ambientale che ribaltino la vecchia logica dei grandi alberghi, dei mega residence e delle seconde case costruite a danno del paesaggio (le piccole attività diffuse come dice Don Ciotti sono anche un argine alle infiltrazioni della criminalità organizzata).
I "turismi", il plurale in questo settore è fondamentale se vogliamo rilanciare in modo strategico il settore, devono essere legati alle nuove esigenze individuali e collettive di una società che, anche a causa della crisi socio-economica, ha bisogno di spazio e tempo liberi per ricreare un benessere psico-fisico spesso fortemente compromesso. Visto lo spazio ridotto di un articolo non posso approfondire i vari punti ma una provocazione per aprire un dibattito costruttivo voglio lanciarla ai decisori politici ed istituzionali. Prendiamo in mano il futuro dell'Italia magari facendo, come dice Ermete Realacci, quello che sapevamo fare meglio di tutti e cioè prenderci di nuovo cura del territorio e valorizzarne le vocazioni territoriali facendo sposare tradizione ed innovazione.
Oggi sono tante le piccole imprese che rinascono sposando la responsabilità sociale ed ambientale verso il territorio di appartenenza e da li ripartono per lanciare innovazioni straordinarie in tutto il mondo. L'Italia ha tutte le carte in regola per rinascere solo se saprà, oltre a quanto detto sopra, costruire una vera alleanza tra la cultura urbana ed un nuovo modello di insediamento rurale che i tanti giovani che hanno voglia di riprendersi cura del territorio stanno cercando di fare mettendo a disposizione nuove professionalità e sperimentando innovative forme di occupazione ( non a caso parlo di occupazione e non di lavoro). La politica e le istituzioni non devono fare altro che prendere atto di queste creatività diffuse ed inserirle in un vero Piano Strategico; la legge sui Piccoli Comuni andava in questa direzione, magari intanto ripartiamo da li che ne dite? Vogliamo anche riprendere una seria politica sulle aree interne?
- Riceviamo e pubblichiamo -. Paolo Piacentini, presidente nazionale Federtrek