Cosa significa l’Europa per i giovani e le aziende del nostro Paese. L’Ue sembra lontana, ma spesso si può toccare con mano nelle esperienze di lavoro e di impresa.

Due storie per raccontare l’incidenza dell’Europa nella vita di tutti i giorni. Il caso di un’impresa di Varese, che misura i vantaggi della moneta unica nella produzione e nel commercio dei suoi prodotti. E poi la voce di Alessandra, 29enne di Ascoli Piceno, che grazie ai progetti di formazione dell’Ue ha imparato tre lingue e si è scoperta “europea”. Come tanti altri giovani della sua età.

Lidia Baratta e Silvia Favasuli


“Scopro i vantaggi dell’Ue quando vendo in Giappone”

di Silvia Favasuli

Alfredo Copelli, 31 anni, è il direttore dell’ufficio commerciale di una piccola azienda metalmeccanica del varesotto. Ma ogni volta che stipula un contratto con un cliente giapponese o prova a inviare in Russia un tecnico per aggiustare parti di macchine vendute ai clienti di San Pietroburgo, tocca con mano quello che è per un’impresa l’Ue.


“Siamo europei ma l’Italia non ci prepara a esserlo”

di Lidia Baratta

Da poco più di un anno Alessandra ha deciso di fermarsi in Italia per cercare lavoro. Nel suo bagaglio, tre progetti di formazione europei: Erasmus all’Università di Leed, Gran Bretagna; Leonardo a Valencia, Spagna; e, ciliegina sulla torta, borsa di studio Schuman con un tirocinio al Parlamento europeo. Dell’Italia dice: «Né la scuola, né l’università mi hanno preparato a queste esperienze, dalla conoscenza delle lingue a quella del funzionamento delle istituzioni di Bruxelles».

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