Le difficoltà dei comuni e i nuovi bisogni del cittadino
È facile partire oggi dalla constatazione che il welfare state tradizionale sia visibilmente in crisi, mentre risulta più complicato individuare soluzioni innovative e soprattutto durevoli che facciano fronte alle attuali difficoltà. Queste ultime sono per lo più dovute ad un contesto in cui si osserva, da una parte, l’attribuzione di sempre maggiori competenze e responsabilità agli enti locali mentre, dall’altra, l’impossibilità, per questi, di disporre di maggiori risorse per potervi adempiere adeguatamente. Tutto ciò si realizza nonostante l’attuazione del federalismo municipale e in seguito ai sempre più restrittivi vincoli di finanza pubblica imposti dal Patto di Stabilità Interno, al quale conseguono maggiori limitazioni alla spesa locale, tagli ai trasferimenti erariali, riduzione dei fondi nazionali per gli interventi sociali, ridimensionamento dei servizi pubblici e innalzamento delle tariffe.
Ulteriori difficoltà si riscontrano anche dal lato della società civile, dove si osserva il costante aumento della domanda di beni e servizi sociali, conseguente all’affermarsi di sempre nuovi bisogni che derivano dall’invecchiamento della popolazione, dalla precarietà sul lavoro e dall’individualismo, per il quale, in un mondo globalizzato, l’individuo è sempre più isolato e vengono meno le relazioni di vicinato, il sostegno reciproco e la fiducia.
La crisi del welfare state così delineata e le crescenti difficoltà degli enti locali nel rispondere adeguatamente alle mutate esigenze dei propri cittadini, in un contesto caratterizzato dalla scarsità di risorse, sono state affrontate per lo più attraverso un drastico ridimensionamento della spesa pubblica, esternalizzazioni e privatizzazioni. Si tratta, tuttavia, di soluzioni prive di ambizione ed innovazione, le quali non apportano benefici nel lungo periodo ed, inoltre, sono caratterizzate da un arretramento del pubblico ancora influenzato dalla pretesa di mantenere un forte grado di controllo e discrezionalità sull’attività svolta dal privato esercente funzioni di utilità pubblica. A titolo esemplificativo, si evidenzia il caso dello sviluppo del sistema di accreditamento per le strutture private, in particolar modo nel settore della sanità, a partire dalla legge 8 novembre 2000, n. 328. L’accreditamento è, infatti, un atto discrezionale di ammissione del privato nella rete degli erogatori di servizi pubblici, il quale prevede la conformità dell’attività privata a requisiti standard di funzionalità e di qualità definiti dall’attore pubblico. Si tratta, dunque, di uno strumento attraverso il quale gli enti pubblici attribuiscono dall’alto funzioni amministrative ai privati, i quali sono tenuti così a svolgerle nel rispetto degli obiettivi, dei criteri e delle modalità fissate dall’Amministrazione. La definizione degli standard qualitativi e delle condizioni di erogazione comportano una forte discrezionalità dalla pubblica autorità, la quale è così autorizzata ad intervenire nella regolazione dell’attività privata, al fine di definire le prestazioni e regolamentando il comportamento dei produttori e dei fornitori del servizio.
Il privato sociale e il nuovo welfare
Una soluzione convincente alle difficoltà sopra riscontrate nasce dal basso della società civile, nell’ambito di una corretta implementazione del principio di sussidiarietà orizzontale e dall’azione del c.d. privato sociale, attraverso la proposta di iniziative private innovative, ideate e promosse da enti della società civile i quali, riconoscendo la rigidità e lo stallo degli enti pubblici, decidono di perseguire autonomamente e spontaneamente i propri bisogni, nel rispetto dell’interesse generale, affiancandosi e mai sostituendosi all’attività svolta, entro i suoi limiti, dalla Pubblica Amministrazione. Si tratta di un nuovo welfare basato sulla fattiva collaborazione tra pubblico e privato; un nuovo sistema sociale integrato di erogazione di servizi, caratterizzato da investimenti e finanziamenti sia pubblici che privati e dall’azione di una molteplicità di attori istituzionali e non, collegati tra loro da reti di condivisione di risorse o partnership.
La valenza fondamentale di tale sistema di collaborazione consiste nella possibilità di integrare l’azione pubblica, associandovi nuovi programmi di intervento nei settori in cui i servizi offerti dal mercato privato e dal settore pubblico scarseggiano o non risultano accessibili a tutti, mirando così a colmare il gap creatosi tra Stato e mercato. Dunque, indispensabile è il coinvolgimento degli enti della società civile operanti nel privato sociale, cioè l’insieme di tutti quei soggetti privati che svolgono per lo più attività di natura economica, producendo beni e servizi senza avere come obiettivo primario il profitto, bensì il perseguimento dell’interesse collettivo. Innovativo è l’affermarsi di tali soggetti nell’ambito della cosidetta Venture Philanthropy, cioè una nuova filosofia di impresa fondata sulla promozione di imprese che producono elevato impatto sociale, rinunciando al ritorno economico dei finanziamenti erogati.
Il nuovo approccio della Venture Philanthropy
L’European Venture Philanthropy Association (EVPA) definisce la Venture Philanthropy come una metodologia volta a costruire organizzazioni sociali più solide, fornendo loro sostegno di tipo sia finanziario che non finanziario, al fine di incrementarne il loro impatto sociale. Dunque, si tratta sostanzialmente di imprese di investimento sociale, le quali, spinte da motivazioni diverse, finanziano organizzazioni che perseguono obiettivi di utilità sociale secondo modalità precise, costanti e durature. Infatti, l’investimento sociale, a differenza di un tradizionale sistema di finanziamento basato su donazioni brevi e di piccola entità, che impedisce un reale sviluppo e una crescita costante e di effettiva eccellenza, implica una strategia di investimento completa i cui elementi cardine sono la valutazione dell’investimento iniziale, la pianificazione programmatica della strategia di uscita, la sostenibilità e l’autonomia dell’organizzazione finanziata e il trasferimento a questa di competenze organizzative e manageriali in maniera strutturata e continuativa.
Dunque, le caratteristiche fondamentali che distinguono la Venture Philanthropy, così come indicate dalla EVPA, sono una partnership attiva e di lungo periodo tra venture philanthropists e organizzazioni non profit finanziate (high engagement), al fine di promuovere la crescita dell’intera organizzazione nel lungo periodo (capacity building) e non solo dei singoli progetti, attraverso un supporto continuativo e costante (multi-year support), basato sulle performances dell’organizzazione sociale (performance measurement), il quale può essere finanziario, cioè costituito da donazioni, prestiti, prestiti partecipativi e quote di capitale (tailored financing), ma anche non finanziario, cioè costituito non solo da denaro, ma anche da competenze, contatti e sostegno strategico (non-financial support).
Questo approccio, assolutamente pionieristico in Italia, si inserisce in un trend internazionale nato inizialmente negli Stati Uniti. Luciano Balbo, Stephen Dawson, Michiel de Haan, Doug Miller e Serge Raicher sono le 5 personalità che nel 2004 hanno fondato la European Venture Philanthropy Association, al fine di permettere lo sviluppo anche europeo della Ventrure Philanthropy. Nel contesto italiano, tale approccio si è affermato dopo il 2006, ed è grazie ad esso che si stanno aprendo nuovi centri di cure mediche poliambulatoriali, sostenuti da politiche sociali filantropiche, le quali permettono l’erogazione di servizi sanitari a prezzi inferiori rispetto alle cliniche private, assicurando alti standard di qualità di prestazioni, pur non operando in regime di accreditamento col SSN.
L’esperienza milanese del Centro Medico Santagostino
In tale ambito spicca, dalla realtà milanese, un progetto nato spontaneamente dal basso, dall’aggregazione volontaria di privati, che si affiancano al settore pubblico, restandone tuttavia indipendenti ed auspicandone una futura collaborazione. Si tratta del Centro Medico Santagostino, un poliambulatorio medico inaugurato nel 2009 e promosso da Oltre Venture, una società di investimento ispirata alla Venture Philantrhopy. Scopo del progetto è affermare un modello sanitario innovativo, che offra prestazioni specialistiche a prezzi accessibili e di elevata qualità, cioè una soluzione che colmi il gap tra costi elevati del mercato e mancanza di offerta da parte del pubblico.
Questa iniziativa ha richiamato l’interesse di un’équipe di medici, primari e professionisti, i quali hanno voluto mettere la propria esperienza al servizio dei cittadini. Infatti, lo staff del CMSantagostino è composto da oltre 150 medici, specialisti e liberi professionisti, che provengono dalle principali realtà ospedaliere ed universitarie di Milano, scelti per la loro comprovata esperienza. Si tratta di una struttura unica in Italia, i cui vantaggi, oltre all’ampia offerta medica, consistono nella competenza degli specialisti e nell’utilizzo di attrezzature mediche all’avanguardia, nelle brevi liste d’attesa, nei tempi di visita adeguati per una buona diagnostica e per favorire la relazione di ascolto e fiducia tra medico e paziente, nei prezzi contenuti in tutte le specialità e nella possibilità di usufruire di diverse convenzioni. Tutti elementi di successo considerando che il passaparola di sempre più pazienti soddisfatti ha permesso di raggiungere risultati importanti: dall’inaugurazione nel 2009 al settembre 2012, il Centro ha servito infatti 30.000 utenti e il volume delle prestazioni erogate è in costante crescita.
Per quanto riguarda la collocazione, tale esperienza si rivolge per lo più a quelli che sono gli utenti tipo del Centro, cioè i pazienti paganti ticket sanitario, ed opera nell’area della specialistica di base, cioè il primo livello sopra il medico di medicina generale, che rappresenta un’area di criticità poiché la domanda di prestazioni è elevata, il SSN non riesce a rispondere in modo soddisfacente e il privato non accreditato è eccessivamente costoso. Il Centro opera così in una zona grigia, colmando il divario tra pubblico e privato e offrendo prestazioni di qualità a prezzi inferiori al privato, ma superiori al pubblico, in quei settori dove il primo offre servizi ad un prezzo eccessivo, che comporta l’esclusione di gran parte della popolazione dalla possibilità di acquistarli, mentre il secondo non mette a disposizione nessun tipo di prestazione, se non nei casi più gravi.
Verso una futura partnership tra pubblico-privato
In sintesi, il Centro Medico Santagostino opera al di fuori del regime di accreditamento del SSN e si afferma nel settore privato, ma in un quasi mercato, tra il profit e non profit. Lo stesso presidente, Luciano Balbo, puntualizza sul fatto che tale progetto non appartenga al settore non profit il quale, a causa di donazioni sporadiche e assenza di risorse sicure, manca di ambizione e innovazione. Il CMSantagostino, al contrario, è un progetto ambizioso e, per questo motivo, non può prescindere dalle entrate economiche. Infatti, nonostante il primario obiettivo dei finanziatori non sia il profitto, bensì la valorizzazione di iniziative economicamente sostenibili ad interesse sociale, per avviare un progetto di questa natura servono competenze specifiche, oltre che un cospicuo capitale da investire nella fase iniziale, ma anche nella conservazione di uno standard elevato di qualità durante tutto il percorso di affermazione e sviluppo dell’iniziativa.
In merito al rapporto tra Centro Medico Santagostino e settore pubblico, benché oggi sia un’attività esclusivamente privata, che mira a mantenere assoluta indipendenza sia economica che organizzativa dal pubblico, ambisce al contempo ad una futura effettiva partnership pubblico-privato. Infatti, il progetto, ora dedicato per lo più all’ambito della medicina specialistica, prevede la realizzazione di una copertura totale dell’offerta dei servizi rivolti alla cura della persona. In altre parole, auspica di arrivare al controllo della fornitura di prestazioni sanitarie dal medico di medicina generale agli esami specifici e agli interventi più complessi, attraverso la collaborazione con il SSN e le autorità pubbliche competenti in materia sanitaria, al fine di seguire il paziente in un percorso lineare che consenta di ridurre gli sprechi di tempo e di risorse, sia per l’utente che per il sistema sanitario, e di valorizzare il rapporto di fiducia continuativo tra medico e paziente. Oggi tale obiettivo sembra irraggiungibile poiché il pubblico tende a privilegiare i rapporti con i soli privati accreditati, creando di fatto un settore chiuso e protetto di erogazione di sanità, all’interno del quale l’assenza di competitività, la carenza di stimoli e l’obbligo del rispetto di tariffe fissate dal soggetto pubblico, rende impossibile il miglioramento e l’innovazione. In conclusione, l’esperienza milanese del Centro Medico Santagostino rappresenta un utile strumento privato da affiancare ai tradizionali interventi pubblici in campo sanitario e assistenziale, per far fronte alle problematiche del SSN, derivanti per lo più dall’invecchiamento della popolazione italiana, e ai nuovi bisogni della società civile.
di Evelina B. Benzi*
*Evelina Bianca Benzi, si è laureata in Amministrazioni e Politiche Pubbliche – indirizzo amministrazione e autonomie territoriali - nel marzo 2013 discutendo una tesi dal titolo “La sussidiarietà orizzontale: le funzioni amministrative esercitate da enti della società civile”
Riferimenti