Festa della Mamma, i diritti delle madri secondo i bambini: autonomia, libertà e basta violenze. La campagna di Intervita (FOTO).

“Che diritti vorresti per la tua mamma?”. “Vorrei che avesse il diritto a non essere maltrattata, che potesse uscire di casa”. E ancora: “vorrei che avesse diritto a essere allegra”, “a spendere 50 euro tutti per sé”. Sono risposte da leggere e rileggere quelle che emergono dalla campagna realizzata dalla onlus Intervita, “Mia mamma è (anche) una donna”. Perché in quelle risposte – date da oltre 1.500 bambini e ragazzi sparsi tra Milano, Napoli e Palermo – c'è una fotografia dell'Italia più fragile: quella delle mamme che, oltre a vivere in contesti socioeconomici difficili, devono fronteggiare in molti casi la violenza domestica. Una violenza che può avere varie forme. A volte sono le botte, altre l'imposizione della solitudine. Altre volte ancora è l'obbligo a ingrassare, così da essere meno seducenti agli occhi degli altri uomini.


Italia, 2013. Il Paese in cui, se sei donna, è tutto un po' più difficile. E se sei mamma, non trovi lavoro o non guadagni abbastanza, alla libertà non ci pensi neanche più. Sopportare in silenzio può sembrare l'unica possibilità, ma ecco che arrivano i bambini, che tutto sentono e tutto capiscono. Arrivano a ricordarci che così non va, ché hai voglia poi a scuotere la testa di fronte ai dati sull'abbandono scolastico o sul tasso di criminalità. “È un fatto culturale – non si stanca di ripetere Alessandro Volpi, Referente Programma Italia - se non si cambia la cultura come si fa a cambiare il resto?”.

Milano, Napoli, Palermo: i diritti negati delle donne. Intervita ha realizzato la campagna “Mia Mamma è (anche) una Donna” lavorando con alcuni centri che aderiscono al progetto Frequenza200, network nazionale contro l'abbandono scolastico. I centri in questione rappresentano tre delle realtà metropolitane più importanti d'Italia: Milano, Napoli e Palermo. A Milano il centro Zero5 opera in quartieri con una forte percentuale di bambini stranieri e dove il processo di integrazione è ancora incompiuto. A Napoli l'associazione ha lavorato con il centro I.A.M.M.E., che si trova nel quartiere San Lorenzo-Vicaria, una delle zone in cui l'emarginazione sociale è più forte. Con tassi di disoccupazione e sottoccupazione alle stelle, le sirene della criminalità organizzata rappresentano una facile tentazione per gli adolescenti che abbandonano la scuola. I ragazzi spesso vivono in famiglie molto numerose e a basso reddito, dove le mamme sono il punto più fragile: giovanissime, con pochi studi alle spalle e non autosufficienti dal punto di vista economico e lavorativo. Anche a Palermo le realtà indagate sono spesso problematiche: il centro Arteca si trova nel quartiere Borgo Vecchio, dove molti ragazzi, invece di andare alla scuola dell'obbligo, lavorano in nero o sono ingaggiati in attività criminali.

Il progetto ha dunque coinvolto 1.500 bambini tra Milano, Napoli e Palermo, chiedendo loro di raccontare chi sono le loro mamme, che problemi affrontano ogni giorno, cosa amano fare e cosa le rende tristi. Il tutto per arrivare a elaborare una lista dei diritti che i figli vorrebbero vedere riconosciuti alle loro madri, ma che, evidentemente, ancora non lo sono.

La solitudine delle mamme tuttofare. Leggendo le risposte dei bambini, è facile vedere in controluce le difficoltà di questa Italia vessata dalla crisi economica e da una mentalità ancora arretrata. In molti contesti sono ancora le donne a doversi occupare in tutto e per tutto della casa e della famiglia, vivendo in condizioni di dipendenza economica da mariti o compagni che le privano di qualsiasi possibilità di svago e relazioni sociali.

“In alcune interviste sono spuntate fuori esigenze come il diritto a scendere e il diritto a telefonare, segno che in alcune famiglie alla donna è persino proibito di uscire di casa”, racconta all'HuffPost Alessia Piccirillo, educatrice al centro I.A.M.M.E. di Napoli. “Qui, nel quartiere San Lorenzo-Vicaria, molti uomini svolgono mestieri al limite della legalità: alcuni fanno i magliari, ossia commerciano merci contraffatte tra l'Italia e i Paesi dell'Est europeo, la Grecia, il Vicino Oriente; altri sono coinvolti nel traffico di stupefacenti, entrano ed escono dal carcere. Le madri, spesso giovanissime, si ritrovano a dover gestire da sole i figli, facendo capriole impossibili per far tornare i conti”.

Se manca la libertà. La gelosia del partner e la mancanza di libertà possono tradursi talvolta in “obblighi” ai limiti dell'immaginabile. Come nelle storie di alcune donne costrette dal marito a ingrassare per diventare meno attraenti agli occhi di possibili contendenti. “Se mamma fosse rimasta troppo bella, avrebbe lasciato papà”, racconta una bambina. Di qui non solo il divieto di mettersi a dieta o di andare in palestra, ma l'obbligo di mettere su decine di chili. “Nel nostro centro – dice Alessia – organizziamo anche un corso di zumba per le mamme, per aiutarle a stare in forma divertendosi. Bene, ci sono casi di mariti che impediscono alle mogli di andare a zumba. Divertirsi, ballare, svagarsi un po' è un miraggio per molte di queste donne che spesso, ricordiamolo, sono passate dalla condizione di adolescenti a quella di madri in un baleno, senza neanche il tempo di rendersene conto.

“Diritto a non essere picchiata”. Alle difficoltà sociali ed economiche si aggiunge il dramma della violenza domestica, una costante che gli operatori di Intervita hanno rilevato in tutte e tre le città coinvolte nel progetto. “Dai colloqui formali e informali con bambini e ragazzi è risultato evidente un livello di violenza alto e generalizzato all'interno delle famiglie”, spiega (…). “In alcuni contesti, poi, gli episodi di violenza domestica sulle madri sono talmente diffusi da essere spesso socialmente accettati e condivisi”.

Deriva da qui l'esigenza, avvertita da molti bambini, che alle loro mamme venga riconosciuto il diritto a non essere picchiata, a non essere maltrattata, a essere protetta e ad avere una relazione con l'uomo che si ama.

In Italia – ricorda il rapporto Intervita – 6 milioni 743mila donne hanno subito violenza (il 31,9% della fascia d'età tra i 16 e i 70 anni) e 3 milioni 961mila donne hanno subito violenze fisiche. Solo nel 2012, le vittime di femminicidio sono state 120, con una preoccupante impennata negli ultimi mesi. A rendere ancora più drammatica la situazione italiana – spiega ancora Alessandro Volpi – è un dato sconcertante: solo il 18,2% delle vittime considera le violenze subite come un reato, e solo il 7,2% sporge denuncia. Un quadro desolante, se si pensa che, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello mondiale la violenza domestica è considerata la prima causa di morte o invalidità permanente delle donne.

Maya, il simbolo della campagna. Per sostenere le sue attività Intervita ha scelto come simbolo della campagna la sagoma di Maya, che in greco significa madre: una sagoma femminile, con un cuore color arancio, che è possibile scaricare dal sito web dell'associazione e personalizzare con un messaggio dedicato alla propria mamma. Il contributo raccolto grazie a Maya – spiegano dall'associazione - “servirà per realizzare azioni concrete per offrire a tante donne la possibilità di crearsi un futuro migliore”. Per consultare tutte le attività dell'associazione cliccate QUI. La campagna sarà presentata giovedì 9 maggio a Milano presso Piano C, uno spazio di co-working e co-babing nato per permettere di lavorare anche a chi, nel mondo del lavoro di oggi, non ci si ritrova più.

Giulia Belardelli

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