Il 19 aprile si è raggiunto l’accordo che normalizza le relazioni tra la Serbia e il Kosovo, ex-provincia serba a maggioranza etnica albanese, che ha proclamato l’indipendenza nel 2008 dopo la sanguinosa guerra secessionista del 1998-1999. L’accordo è stato raggiunto a Bruxelles, dopo otto round di colloqui negoziali mediati dalla responsabile della politica estera Ue, Catherine Ashton, dei premier della Serbia e del Kosovo Ivica Dacic e Hashim Thaçi. Unione europea, Nazioni Unite e Stati Uniti d’America hanno immediatamente accolto favorevolmente l’accordo e interpretato come un grande passo in avanti per la stabilità politica dei Balcani.
Durante i precedenti round si erano già raggiunti accordi su questioni come la libertà di circolazione dei cittadini e la gestione congiunta dei luoghi di frontiera. Il tema più importante dell’ultimo round di incontri era lo status da accordare alle dieci municipalità di minoranza serba presenti nel Kosovo.
Il 22 aprile la bozza d’intesa è stata approvata dal governo serbo a Belgrado, e a Pristina dal parlamento kosovaro con 89 voti a favore e solo 5 contrari (registrata anche una astensione). A breve le due parti, con l’aiuto dell’Ue, renderanno operativo un comitato per implementare il patto, come prevede il suo articolo finale.
L’intesa raggiunta nella capitale belga è composta da 15 articoli. Per i 50.000 serbi che vivono nel Kosovo settentrionale, il governo di Belgrado ha ottenuto la creazione di un’Associazione delle Municipalità a maggioranza serba del Kosovo (Art. 1), che includerà le municipalità di Mitrovica settentrionale, Leposavic, Zvecan e Zubin Potok. L’Associazione sottostarà all’ordinamento legale della Repubblica del Kosovo ed avrà una struttura simile a quella delle altre municipalità kosovare (presidente, vicepresidente, assemblea e consiglio municipali). Il nuovo organo avrà competenza sullo sviluppo economico, l’istruzione, la sanità e la pianificazione urbana e rurale delle aree che lo compongono. In accordo con l’ordinamento kosovaro e la Carta Europea delle autonomie locali, l’Associazione rappresenterà collettivamente le municipalità che ne fanno parte di fronte al governo centrale.
La nascita dell’Associazione delle Municipalità può considerarsi una vittoria diplomatica per la Serbia. Nelle precedenti tornate negoziali il Kosovo aveva cercato di attribuire all’Associazione delle Municipalità uno status simile a quello di una organizzazione non governativa, e di escluderle dalle sue competenze i campi dell’istruzione e della sanità, nel timore di legalizzare una entità simile a qualcosa come uno Stato parallelo all’interno del Kosovo. Ottenendo la creazione dell’Associazione la Serbia accetta poi di smantellare le strutture parallele giudiziarie e di polizia che manteneva e finanziava nei quattro comuni.
Nella parte centrale dell’accordo, dall’Art.7 al 10, c’è l’intesa sulle problematiche legate alle forze di polizia e le corti giudiziarie. Si prevede che le quattro municipalità dell’Associazione serba abbiano un Comandante di Polizia Regionale al vertice delle loro forze di sicurezza, che verrà eletto dal Ministero degli interni kosovaro in una lista di nomi proposti dai sindaci di queste municipalità. La composizione delle forze al suo comando rifletterà la struttura delle municipalità e il comandante, incaricato di dirigerle, sarà tenuto a collaborare con gli altri comandanti regionali kosovari. Nel territorio dell’Associazione anche la maggioranza dei giudici saranno di etnia serba. Una divisione della Corte d’Appello kosovara composta in maggioranza da giudici serbi avrà sede nella parte settentrionale della città di Mitrovica.
Importantissimo l’Art. 14, afferma testualmente che «Si concorda che nessuna delle parti bloccherà o incoraggerà altre parti a bloccare i progressi dell’altra parte sul percorso rispettivo della integrazione nella Ue». Di fatto il governo di Belgrado, in cambio delle garanzie ottenute per la sua minoranza nel Kosovo, riconosce così la sovranità statuale del Kosovo e ammette che il paese possa intraprenda un percorso di adesione nell’Unione.
L’accordo non è stato accettato positivamente da tutti. Ci sono state forti proteste dei serbi del Kosovo e del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa serba contro il patto. A Mitrovica, durante una manifestazione dei serbo kosovari contro l’accordo, il vicedirettore dell’Ufficio governativo serbo per il Kosovo, Krstimir Pantic, ha detto alla folla: «Il Kosovo siamo noi, che viviamo qui, che siamo legati a questi luoghi nel nostro passato e nel nostro futuro». I serbi locali minacciano di portare la loro protesta fino a Belgrado. La Chiesa, che considera il Kosovo culla della nazione serba, ha criticato il patto come un doloroso sacrificio fatto in nome dell’integrazione europea. In un’intervista tv, Dacic ha detto che l’accordo dà la massima sicurezza possibile per i serbi del Kosovo, svelando: «Abbiamo ricevuto rassicurazioni da coloro che comandano l’esercito del Kosovo che non entreranno nel nord. Questa è la prima volta che riceviamo una garanzia del genere. L’abbiamo avuta mentre il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen e Catherine Ashton erano presenti. Essi sono i garanti dell’accordo». A Pristina i più critici sono i nazionalisti di “Autodeterminazione” (“Vetevendosja”), che accusano Thaçi di aver permesso l’instaurazione di una repubblica parallela serba nel paese. Il premier kosovaro ha invece affermato subito dopo l’accordo che l’intesa aiuterà a lenire le ferite del passato nelle relazioni tra la comunità albanese e quella serba.
Rimarcando il ruolo decisivo svolto dall’Ue nell’raggiungimento dell’accordo il “Corriere della Sera” ha definito l’intesa “un piccolo successo per l’Europa”, e il pubblicista esperto dei Balcani Tim Judah ha affermato che l’Unione si è così meritata il Nobel per la pace vinto nel 2012.
Già il 22 aprile la Commissione europea ha dato un chiaro segnale positivo in seguito all’intesa tra i due paesi, raccomandando l’apertura dei negoziati di adesione nell’Unione europea per la Serbia (la decisione finale, sicuramente positiva dopo questo parere dei commissari, verrà presa a giugno) e quelli per l’Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) con il Kosovo.
Ora viene la parte più difficile del patto: la sua implementazione. La Serbia ha già nominato come propri negoziatori con la parte kosovara il consigliere presidenziale Marko Duric ed i sottosegretari governativi Veljko Odalovic e Dejan Durdevic. Di fronte a possibili resistenze dei serbi del Kosovo settentrionale all’implementazione dell’intesa di Bruxelles sarà decisiva in quest’ambito la posizione che Belgrado manterrà nei loro confronti. Per Andrea Lorenzo Capussela, consigliere economico Ue a Pristina fino al 2012, «se la Serbia si attiene all’accordo, quest’ultimo probabilmente reggerà perché senza il sostegno di Belgrado la resistenza del nord sarà meno efficace ed è probabile col tempo sbiadisca ».
di: Gjergji Kajana