Il 25 aprile su Youtube è stato caricato un video di un pezzo di un’intervista al capo di Stato serbo, Tomislav Nikolic, rilasciato alla tv bosniaca Bhrt, dove il presidente ha dichiarato: «Mi inginocchio, chiedo perdono per la Serbia e per il crimine di Srebrenica. Mi scuso per qualsiasi crimine perpetrato in nome del nostro stato e del nostro popolo». Si tratta di un importante gesto distensivo da parte del presidente serbo nei riguardi dei musulmani bosniaci sul massacro di Srebrenica del luglio 1995. L’intervista sarà trasmessa in versione integrale il 7 maggio. «Tutto quello che è accaduto durante la guerra nella ex-Jugoslavia aveva il marchio del genocidio» ha detto Nikolic nel proseguo dell’intervista, rifiutandosi però di affermare che il massacro di circa 8.300 musulmani bosniaci (in grandissima maggioranza uomini dai 15 ai 64 anni) accaduto durante la guerra bosniaca e eseguito da cittadini di etnia serba fosse un atto specifico di genocidio.

Il massacro di Srebrenica avvenne l’11 luglio 1995, nei giorni successivi alla presa della città da parte dall’Esercito serbo bosniaco (Vrs) comandato dal generale Ratko Mladic. Nel 1993 la città era stata proclamata area protetta dalle Nazioni Unite, e al momento della conquista era presidiata dai caschi blu, forze di protezione Onu, olandesi. Srebrenica, situata in Bosnia, era diventata un rifugio sicuro per migliaia di profughi musulmani fuggiti da altre zone di guerra dei Balcani. Il 12 luglio, giorno successivo all’invasione serba, Mladic fece diffondere un video tra i profughi dove li rassicurava che sarebbero stati evacuati in un territorio bosniaco vicino controllato dalle forze croato-musulmane. Molti uomini e i ragazzi, sentendosi quindi sicuri, rimasero in città, ma furono separati dalle donne e massacrati dall’esercito serbo bosniaco. Persero la vita 8.373 persone. Quattro mesi dopo il terribile eccidio di Srebrenica finì il conflitto bosniaco. Nel 2004 il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia (Icty) definí il crimine di guerra commesso con l’eccidio sui musulmani come un atto di genocidio. La Corte Internazionale di Giustizia (Cig) dell’Onu arrivò alla stessa conclusione nel 2007. Nel 2005 l’allora segretario generale dell’Onu ,Kofi Annan, definì il crimine come il più grave avvenuto in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Per il massacro di Srebrenica l’Icty ha finora condannato quattro ufficiali serbi a pene da 5 a 35 anni, ed altri sei ufficiali, compreso l’ex capo di stato maggiore dell’esercito di Belgrado, Momcilo Perisic, sono stati finora condannati in primo grado a pene che variano da 5 a 35 anni di reclusione, e due all’ergastolo. Per gli stessi fatti e altri crimini commessi dai serbi durante la guerra sono ancora imputati presso il Tribunale Ratko Mladic e Radovan Karadzic, leader politico dei serbo bosniaci durante il conflitto.

Quella del presidente Nikolic alla tv bosniaca non è la prima ammissione di responsabilità da parte di Belgrado per i delitti commessi dai serbi nel conflitto jugoslavo. Nel marzo 2010 il Parlamento serbo approvò una risoluzione di condanna del massacro di Srebrenica, senza ricorrere all’espressione “genocidio” ma richiamandosi esplicitamente alla condanna dell’Icty. Nella risoluzione si esprimono «profonde condoglianze e scuse alle famiglie delle vittime perché non è stato fatto tutto il possibile per prevenire la tragedia». Il Partito progressista serbo (Sns), nazionalista ma filoeuropeo e allora guidato proprio da Nikolic, boicottò però l’aula parlamentare al momento del voto.

Undici mesi fa, appena insediato nella carica di capo dello Stato, Nikolic negò esplicitamente in un’intervista ad una Tv montenegrina che a Srebrenica si fosse commesso un atto di genocidio, affermando: «A Srebrenica furono commessi gravi crimini di guerra da alcuni serbi che devono essere trovati, perseguiti e puniti. E’ molto difficile accusare qualcuno e provare di fronte a una corte che un evento possa qualificarsi come genocidio». Gli Stati Uniti condannarono ufficialmente queste affermazioni del neopresidente, definendole «infondate» e «controproducenti alla promozione della stabilità e riconciliazione nella regione».

L’intervista di Nikolic alla tv bosniaca Bhrt del 25 aprile ha provocato reazioni in Bosnia Erzegovina e Kosovo. La presidente dell’associazione Madri di Srebrenica e Zepa, Munira Subasic, ha dichiarato all’agenzia stampa Afp: «Non ci serve che qualcuno si metta in ginocchio per chiedere perdono. Vogliamo sentire il presidente serbo e la Serbia pronunciare la parola genocidio. Solo allora crederemo a un gesto sincero».

Lo Stato bosniaco invece non ha reagito ufficialmente al gesto distensivo del Presidente serbo. C’è stata solo una dichiarazione di Zeljko Komsic, il rappresentante croato della Presidenza tripartita bosniaca (dove partecipano anche un esponente dell’etnia serba e uno musulmano bosniaco), che ha definito le parole di Nikolic come positive per migliorare le buone relazioni tra gli stati balcanici. Dalla capitale kosovara Pristina, in un commento pubblicato su Twitter, il ministro degli esteri del Kosovo Enver Hoxhaj, esponente governativo della ex-provincia serba indipendente dal 2008, ha definito «molto importante» l’atto di scusa del presidente serbo e ha chiesto un gesto simile anche per i crimini commessi dai serbi nel suo paese durante la guerra secessionista del 1998-1999. Serbia e Kosovo hanno firmato a Bruxelles il 19 aprile e ratificato il 22 aprile un accordo per normalizzare le relazioni bilaterali, negativamente segnate dal conflitto di 15 anni fa e dalla permanenza nel Kosovo settentrionale di strutture governative finanziate da Belgrado e fuori del controllo del governo kosovaro.

Le parole distensive di Nikolic su Srebrenica potrebbero essere un gesto di buona volontà verso l’Ue oltre che verso Sarajevo. Dopo le guerre drammatiche che hanno segnato la fine della Jugoslavia federale comunista nel 1991 Bruxelles si è impegnata nella promozione della riconciliazione tra i paesi coinvolti, chiedendogli di adempiere ai criteri che gli permetterebbero di entrare nell’Unione. Dopo l’accordo tra Serbia e Kosovo la Commissione Ue ha raccomandato il 22 aprile al Consiglio europeo l’apertura dei negoziati per l’adesione della Serbia nell’Unione. La decisione ufficiale da parte del Consiglio europeo sull’avvio dei negoziati dovrebbe arrivare entro la fine di giugno.

Gjergji Kajana

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