Il gioco d'azzardo compulsivo e patologico costituisce una vera e propria emergenza sociale, che in Italia riguarda più di un milione di persone. E lo Stato finge di non capire.
La colpevole sottovalutazione del fenomeno.
È una vera e propria calamità, che distrugge le famiglie e spezza il tessuto sociale. Le vittime si contano in centinaia di migliaia: 700 mila secondo l'Istat, più di un milione secondo altre stime fornite dalle associazioni.
Chiamarla emergenza sociale sembrerebbe appropriato, ma da più parti si finge di non capire. Certo è che il fenomeno della dipendenza da gioco d'azzardo, in Italia, ha assunto dimensioni talmente rilevanti che non può più essere ignorato.
Risale a poco più di 2 settimane fa l'ultima iniziativa in ordine di tempo: a Civitanova Marche, per iniziativa di Auser e Ama di Macerata (Associazione di auto mutuo aiuto) è sorto un nuovo gruppo di auto mutuo aiuto, che si riunisce a cadenza settimanale: i dati erano sempre più allarmanti, così come il numero di pazienti in cura al Sert per combattere la dipendenza patologica. Era necessario intervenire immediatamente.
"È prioritario tutelare in particolar modo i soggetti più deboli – come gli anziani e gli adolescenti – attraverso l'introduzione di una rigorosa disciplina sulla pubblicità e sulla conoscenza dell'alea connessa al singolo gioco".
Con queste parole, in calce alla Relazione annuale 2012 del Dipartimento delle politiche antidroga, il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione con delega alle Politiche sociali Andrea Riccardi ha voluto dar conto dell'impegno del Governo per combattere le dipendenze vecchie e nuove, con particolare riferimento alla dipendenza da gioco d'azzardo, a fronte dell'ormai cronica penuria di risorse a disposizione.
Senza voler dubitare delle buone intenzioni del ministro, sul quale ovviamente non può essere addossata la responsabilità di una situazione aggravatasi di anno in anno, a oggi appare evidente l'assenza di un disegno complessivo da parte delle istituzioni e, soprattutto, la colpevole sottovalutazione del fenomeno negli anni passati da parte di uno Stato preoccupato innanzitutto di far cassa.
Francesco Rosati