Il bilancio di genere rappresenta un importante strumento di gestione e comunicazione delle politiche inerenti le pari opportunità promosse da Enti pubblici o privati, sebbene si possa dire che sia attualmente ancora poco utilizzato e diffuso.

In questo post proveremo a fare il punto sul bilancio di genere come strumento della Pubblica Amministrazione; in un post successivo tratteremo invece il tema dal punto di vista delle imprese.


Gender mainstreaming, gender auditing e gender budgeting

Facciamo un passo indietro e partiamo dalle parole utilizzate: la dicitura “bilancio di genere” assume in italiano più significati differenti tra loro. Seppur consapevoli che l’utilizzo dellalingua inglese talvolta allontana, approfittiamo delle distinzioni terminologiche anglosassoni per fare un po’ di chiarezza su tre concetti importanti:

- Gender mainstreaming: il termine sta a indicare il principio dell’integrazione orizzontale, con l’obiettivo di ottenere l’equilibrio di genere in tutte le istituzioni – politiche, economiche e sociali – e in tutte le attività promosse dalle istituzioni – sviluppo delle politiche, lavoro, ricerca, legislazione, allocazione delle risorse, pianificazione e progettazione -. Le Nazioni Unite (Conferenza di Pechino, 1999), così come successivamente anche la Comunità Europea (2002), definiscono il gender mainstreaming come una strategia, un approccio per raggiungere l’uguaglianza si genere.

- Gender auditing: indica la verifica a consuntivo, a partire dai dati di bilancio, dei risultati che le politiche pubbliche hanno avuto su uomini e donne. In particolare, in materia di welfare locale, il gender auditing svolge una funzione di controllo in merito all’efficacia ed efficienza della spesa pubblica.

- Gender budgeting: prevede “l’applicazione della procedura di gender mainstreaming alle procedure di bilancio. Questo consiste nell’adottare una valutazione d’impatto di genere delle politiche di bilancio, integrando la prospettiva di genere a tutti i livelli della procedura di bilancio (comprensiva delle fase di strutturazione), ristrutturando le entrate e le uscite per promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne” (Definizione del Consiglio di Europa, 31 marzo 2004).


Lo stato dell’arte in Italia

Il principio del gender mainstreaming è diventato un tema oggetto di ampi dibattiti a livello internazionale a partire dal primo decennio del nuovo millennio. Tra gli strumenti privilegiati per il suo raggiungimento e monitoraggio, vi sono il gender budgeting e il gender audit.

Nel 2006 il Parlamento Europeo stabilisce gli ambiti prioritari della UE in tema di parità di genere e individua nel bilancio di genere una delle azioni chiave per la promozione delle pari opportunità, sia a livello di Fondi Strutturali, sia a livello regionale e locale.

Nel nostro Paese, il 23 maggio 2007, è stata emanata una direttiva del Ministero per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione e del Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità, che prevede una serie di misure per attuare la pari opportunità tra uomini e donne nella PA; tra queste, vi è anche l’analisi delle risorse utilizzate mediante il bilancio di genere:

“promuovere analisi di bilancio che mettano in evidenza quanta parte e quali voci del bilancio di una amministrazione siano (in modo diretto o indiretto) indirizzate alle donne, quanta parte agli uomini e quanta parte a entrambi. Questo anche al fine di poter allocare le risorse sui servizi in funzione delle diverse esigenze delle donne e degli uomini del territorio di riferimento (ad esempio redigendo bilancio di genere). Si auspica pertanto che i bilanci di genere diventino pratica consolidata nelle attività di rendicontazione sociale delle amministrazioni.” (art. 3, azione VI).

Nell’aprile 2006 è stato inoltre presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge “Norme per l’istituzione del bilancio di genere per la Pubblica amministrazione”.

Negli ultimi 10 anni la diffusione di bilanci di genere nella Pubblica Amministrazione italiana è dovuta prevalentemente a spinte e indicazioni di carattere regionale o provinciale, a differenza di quanto è accaduto contemporaneamente nel resto di Europa. Diverse sono le leggi regionali che, a differenti livelli , ma sempre a carattere volontario e non prescrittivo, promuovono la realizzazione del bilancio di genere (Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Toscana, Umbria).

Nel 2003 le Province di Genova, Modena e Siena, tra le prime ad avviare sperimentazioni di bilancio di genere, hanno siglato un protocollo d’intesa per la diffusione del bilancio di genere e la promozione di buone prassi in tema di pari opportunità; con il crescere della consapevolezza del tema sono molte le Province e i Comuni che ad oggi aderiscono a tale protocollo.


Come realizzare un bilancio di genere

Attualmente manca una normativa o una linea guida generalmente condivisa che permetta di indicare in modo univoco i contenuti del bilancio di genere: il suo carattere volontario permette infatti una certa libertà in tema di approcci e modalità di realizzazione. Ad esempio in Emilia Romagna è diffuso un modello basato prevalentemente sul concetto di “capabilities”, cioè sull’analisi di come le politiche pubbliche siano effettivamente in grado di promuovere le capacità e le potenzialità delle persone in tema di pari opportunità. Un secondo modello particolarmente diffuso, utilizzato ad esempio dalla Provincia di Genova, è orientato ad analizzare le capacità di risposta dell’Amministrazione a partire dai bisogni dei cittadini.

Nel processo di costruzione del bilancio di genere si possono comunque annoverare le seguenti attività e aree di analisi:

- in primo luogo, sia che si considerino le capabilities, sia che si considerino i bisogni, è necessario effettuare un’attenta analisi del contesto socio-economico di riferimento, a partire appunto da una lettura di genere. Questo permette di avere un quadro adeguato in merito alle potenzialità e criticità del territorio. A questo proposito può essere opportuno considerare:

  • il contesto socio-demografico (la suddivisione della popolazione per sesso e per età, la crescita demografica, la composizione dei nuclei familiari, livelli di istruzione, etc.);
  • specifici target di interesse (bambini, adolescenti, anziani, persone con handicap, situazioni di disagio);
  • mercato del lavoro e contesto economico, con particolare attenzione alla condizione femminile (tassi di attività e disoccupazione, tipologia lavorativa, condizione reddituale, etc.);
  • qualità della vita, così da considerare il complessivo benessere delle persone e delle famiglie (trasporti, tempi urbani, cultura e tempo libero, tutela ambientale, etc.).

- la seconda macro area di analisi è quella che interessa più direttamente l’agire dell’Ente Pubblico: si tratta cioè di andare ad analizzare le allocazioni di spesa in termini di pari opportunità, ma soprattutto gli impatti delle politiche in una prospettiva di genere. Quali interventi sono stati finanziati? Quali sono gli effetti dei servizi e delle attività sulle donne e sugli uomini? È pertanto opportuno analizzare:

  • le linee di programmazione complessiva dell’Ente, al fine di avere cornici di senso che permettano di interpretare i singoli interventi e attività;
  • il bilancio dell’Ente, evidenziando gli stanziamenti destinati ai servizi che maggiormente incidono sulle opportunità personali e professionali in una chiave di pari opportunità tra donne e uomini;
  • i servizi e gli interventi in atto, realizzati o da realizzare: a partire dal PEG è necessario effettuare un’analisi di come i diversi interventi impattino, direttamente o indirettamente, nella promozione delle pari opportunità.

- infine gli Enti Locali possono procedere ad analizzare le condizioni lavorative, le pari opportunità e le politiche di conciliazione rivolte direttamente al proprio personale.


Un processo complesso: criticità e potenzialità

In conclusione, perché un bilancio di genere? Come appare evidente già da questo primo e rapido resoconto delle aree di analisi da prendere in considerazione, la realizzazione del bilancio di genere si presenta come un processo piuttosto complesso, che porta ad una ri-lettura dell’insieme delle attività svolte dagli Enti. Ciò implica, necessariamente, anche un mutamento di prospettiva, che porta a ri-considerare il ruolo di cittadino anche a partire dal concetto di genere. Quali effetti hanno le scelte di bilancio sulle donne e sugli uomini? Quali bisogni non sono presi in considerazione? Quale genere ha minori opportunità e in quali settori/ambiti di vita?

La realizzazione del bilancio di genere può forse apparire troppo onerosa per gli Enti Locali, in particolar modo in periodi di crisi e contrazione di risorse come quello attuale. Tuttavia riteniamo possibile, e forse in molti casi auspicabile, procedere secondo una logica di incrementalità. Ad esempio è possibile partire da un’ottica rendicontativa (gender auditing), per passare solo in seconda battuta alla fase programmatoria, con un più pieno e consapevole impegno e investimento in termini di scelte e proposte. La logica incrementale può essere inoltre applicata agli ambiti di analisi del bilancio di genere. È possibile ad esempio avviare il processo di analisi limitatamente alle spese e ai risultati del sistema di welfare, per poi andare ad allargarsi ad altri settori di intervento; i servizi di cura sono infatti un tassello indispensabile per la promozione di pari opportunità: si pensi ad esempio agli asili nido, oppure ai servizi domiciliari e residenziali per persone anziane o portatrici di handicap.

La politica dei piccoli passi dovrebbe permettere a tutte le Amministrazioni locali di avviare un processo di analisi del proprio operato in un’ottica di gender mainstreaming. Molteplici sono le ragioni per compiere tale passo. In senso generale, il bilancio di genere rappresenta un ulteriore tassello e passo in avanti nella diffusione di quella cultura valutativa e partecipativa, da più parti richiesta a gran voce e premessa indispensabile per il radicamento di efficaci processi di governance. Inoltre riconoscere e considerare le differenze di genere, significa promuovere una maggiore equità tra i propri cittadini, in termini di distribuzione di risorse e risposta ai bisogni. Infine, il bilancio di genere, come tutti gli strumenti di carattere rendicontativo e/o valutativo, rappresenta un’occasione per migliorare i propri interventi in termini di efficacia ed efficienza. Avere maggiore conoscenza delle diversità insite nel concetto di genere, permette di leggere in maggiore profondità i bisogni, programmare e tarare con precisione gli interventi, focalizzando e razionalizzando conseguentemente le risorse impiegate.

Il bilancio di genere non è dunque solo un semplice strumento economico, bensì uno strumento che può supportare le Amministrazioni Locali a definire un modello di sviluppo sociale ed economico all’interno del proprio contesto territoriale, decidendo le priorità di intervento nella consapevolezza che possono essere differenti tanto i bisogni iniziali quanto gli effetti degli interventi, a seconda che i soggetti coinvolti e i destinatari siano uomini o donne.


"Autori" Daniela Gatti


Per approfondire

Alessandra Genova, Alessandra Vincenti, Bilancio sociale e bilancio di genere, Carocci editore, 2011

IRS – Istituto per la ricerca sociale, Il bilancio di genere dei Comuni. Un manuale

www.genderbudget.it

www.gender-budgets.org

www.bilanciodigenere.it

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