Il turismo oggi si identifica con il tempo libero, quello spazio di tempo che non è preso né dal lavoro né dal consumo, ma ha a che fare solo con la dimensione del tempo.

Nel rispetto di questo, riconoscendo il valore del tempo come bene di cui l'uomo dispone e che non può restituire, la figura del turista può essere cambiata: è un obiettivo possibile, ma non scontato.Occorre un cambio di visione, una cultura che privilegi le caratteristiche dell'uomo, che agisce le sue scelte piuttosto che subirle. Ancora oggi la domanda di servizi turistici rimane purtroppo ancorata ad una domanda di svago, di rigenerazione e di salute, che tuttavia è strettamente legata alle caratteristiche delle singole persone.

Baudrillard (1981) parla di “inferno dell'eguale” quando si riferisce al turismo massificato, ancora oggi prevalente, che trae favori e vantaggio dall'omologazione, dall'incapacità dei singoli di effettuare una scelta relativa all'uso del proprio tempo e data dalla mancanza di consapevolezza di quelli che sono i propri bisogni.

Il turismo, come l'esperienza del "turismo sociale" ci insegna, è molto di più, in quanto pone l'accento sulle persone come attori capaci di definire, produrre e pretendere una prestazione turistica in grado di valorizzare le loro specificità. Si pensi, infatti, alle diversità che caratterizzano la domanda (e, di conseguenza, l'offerta) di turismo dei giovani da quella dei senior, piuttosto che da quella delle famiglie, piuttosto che quella di persone con disabilità.

Un turismo, quello sociale, che ha fatto registrare nel 2011 una crescita del numero di vacanze veicolate del 9,6% e di conseguenza un incremento in termini di impatto economico originato (+22,8% del volume d’affari).

Riconoscerne questa valenza, significa riconoscere la capacità dei turisti di diventare partner strategici nel processo di programmazione turistica. Allo stesso tempo gli operatori, che colgono il significato del nuovo turismo, possono trarre solo vantaggio dall'allontanarsi dalla rischiosa prerogativa di progettare un'offerta generalista e indifferenziata.

Il passaggio culturale da favorire è quello della libertà di scelta come potere di autodeterminazione, di autorealizzazione, al fine di pensare al turismo come ad una attività capace di generare beni relazionali: infatti, la qualità di oggi fa sempre di più riferimento alla qualità delle relazioni umane piuttosto che a quella dei prodotti. Con l'obiettivo, anche, di contrastare gli effetti di deterritorializzazione legati al turismo “di massa”.

Il turismo, in quanto unica attività legata al territorio, può alimentare il processo di ricostruzione e rinsaldamento del tessuto sociale, ricreare quelle reti di fiducia che costituiscono il capitale sociale, così importante per lo sviluppo di un paese. Si tratta di un turismo in grado di valorizzare le diversità culturali e la varietà degli stili di vita delle persone, di un turismo che non si sottrae dal compito di diventare fattore di civilizzazione, di evolvere verso forme culturalmente più ricche e più adeguate a, con le parole di Amartya Sen, favorire la “fioritura” della persona.

In questa prospettiva, alimentare un nuovo sviluppo non può prescindere dal ricomprendere il turismo come fattore strategico; come un’esperienza in grado di essere risorsa di prevenzione e promozione, capace di affrontare la ricerca di senso e di realizzazione personale e collettiva.

Paolo Venturi
esperto di: Economia Sociale, Cooperazione, Impresa sociale, Innovazione sociale, Non Profit

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