Il Senato americano ha bloccato la legge sul controllo delle armi. E’ saltato l’accordo bipartisan proposto dal presidente Obama per l’introduzione dei “background checks”, i controlli sulla fedina penale che sarebbero scattati per chiunque si fosse presentato in un’armeria con l’intenzione di acquistare armi. I repubblicani si sono ricompattati, e dei 60 voti necessari a far passare la misura, se ne sono contati 54. Hanno detto sì 48 democratici e 4 repubblicani – John McCain, Patrick J.Toomey, Mark Steven Kirk e Susan Collins – più due voti degli indipendenti. 46 i voti contrari, e cinque di questi sono “blu”. Sono voti del partito democratico, voti di Obama. «Shame on you», vergogna, è stata la reazione istintiva di Lori Has – madre di una delle vittime della tragedia alla Virginia Tech – e di Patricia Maisch – sopravvisuta alla sparatoria di Tucson del 2011 – e presenti al voto.
E di «giorno pieno di vergogna per Washington» ha parlato il presidente Obama dal Rose Garden della Casa Bianca, pochi minuti dopo la conclusione della votazione in Senato. E’ tornato a parlare del 90% degli americani che sono a favore di controlli più restrittivi sull’acquisto di un’arma, ed ha attaccato frontalmente la lobby delle armi che ha «mentito sulla riforma invece di trovare un compromesso».
Per la National Rifle (Nra) Association e soci è un giorno di festa. Missione compiuta, l’America è ancora ostaggio dei revolver, come nell’epica del west. E’ ostaggio della sua cultura, e dei suoi paradossi. In un video rilasciato dalla Nra un uomo del reparto speciale dei Navy Seals spiega che le armi non si toccano. E’ chiaro che il punto di incontro, non solo politico ma anche culturale è lontano. Ma il presidente non si arrende, e con tono deciso e sguardo fermo promette «significativi cambiamenti». Una promessa fatta all’America, e che «prima o poi riusciremo a realizzare», in onore delle innocenti vittime della Sandy Hook e di tutte le inutili tragedie che si ripetono ciclicamente. Per adesso hanno vinto loro. 54 a 46.