Domani in seduta comune gli eletti in Parlamento più i rappresentanti delle
regioni cominceranno a votare per il nuovo Presidente della Repubblica. Sono
poco più di mille “grandi elettori” chiamati a scegliere la più alta
magistratura dello Stato, il garante dell’unità nazionale, diventato, in questi
anni di contrapposizione frontale tra le forze politiche, una sorta di calmiere
ed arbitro di complesse situazioni. Gli ultimi 18 mesi della presidenza di
Napolitano sono stati a dir poco convulsi con il crescente protagonismo di chi,
secondo Costituzione, non dovrebbe entrare troppo nelle dinamiche di governo. In
assenza di una leadership politica forte, a fronte di una devastante crisi
economica e nel punto più basso di discredito di un’intera classe dirigente,
Napolitano è stato costretto a prendere le redini del paese proponendo soluzioni
con una “fantasia” istituzionale senza precedenti: dalla nomina del
professor Monti a senatore a vita, prodromo per l’incarico di formare un nuovo
governo dopo le dimissioni di Berlusconi nell’autunno 2011, fino all’esperimento dei 10 saggi – emblema dell’odierna situazione
di stallo, è stato tutto un susseguirsi di richiami, suggerimenti e proposte che
spesso invano il Quirinale ha lanciato nell’agone politico.
Ora bisogna cambiare. Il meccanismo di elezione del Presidente – nessuna
candidatura ufficiale, nessuna dichiarazione di voto, l’aula trasformata in un
semplice seggio elettorale – allontana inesorabilmente i cittadini permettendo
scelte dell’ultima ora (anche positive, intendiamoci) e favorendo i giochi di
palazzo. Senza contare le ambizioni personali che generano furibondi litigi. Il
movimento di Beppe Grillo ha cercato di smuovere le acque con un referendum
online per la scelta del proprio candidato. Procedura lodevole ma inficiata
dalla solita ambiguità dei 5 Stelle: non si sa il numero dei votanti, c’è
voluta una notte per sapere i risultati (ma l’esito del voto online non dovrebbe
essere immediato?), non sono mancate le ingerenze da parte del guru Casaleggio.
Anche il risultato che ha visto prevalere la giornalista Gabanelli è un esito
prevedibile e scontato, sintomo di un paese stufo di scandali, desideroso di
scoperchiare le pentole piuttosto che di cucinare nuovi piatti.
Eppure sarebbe davvero necessario aprire alla società civile. Ma per
scegliere un politico. Se Unimondo fosse un grande elettore saprebbe
indicare i parametri per individuare la persona adatta come successore di
Napolitano. Prima dell’età o del genere, sarebbe importante misurare l’afflato
internazionale del possibile candidato. Unimondo non può cominciare se non da
questo. Segue una certa competenza in ambito economico e poi sarebbe opportuna
una buona esperienza politica. In un paese normale, dopo elezioni dove, seppur
di stretta misura, è prevalsa una parte, in un’Italia normale, il Presidente
ideale ci sarebbe già: Romano Prodi. Economista, presidente del consiglio
(2 volte e 2 volte “licenziato” dagli intrighi della partitocrazia), presidente
della Commissione europea, attento da sempre alla Cina e all’Africa, ora
impegnato nelle Nazioni Unite. Moralmente ineccepibile, e forse proprio per
questo totalmente inviso a Berlusconi.
Eleggere Prodi oggi significherebbe probabilmente rompere su qualsiasi
ipotesi di governo e andare a nuove elezioni dall’esito imprevedibile e forse
peggiore del già infausto risultato di quelle di febbraio. Occorrerà accantonare
Prodi per le larghe intese? Posto così il problema denota la grave situazione in
cui ci siamo cacciati. Cosa serve oggi davvero all’Italia?
Nei giorni immediatamente successivi alle elezioni del 25 febbraio, avevamo
scritto che l’Italia correva il rischio di chiudersi su se stessa. Infatti stiamo vivendo una specie di
autarchia goffa e provinciale. C’è chi aspetta la rivoluzione planetaria e
aspetta la terza guerra mondiale, c’è chi pensa ai suoi processi, chi agli
equilibri interni di burocrazie lontanissime dalla vita, tutti urlano alla
mancanza di responsabilità altrui. Il mondo intanto gira. Sacrificare Prodi per
il bene del paese? Ma almeno ci sia un altro candidato con caratteristiche
simili, Giuliano Amato, Emma Bonino, pure Mario Monti (ah, se non si fosse
presentato alle elezioni!), qualche esponente esterno alla politica. Personaggi
che hanno una visione, sanno che cos’è una ong, hanno girato con intelligenza le
cancellerie.
Soluzioni equilibriste avrebbero il fiato corto e ci consegnerebbero
un’Italia incapace di cambiare. Probabilmente sarà così, ma noi non ci
rassegniamo. Apertura al mondo in ogni ambito, ecco la soluzione!
Piergiorgio Cattani