In Italia 15mila enti non profit sfamano 2,3 milioni di poveri. Chi sono e quanti sono in Italia i “poveri di cibo”? Secondo l’ultima Relazione Agea – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura oggi nel nostro Paese vivono 3 milioni e 600mila persone bisognose di sostegno alimentare. Nel 2010 erano 2 milioni e 700mila. Grazie alla prima indagine sulla povertà alimentare in Italia condotta dalla Fondazione per la Sussidiarietà, sappiamo che si tratta soprattutto di uomini tra i 35 e i 64 anni, di nazionalità italiana. La presenza più consistente si registra nel Lazio, quello più bassa in Toscana, regione che registra anche il più alto numero di mense sociali, seguita da Lombardia ed Emilia Romagna.
Se la distribuzione dei pacchi alimentari rappresenta la soluzione più diffusa per contrastare la povertà di cibo, negli ultimi anni si registra in un aumento delle persone che ricorrono alle “mense dei poveri”. Le più diffuse sono le mense Caritas, ben 449: il 26,5% è al Sud e il 24% al Centro. Il 30,7% è gestito da parrocchie e il 17,5 lavora in convenzione con l’ente pubblico. Le mense Caritas impiegano quasi 22mila operatori, di cui oltre 20mila sono volontari, ed erogano ogni giorno 16.514 pasti, oltre 6 milioni l’anno (Rapporto Caritas Povertà 2012).
L’indagine della Fondazione per la Sussidiarietà offre anche la prima ‘fotografia’ degli enti non profit che in Italia si occupano di povertà alimentare. Sono 7 organizzazioni nazionali, 249 regionali e quasi 15mila organizzazioni locali che distribuiscono pasti e derrate alimentari a 2 milioni e 300mila persone. Solo alla rete del Banco Alimentare fanno capo 8mila enti che complessivamente offrono sostegno alimentare a 1 milione e 700mila persone.
Con l’aggravarsi della crisi economica e l’imminente Servizio Siticibo del Banco Alimentare Toscanachiusura del Fondo alimentare europeo (leggi l’intervista a Leonardo Carrai) alcune organizzazioni non profit hanno lanciato importanti campagne contro spreco di cibo e per il recupero e la ridistribuzione di quei 6 milioni di tonnellate di eccedenze che ogni anno produce in Italia l’industria agro-alimentare (leggi l’intervento di Alessandro Perego).
In prima linea il Banco Alimentare che in Toscana conta 576 enti caritativi convenzionati e distribuisce ogni anno oltre 3mila tonnellate di prodotti alimentari. Con il sostegno di Cesvot, il Banco Alimentare della Toscana ha avviato il progetto “Il cibo indispensabile” per rafforzare la collaborazione con le aziende agro-alimentare e incrementare il recupero delle eccedenze.
Spingere sempre più aziende ed esercizi commerciali a donare prodotti alimentari in eccedenza è anche l’obiettivo del progetto promosso da Caritas e Comune di Livorno con Cna, Confcommercio, Confersercenti e Legacoop. Ma associazioni ed enti non profit guardano anche ai modelli di sviluppo e produzione agricola, come l’associazione Italia-Nicaragua che, sempre a Livorno con il contributo di Cesvot, organizza un corso per capire come intervenire sulle filiere di produzione e commercializzazione del cibo.
Garantire un sistema alimentare ‘giusto’ guardando al Sud del mondo è lo scopo di Oxfam, attiva in Italia dal 2010, e della campagna “Coltiva“ “perché quasi 900 milioni di noi va a letto a stomaco vuoto. Non perché manchi il cibo, ma per via di un sistema alimentare ingiusto, in cui chi ha il potere – poche, grandi imprese e pochi, grandi governi – decide chi mangia e chi va a letto senza cena” (leggi l’intervista a Federica Corsi).
Sul fronte degli sprechi, invece, opera dal 2003 Last Minute Market, uno Spin Off dell’Università di Bologna che ha messo a punto il primo sistema professionale di riutilizzo di beni invenduti dalla grande Mensa associazione Aurora Firenzedistribuzione organizzata, tra cui prodotti alimentari ‘freschi’ e ‘freschissimi’. Attivo in 12 regioni italiane con 40 progetti, Last Minute Market ha realizzato anche la campagna “Un anno contro spreco” e il primo Questionario sullo spreco domestico in Italia, dal quale emerge che lo spreco di cibo del 64% degli italiani è pari ogni settimana a 5 euro.
Ridurre gli sprechi e condividere il cibo può essere più facile se si ricorre alla comunicazione online. Questa è la scommessa di I Food Share, la prima piattaforma web italiana di food sharing nata in Sicilia dall’idea di 4 ragazzi. Lo scopo è chiaro: far incontrare, in modo semplice e veloce, associazioni, parrocchie, aziende, cittadini per recuperare alimenti e quindi ridistribuirli a chi ne ha bisogno.
di Cristina Galasso