Daniel H. Pink è uno scrittore americano che ha "condannato" i metodi manageriali basati sugli incentivi economici e non su quelli relativi alla valorizzazione dell'autonomia e della creatività individuale. Che invece, come dimostrano case history di successo, aumentano produttività e soddisfazione.
Chiara Bondioli
Ha fatto scalpore la recente decisione di Marissa Mayer, Ceo di Yahoo, di far tornare negli uffici i dipendenti che beneficiavano dell’opportunità di lavorare da casa: una scelta penalizzante soprattutto per le donne sulle cui spalle grava la maggior parte delle responsabilità domestiche, dai figli alla gestione delle incombenze quotidiane. Una decisione strategica quindi che va in controtendenza con le ultime notizie giunte dal mondo del “pensiero” manageriale americano che attraverso voci autorevoli sostiene l’importanza di mettere al centro il benessere dei collaboratori, dando loro la possibilità di scegliere modalità e tempi di lavoro per centrare al meglio gli obiettivi.
Una precisa metodologia di gestione delle risorse umane chiamata Rowe, results only work enviroment (i risultati sono l’unico scopo del lavoro) che lo scrittore e formatore americano Daniel H. Pink, autore anche dei discorsi di Al Gore dal 1995 al 1997, ha ampiamente trattato nei suoi bestseller, in particolare Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us, dedicati al cambiamento delle logiche produttive all’interno del mondo del lavoro. Pink parte dalla valutazione che il lavoro manageriale, focalizzato su obiettivi stretti premiati con bonus economici, dove però le persone hanno poca autonomia, non devono contribuire con creatività, ma al contrario devono obbedire a parametri dati, i risultati si sono dimostrati assolutamente negativi.
A conferma di questo dato Pink cita alcuni esperimenti fatti negli ultimi decenni con gli studenti di alcuni tra i più prestigiosi atenei nordamericani, come il M.I.T o l’Università di Chicago, chiamati a risolvere prove, astratte e fisiche, divisi in due gruppi: uno senza gratificazioni economiche e l’altro con tre livelli di premi in denaro. Mentre per le prove più meccaniche le performance migliori sono state raggiunte dal gruppo “incentivato”, dove invece si richiedevano capacità cognitive più elaborate il gruppo in questione ha fallito miseramente.
Allora si è pensato che per gli studenti americani gli incentivi fossero bassi (60 dollari per la performance migliore), si è spostato l’esperimento in un ateneo di una zona rurale in India dove il terzo premio corrispondeva a due settimane e il terzo a due mesi di uno stipendio medio . Ma anche qui l’incentivo economico si è rivelato inutile per raggiungere la migliore performance.
Quindi, posto che ogni persona deve essere soddisfatta e serena sul fatto che il suo lavoro sia riconosciuto e valorizzato sotto il profilo economico, ogni premio ulteriore promesso, per realizzare obiettivi più impegnativi dal punto di vista dell’innovazione e della creatività, non funziona. Secondo Pink questo prova che nonostante l’evidenza scientifica, il mondo del business continua a muoversi secondo logiche vecchie.
Infatti dalla logica dell’omologazione di deve passare a quella del coinvolgimento dell’individuo che si raggiunge non solo attraverso una politica inclusiva dove il collaboratore senta di far parte di un progetto che va ben al là di se stesso, ma anche dando autonomia alle persone.
Lo scrittore americano cita l’esempio di Google dove il 20% del tempo lavorativo di ogni ingegnere è a gestione libera, ovvero ognuno può scegliere tecniche, persone e metodi che preferisce per mettere a punto i progetti che a suo giudizio possono essere interessanti: ebbene la metà dei nuovi prodotti di un anno sono realizzati in quel 20% di tempo. Ciò significa che il mondo dell’impresa deve prendere atto che il tempo del bastone e della carota è davvero finito.