Editoriale di Ertharin Cousin a margine
della conferenza di Dublino su "Giustizia Climatica", 15-16 aprile 2013
Immaginatevi un mondo dove la quantità di pioggia che cade può decidere quale
corso prenderà la vostra vita, se godrete di un certo benessere o se, invece,
sarete segnati dalla fame e da un’alimentazione povera. Immaginatevi, per un
breve istante, di dover misurare le possibilità di sopravvivenza di vostro
figlio dal numero di sacchi di grano del vostro raccolto o dalle scarse riserve
di riso che vi rimangono.
Ebbene, questa è la realtà per milioni di comunità vulnerabili. Oggi, quasi
un miliardo di persone soffre la fame, in maggioranza donne e bambini. Al mondo,
quasi un bambino su tre cresce senza gli elementi nutritivi di cui ha bisogno
per combattere le malattie e sviluppare il proprio potenziale.
Ora, a tutto questo si aggiunge il cambiamento climatico.
Il legame tra clima, fame e una nutrizione povera sta diventando sempre più
evidente: un recente rapporto della Commissione sulla Sicurezza Alimentare
Mondiale ha messo in guardia sulla possibilità che il cambiamento climatico
modifichi, in maniera significativa, la quantità e la qualità del cibo
consumato, con consequenze potenzialmente devastanti per chi è più a rischio
fame. Il rapporto, inoltre, avverte che il cambiamento climatico potrà ridurre
la capacità delle persone di guadagnarsi da vivere e di avere abbastanza cibo
per sè e per la propria famiglia.
In molte aree del mondo, quattro persone su cinque sopravvivono grazie
all’agricoltura. Questi contadini, la maggior parte dei quali sono donne, vivono
in regioni in cui anche il più piccolo cambiamento climatico mette a rischio la
sopravvivenza. Nel corso di generazioni hanno imparato a far fruttare i
raccolti anche in circostanze proibitive. Tuttavia, con l’aumento della
frequenza e della gravità di siccità e di alluvioni causate dal cambiamento
climatico, i loro mezzi di sostentamento sono a rischio, e diventa più difficile
produrre buoni raccolti, mantenere il bestiame o guadagnarsi da vivere con la
pesca.
Guardando al 2050, con la popolazione mondiale prevista a 9 miliardi di
individui, avremo bisogno di aumentare la produzione agricola di quasi il 60 per
cento, se vogliamo che ci sia cibo per tutti. Ma negli anni che ci separano da
quella data, il cambiamento climatico insieme alla scarsità idrica e al degrado
dei terreni potrebbero ridurre di un quarto la produzione di cibo, creando nuovi
milioni di poveri.
La sfida comune non si limita alla sola produzione di cibo sufficiente.
Dobbiamo anche fare in modo che sia nutriente. Altrimenti rischiamo di
perpetuare il circolo vizioso che vede bambini crescere privi degli elementi
nutritivi necessari a un sano sviluppo fisico e mentale. E’ drammatico, ma le
ricerche indicano che un bambino privo, nei primi due anni di vita, della giusta
nutrizione, subisce un danno irreversibile.
Che mondo vogliamo lasciare in eredità, ai nostri figli? Uno dove sempre più
milioni di famiglie soffrono la fame o un pianeta in cui ogni bambino riceve
cibo sufficiente a garantire una vita piena e produttiva?
La seconda ipotesi implica l’abbandono del consueto approccio allo sviluppo
per puntare, invece, sulla centralità dell’individuo. Dobbiamo concentrarci sui
più vulnerabili e cercare di proteggere i loro diritti coerentemente ad
un’approccio di “giustizia climatica”.
Questo mese, il governo irlandese e la
Fondazione Mary Robinson-“Giustizia climatica” ospiteranno una conferenza
internazionale per discutere di tali sfide e sollecitare approcci e soluzioni
innovativi. La conferenza “Hunger, Nutrition, Climate Justice 2013” è
organizzata in partnership con il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e il CGIAR
Research Program on Climate Change, Agriculture and Food Security (CCAFS).
La sfida globale è determinare come si possono assistere i più vulnerabili:
non imponendo soluzioni dall’alto ma associando le conoscenze tradizionali dei
contadini, le loro pratiche e la loro esperienza alle innovazioni scientifiche,
al fine di ridurre la fame, migliorare la nutrizione e aiutare le popolazioni ad
adattarsi al cambiamento climatico.
Circa 100 piccoli agricoltori e persone vulnerabili che ogni giorno
affrontano le conseguenze del cambiamento climatico, parteciperanno alla
conferenza di Dublino, condivideranno le loro esperienze su come si coltiva il
cibo in un mondo soggetto al cambiamento climatico e presenteranno le soluzioni
in via di sperimentazione. Le voci delle donne saranno di particolare importanza
perché, in molte parti del mondo, sono loro in prima linea, responsabili sia
dell’agricoltura che dell’alimentazione delle proprie famiglie.
La conferenza vedrà riuniti comunità locali, quanti subiscono le conseguenze
degli alti prezzi alimentari, dei mancati raccolti e della sottonutrizione, i
leader internazionali, i policy maker e gli scienziati. Vogliamo fare in modo
che i nostri futuri indirizzi politici siano fortemente ancorati alla vita delle
persone e a ciò che, oggettivamente, ha funzionato o non è, invece,
riuscito.
La conferenza si svolge in un momento cruciale per lo sviluppo
internazionale. Quest’anno, la comunità mondiale farà il punto sui progressi
degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, il cui raggiungimento è previsto tra
due anni. Si comincerà a discutere delle nuove linee guida del nostro lavoro
sullo sviluppo, a cominciare dal 2015.
La nostra speranza è che la conferenza di Dublino possa ispirare soluzioni
innovative che aiutino gli agricoltori vulnerabili e le loro famiglie non
solamente a sopravvivere, ma ad avere una vita migliore e raccolti sufficienti a
sfamare una popolazione in crescita.
La conferenza “Hunger –
Nutrition - Climate Justice” si tiene a Dublino, 15-16 aprile 2013. Per
ulteriori informazioni: www.eu2013.ie