La proposta a Lucca dell'ex ministro Flick. I problemi del carcere vanno compresi e approfonditi meglio e servono interventi risolutivi. “Liberazione dalla necessità del carcere” è stato il momento centrale della terza giornata del Festival del Volontariato che si svolge fino a domani (domenica 14 a Lucca). È stato l'ex Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick a lanciare da Lucca una proposta concreta: il federalismo dell'esecuzione della pena. Insieme a lui sul tema della liberazione sono intervenuti Fratel Arturo Paoli, il giornalista Franco Bomprezzi, la presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Elisabetta Laganà che ha moderato una tavola rotonda a cui hanno partecipato Carmelo Cantone, Francesco Maisto, Luisa Prodi, Pier Giorgio Licheri, Don Ettore Cannavera e Silvana Giambastiani.

“L'unico modo -ha detto Flick- per affrontare il problema del carcere è lavorare sulle pene alternative e il ponte verso questa direzione è il volontariato. Il carcere deve essere riportato al rapporto con il territorio con le realtà locali. La proposta che faccio è quella del federalismo nell'esecuzione della pena, un decentramento ormai non più rimandabile. Significa costruire rapporti fra chi gestisce il carcere e le istituzioni, il volontariato e le categorie economiche”.

Flick ha ricordato due recenti provvedimenti che iniziano ad andare in questa direzione: il protocollo di intessa fra Dap e Anci per affrontare il problema dell'inserimento lavorativo dei detenuti e le circolari del Dap del 30 maggio 2012 e 29 gennaio 2013 per la riorganizzazione complessiva del sistema penitenziario.

“La sfida per la liberazione dalla necessità del carcere, per dare attuazione e concretezza
all’articolo 27 della Costituzione, è una delle più impegnative ma anche delle più urgenti cui è chiamato il volontariato, di fronte alla realtà del carcere di oggi. La situazione del carcere la conosciamo tutti, ma la qualità delle denunzie lascia il tempo che trova, dovremmo trovare il tempo di accantonarle”.

Il presidente emerito della Corte Costituzionale ha poi rilanciato, sempre nella direzione del federalismo dell'esecuzione della pena, il tema delle misure alternative. “Sono vissute -ha detto Flick- con sospetto e paura, nonostante gli “incidenti di percorso” siano statisticamente non frequenti. I circuiti penitenziari differenziati non esistono ancora, nonostante siano previsti dalla legge e resi indispensabili dalle differenze, non solo di pericolosità, nella popolazione carceraria, che riflette e amplifica la società multirazziale. La realtà è fatta di promiscuità fra imputati e condannati definitivi; di strutture che oscillano fra nanismo e gigantismo, e per l’80% risalenti all’800, quando non al medioevo. Sullo sfondo, una politica criminale che indulge alla domanda di carcere (spesso solo annunciata) come risposta mediatica all’insicurezza”. “Ma -ha ammonito Flick- la tendenza alla rieducazione è l’essenza della pena: non ci può essere pena senza finalità rieducativa”.

“Il volontariato, la sussidiarietà, la solidarietà e -a monte di essi- la misericordia -ha concluso Flick- rappresentano le componenti essenziali per realizzare un quadro efficace di misure alternative e per loro accessibilità a tutti; per mantenere un dialogo ed un rapporto fra chi è dentro e chi è fuori, fra noi e loro, i diversi; prima ancora, per formare una coscienza del problema del carcere, che consenta di fare breccia nel muro dell’indifferenza e della paura. In altre parole, le componenti essenziali per avviare un discorso che sia effettivamente in grado di saldare fra di loro la giustizia e la liberazione”.

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