La scorsa settimana è passato per l’Italia – Milano per la precisione – Geoff Mulgan uno dei più importanti maitre à penser dell’innovazione sociale: chief executive di Nesta – un think tank per il quale l’attributo “influente” non è speso a caso – e autore di svariate pubblicazioni, tra le quali il famoso open book sull’innovazione sociale (con Robin Murray e Julie Caulier-Grice) e il recentissimo The Locust and the bee. Predators and Creators in Capitalism’s Future. Dopo l’intervento a Meet the media guru, altri incontri e interviste. Tra queste ultime segnaliamo quella della sociologa Ivana Pais apparsa in due tranches sui blog La nuvola del lavoro e La rete che lavora (titolo dell’ultima fatica editoriale della ricercatrice milanese).

Molti gli argomenti trattati e gli stimoli utili anche al dibattito sull’impresa sociale. In primo luogo Mulgan sottolinea la rilevanza crescente del mondo business nel generare imprenditori e imprenditoria sociale. Proprio nei giorni in cui, peraltro, si celebra la decima edizione dell’evento di riferimento in questo ambito, lo Skoll World Forum a Oxford. Una tendenza sempre più dominante grazie anche al traino politico culturale dell’innovazione sociale che pare essere stata meglio assimilata dalle business school e che quindi contribuisce a mettere sotto pressione conoscenze e policies sull’impresa sociale elaborate sul versante non profit ed economia sociale.

In secondo luogo si può sottolineare l’enfasi su nuovi modelli di partnership tra enti diversi che accettano la sfida di rinnovare i loro schemi di azione per meglio rispondere a nuove e vecchie sfide sociali e ambientali. Lungi dall’identificare una forma istituzionale ad hoc, Mulgan predilige la ricerca di accordi e collaborazioni tra soggetti differenti sotto molteplici aspetti non ultimo il ciclo di vita, sostendo ad esempio la possibilità di estrarre innovazione sociale grazie a reti tra imprese di dimensioni ed età diverse.

Infine alcuni pensieri in apparente (o reale) controtendenza rispetto alla vulgata ormai maintream sull’innovazione sociale. Da una parte l’orientamento alla riattivazione di soluzioni, strutture, modelli per perseguire nuovi obiettivi di interesse sociale. In questo senso più che a una distruzione, l’innovazione assomiglia a un hackeraggio. Dall’altra la sottolineatura molto importante rispetto alla necessità di prevedere elementi di persistenza a livello di cultura e di metodo così da permettere un approccio proattivo e consapevole all’innovazione. Che così declinata riprende elementi tipici di un concetto forse démodé ma molto affine, ovvero il cambiamento, anche quello che si attiva all’interno delle organizzazioni.

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