Welfare, il 50% dei genitori costretto ad aiutare i propri figli fuori casa. Il lavoro è il nodo principale. L’opinione diffusa è che gli ammortizzatori sociali vadano ripensati.
A cura di Lidia Baratta e Carlo Manzo
Da qualunque parte arrivino, ministero del Lavoro, Bankitalia o Istat, i dati sulla situazione sociale italiana sono tutt’altro che confortanti. Il lavoro manca per giovani e adulti: più di un milione i licenziamenti nel corso del 2012. E le famiglie stringono la cinghia: niente ferie estive, niente riscaldamenti, e la carne, se va bene, solo una volta alla settimana. Per il 65% di loro lo stipendio non basta.
La politica cosa fa? Secondo l’ultimo sondaggio di Ipsos, gli italiani credono che il welfare di casa nostra non sia sufficiente a coprire tutti i bisogni, né a ridurre le differenze sociali. Quello che manca, dicono gli intervistati, sono soprattutto servizi per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e quelli per le persone con difficoltà economiche.
«Dall’introduzione della legge Biagi in poi, emergono difficoltà di adattamento al nuovo mercato del lavoro», ha spiegato Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, alla presentazione dei dati. «Così i giovani guardano al futuro con grande preoccupazione e un sentimento acuto di sfiducia per le istituzioni e la politica in generale». Emerge una percezione di scivolamento verso la povertà e l’opinione diffusa è che gli ammortizzatori sociali vadano ripensati e resi più equi.
Per i 20-30enni non resta che aggrapparsi ancora alla famiglia, nonostante anche madri e padri siano in difficoltà. La pensione e lo stipendio dei genitori restano una garanzia per chi altrimenti non avrebbe alcun sostegno. Nonostante il confronto tra le generazioni sia a favore dei padri, che hanno goduto di grandi vantaggi oltre che di un clima economico più positivo, l’idea di togliere ai più anziani per dare ai figli spaventa i più giovani perché viene percepita come la perdita di una fonte di aiuto sicuro. Un patto intergenerazionale fondato sulla precarietà.
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