E' partita a Bankok, in Thailandia, la riunione del gruppo di lavoro sulla mitigazione dei cambiamenti climatici dell'IPCC (il Panel scientifico dell'ONU sui Cambiamenti Climatici). Il rapporto che verrà approvato al termine dei lavori, oggi il 3 maggio, prospetterà le politiche e le misure da attuare per ridurre le emissioni di gas serra, in particolare l'anidride carbonica, e quindi cercare di rallentare e in prospettiva fermare il fenomeno del riscaldamento globale.
Dopo il cosiddetto "Rapporto Stern", commissionato dal Ministero del Tesoro Britannico, gran parte degli economisti ritiene che gli investimenti nell'efficienza energetica e nelle fonti di energia rinnovabile siano molto inferiori alle conseguenze, anche economiche, che il Mondo dovrebbe affrontare nel caso i mutamenti climatici raggiungano il punto di non ritorno e si avviino verso conseguenze catastrofiche.
E' dunque necessario che anche nel nostro Paese, accanto a misure per far fronte al danno già in atto (il cosiddetto "adattamento") si attui in fretta una politica seria per la "mitigazione", cioè per tagliare le emissioni di CO2.
Questo anche per anticipare la svolta tecnologica e industriale verso cui il mondo si sta avviando rapidamente. Proprio nei giorni scorsi la Norvegia ha annunciato un piano per ridurre a zero le emissioni di CO2 entro il 2050. Il WWF chiede che il Governo, con l'apporto del Parlamento e delle Regioni, realizzi un "Piano per l'Italia a emissioni zero" che costituisca un vero e proprio trampolino di lancio verso una nuova rivoluzione economica.
Tale Piano deve armonizzare con i target di riduzione delle emissioni di CO2 le politiche in tutti i settori, dai trasporti al civile, dal settore elettrico a tutti i settori industriali. E deve prevedere le misure integrate da attuare per prevenire gli impatti sulla natura, sulle persone e sull'economia dei mutamenti climatici già in atto. Si avverte la mancanza di un disegno che affronti nel complesso i problemi, in primis nei settori dell'energia e dei trasporti, rendendo coerenti le politiche.
Nonostante i piani del Governo, manca una strategia complessiva di attuazione a patire dagli obiettivi del protocollo di Kyoto: esistono provvedimenti giusti, come il conto energia per promuovere l'energia solare e gli incentivi all'efficienza negli edifici, ma queste misure vanno monitorate, sostenute e rese effettive e, comunque.
E' anche ora di applicare la direttiva europea sull'emission trading che permette di ridurre in linea con Kyoto le emissioni del settore industriale che finora è stata elusa ed aggirata scaricando ulteriori oneri sui consumatori italiani a favore delle imprese elettriche e dei famigerati impianti CIP6 assimilati.
I primi due passi.
Lo scorso anno il WWF ha suggerito politiche e strategie nel settore energetico per raggiungere Kyoto entro il 2012 e prepararsi agli obiettivi successivi (meno 20-30% entro il 2020): una graduale diminuzione della domanda nel periodo 2008-2010 e poi un più marcato contenimento dal 2011 al 2015, corrispondenti ad una diminuzione complessiva del 14% della domanda elettrica rispetto al 2005.
Le politiche e le misure individuate permetteranno un contributo del settore elettrico di diminuzione delle emissioni climalteranti proporzionale alla riduzione nazionale nella media del periodo 2008-2012. Rispetto al 1990 infatti si registra una diminuzione media del 7% nel periodo 2008-2012.
Tuttavia i ritardi dell'implementazione di provvedimenti per il settore e in particolare la pressione della domanda elettrica degli ultimi anni, permettono una stabilizzazione delle emissioni del settore termoelettrico solo nel 2009. I recuperi in termini percentuali avverranno nel periodo 2010-2012.
E' sempre da tenere in conto che lo scenario è basato sul progressivo recupero di quote d'importazione elettrica che pertanto inevitabilmente determinano un aumento del contributo nazionale di generazione.
L'azione combinata della crescita delle rinnovabili e della riduzione della domanda per effetto dei miglioramenti dell'efficienza energetica permetterebbero un contenimento delle emissioni del 35% rispetto al 1990 e a poco meno del 50% rispetto al 2005.
Il contributo del carbone.
Il carbone non è una soluzione, non esiste un carbone "ripulito" in termini di cambiamenti climatici, è e rimane il combustibile a maggiore emissione di CO2 in assoluto. Anzi, per una diminuzione più efficace delle emissioni andrebbe previsto l'aumento di efficienza di almeno una centrale a carbone esistente.
Il suo arresto per il lavori di manutenzione ed il suo minore impatto in termini di emissioni una volta completata la ristrutturazione permetterebbero performance ambientali maggiormente significative per il paese. In nessun modo, dallo scenario elaborato dal WWF emerge la possibilità di fare entrare nel parco termoelettrico nazionale nuova capacità a carbone.
Il crescente peso della generazione a gas naturale non determina una riduzione della sicurezza degli approvvigionamenti dal momento che il consumo di combustibili dopo un picco negli anni 2007-2011, rientra in termini assoluti su volumi pari a quelli attuali. Oltre ai suddetti benefici ambientali la realizzazione dello scenario proposto determinerebbe consistenti vantaggi economici per il paese quantificabili in risparmi nell'acquisto di materie prime.
Trasporti, viaggiare verso Kyoto.
Il WWF ha anche approntato uno studio per proporre le possibili ricette nell'altro settore che maggiormente incide sulle emissioni di CO2, quello dei trasporti: si propone di incentivare ed orientare le tecnologie "pulite", riorganizzare radicalmente l'offerta di trasporto, "raffreddare" la domanda. Un settore spesso trascurato perché è meno scontato il passaggio tra energia e ?movimento' ma che incide profondamente sulla bilancia delle emissioni di uno Stato.
Una ricetta che il WWF ha voluto proporre, anche in questo settore, attraverso una politica sintetizzata in 10 passi che necessariamente vede l'intervento di molti settori e una riorganizzazione profonda e complessa della mobilità, ma che otterrebbe indubbi e auspicati vantaggi non solamente per l'aspetto climatico, ma anche sanitario e di qualità della vita.