Tonnellate di eccedenze e milioni di poveri. In Italia ci sono almeno 3 milioni e 600mila poveri in difficoltà alimentare (dati Agea 2012) ma, secondo Coldiretti, nell’ultimo anno sarebbe raddoppiato il numero di coloro che dichiarano di non potersi permettere un pasto adeguato. Sono persone che spendono meno di 220 euro mensili per le provviste alimentari.
In questo numero affrontiamo il tema dello spreco e della capacità del volontariato di intercettare e ridistribuire le eccedenze alimentari. Ma non trascureremo di conoscere anche coloro che vigilano, come Oxfam, sui processi di produzione delle principali industrie agroalimentari nel mondo per “esortarle ad intraprendere tutte le misure necessarie per dare vita ad un sistema alimentare globale più equo”.
Perché il 42% dello spreco è generato dal consumatore ma il 58% dalla catena di produzione delle industrie, compresa la ristorazione.
Un po’ di numeri bastano ad inquadrare le dimensioni del problema: secondo la ricerca “Dar da mangiare agli affamati”, promossa dal Banco Alimentare e realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà e il Policlinico di Milano, le eccedenze alimentari generate ogni anno in Italia sono pari a 6milioni di tonnellate per un valore stimato intorno ai 13 miliardi di euro.
In Toscana 576 strutture caritative offrono cibo, ogni anno, a quasi 100 mila persone. Dietro le quinte di questa rete efficiente e solidale c’è quasi sempre il Banco Alimentare.
Un’associazione che dal 1996 opera anche in Toscana proprio con lo scopo di individuare le fonti di spreco, stoccare le merci recuperate, distribuire gratuitamente e quotidianamente ad enti convenzionati. Un mondo che ha dell’incredibile.
Un’organizzazione fondata sul turno serrato di 60 volontari attivi che, con capacità logistiche degne di una grande azienda, gestiscono 3,5 milioni di chili di prodotti alimentari l’anno.
Questa capacità permette agli enti caritativi riceventi di non dover spendere soldi per l’acquisto dei beni destinati ai propri assistiti. Ma permette anche, ai donatori della filiera agro-alimentare, di risparmiare i costi di smaltimento rifiuti nonché di beneficiare di sgravi fiscali. Ma non tutte le aziende lo sanno. Facciamo passaparola!
di Cristiana Guccinelli