ROMA - "Mi chiamo Alex Zanardi e sono un pilota. Sono un pilota, nonostante
la vita abbia cercato di cambiare il corso delle cose. Ci sono stati dei momenti
difficili, ma non ho mai perso l'entusiasmo di vivere. Ed è grazie a questo
atteggiamento che ho avuto l'occasione di vivere ancora diverse occasioni di
grande esaltazione". Così si presentò Alex Zanardi sulla scena paralimpica, nel
discorso inaugurale alla cerimonia di apertura di Torino 2006. Una frase in cui
c'è l'umanità e l'ottimismo dell'uomo, la caparbietà e il fatalismo del
campione. E dire che "le occasioni di grande esaltazione" citate da Zanardi
erano allora solo una parte di quelle che avrebbe vissuto in seguito. Tra
queste, da ricordare le splendide performance alle Paralimpiadi di Londra 2012.
Nella stessa occasione, il pilota bolognese ha aggiunto: "Dopo l'incidente
(avvenuto il 15 settembre 2001 sulla pista del Lausitzring, in Germania, dove
Zanardi perse entrambe le gambe, ndr) è evidente che mi sono trovato a
fronteggiare nuove priorità, ho dovuto ad esempio trovare familiarità con le
protesi. Ma la vera scoperta è stata lo sport. La handbike mi ha ridato la gioia
di sentire una goccia di sudore sulla mia fronte".
A raccogliere queste e altre testimonianze è il libro "Alex. Un inguaribile
ottimista", di Luca Corsolini (Aliberti editore). Corsolini, giornalista di Sky
sport, è un tifoso del mondo paralimpico, che ha portato per primo in tv nel
1990 con la rubrica "Giocare per vivere". Zanardi è oggi atleta di successo, ma
anche conduttore Tv (del programma "Sfide"). Quella che esce dal libro è
l'immagine di un uomo sereno, ironico, specchio sereno del disabile solare che
accetta la sua condizione e, con lo sport, la sfida quotidianamente. Dalle sue
prime corse in kart all'esordio paralimpico, il campione e l'uomo sono
raccontati in maniera inedita. Una disabilità che lo ha spinto oltre i propri
limiti, se è vero - si legge nel libro - che "prima la fatica la faceva il
motore poi a Londra, nel 2012, da motore di se stesso ha vinto due medaglie
d'oro e una d'argento".
Eppure ad ascoltare Zanardi si ha sempre l'impressione della semplicità,
della "normalità". Afferma ancora il pilota: "Ho voluto la bicicletta? E allora
mi sono messo a pedalare. Il bello non è il risultato, ma la preparazione. Il
bello non è la meta, ma il viaggio. E in due anni e più di allenamenti mi sono
sempre divertito!". Il volume di Corsolini riesce a illustrare il campione e,
come detto, l'uomo. Lo fa citando fatti, situazioni, aneddoti. Ne esce fuori uno
spaccato di atleta certamente "solare", ma determinato. Con una seconda parte
della sua esistenza tesa non a sfidare a muso duro la vita, ma a trattarla con
dolce determinazione. Senza sconti e senza lasciare conti in sospeso. Come
quando, a 2 anni dal terribile incidente che poteva costargli la vita e che lo
ha reso disabile, Zanardi nel 2003 è tornato sul circuito del Lausitzring per
correre gli ultimi tredici giri che gli mancavano per completare la gara
interrotta dal suo incidente. Un modo per chiudere un ciclo. E riaprirne un
altro. Diverso, ma non meno avvincente. "Quando correvo fino ai quattrocento
all'ora sulle piste di tutto il mondo ero io da solo. Adesso, su quell'handbike,
c'è mezza Italia che spinge con me. Sento che la gente mi vuole bene. Ma, in
fondo, non ho fatto niente di speciale. Ho preso la bicicletta. E ho pedalato".
(Daniele Iacopini)