Stop al programma «Emergenza Africa» dal 1 marzo. Chiudono le strutture di accoglienza di Tivoli, Prenestino, Viterbese e Civitavecchia. Appello a Laura Boldrini.
ROMA - Tremila richiedenti asilo che fino ad oggi avevano trovato accoglienza nei centri del Lazio rischiano di non avere più una casa. Il loro alloggio svanirà nel nulla, nel corso della prima settimana di aprile, a causa della chiusura delle strutture loro dedicate, decisa dal decreto governativo che ha sancito - dal 1 marzo - la fine del programma Emergenza Nord Africa (Ena). Solo nella Capitale sono oltre un migliaio: scamperanno allo «sfratto» solo i minori non accompagnati e gli anziani. Per tutti gli altri ci sarà un «permesso di soggiorno umanitario» di un anno, e scatterà la corsa contro il tempo per trovare una casa e un lavoro.
EMERGENZA CONTINUA - «Per noi l'emergenza non è certo finita – spiega Barbara Sciolla dell'associazione anti razzista "3 febbraio" -, per questo abbiamo deciso di lanciare un appello alla società civile. Una gara di solidarietà che dia delle risposte concrete ai profughi che, con la chiusura di questi centri, rischiano di finire in mezzo ad una strada». E per molti - come raccontano alcuni operatori dei centri Ena - si delinea già il destino di tornare a dormire alla stazione Termini.
APPELLO A PRESIDENTE DELLA CAMERA - Laura Boldrini, ex portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati politici, oggi presidente della Camera dei Deputati si trasforma inevitabilmente in un importante interlocutore per queste associazioni. «Abbiamo avuto più occasioni di lavorare con lei in passato – continua Sciolla -, oggi rappresenta la terza carica dello Stato e abbiamo deciso di scriverle per illustrare in dettaglio lo stato delle cose. Ma senza creare false speranze, ed aspettative, ai richiedenti asilo che oggi sono in difficoltà». Sciolla vuole essere chiara in questo. Ribadisce che «è proprio lo Stato ad aver fallito il progetto di accoglienza», iniziato nel novembre del 2011: «Con l'arrivo del ministro Andrea Riccardi, speravamo in un cambiamento – conclude Sciolla -, ma siamo rimasti molto delusi».
IL BONUS D'USCITA – Per lasciare le strutture Ena, il Governo ha predisposto per tutti un bonus d'uscita di 500 euro. Una impostazione che non piace alle associazioni perchè percepita come un ricatto: «Spesso viene distribuita questa lettera senza che ne venga fatta alcuna traduzione a queste persone – spiega Shoan, coordinatore nei centri per l'Associazione 3 febbraio -, questa è una cosa grave, perchè molti accettano senza capire che, ricevendo questa somma, rinunciano a qualsiasi tipo di tutela in futuro».
IL CASO DI ANGUILLARA - In molti però scelgono di non accettare il bonus. Come accade nel centro Ena di Anguillara Sabazia, dove 45 donne profughe, con i loro bambini, hanno deciso di occupare la struttura, presidiandola, contro lo sgombero. Una scelta disperata, che mostra la situazione in cui si trovano queste donne, «spaventate all'idea di dover tornare nel meccanismo della tratta», come spiegano dal "Comitato donne 100celle e dintorni". Grazie all'intervento dell'amministrazione comunale, questo centro rimane aperto, garantendo così l'accoglienza. Almeno per il momento.
CHIUDONO I CENTRI – Alle porte di Tivoli ci sono due centri Ena all'interno delle strutture della clinica San Cesarano. Quello più grande, con la presenza di circa 170 profughi, dovrebbe chiudere a giorni. Nell'altro invece, che ne ospita 27, ancora vige l'incertezza. Alcuni operatori riferiscono che da quando è stato emanato il decreto governativo (con la chiusura dell'emergenza fissata al 1 marzo), «né dalla cooperativa, né tantomeno dalla presidenza del centro è arrivata alcuna comunicazione».
NIENTE SOLDI PER I PROFUGHI - «Finora l'unico effetto di questo decreto è stato il blocco dei money pocket per i ragazzi (i 2,5 euro giornalieri di cui avrebbero diritto i profughi) – racconta un operatore del centro -, mentre noi non percepiamo lo stipendio da circa quattro mesi». Il centro più grande di Roma, quello in zona Prenestina, dovrebbe chiudere invece entro il 5 aprile. Saranno circa 400 le persone che, uscendo da qui, dovranno cercare una casa. «Sarà proprio in questo centro che si combatterà la battaglia più dura – continua Shoan -, perchè tanti ragazzi hanno già fatto sapere di non volersene andare, rinunciando al bonus».
IL CASO DI CIVITAVECCHIA – Don Lino Dragu della parrocchia San Pio X, a Civitavecchia, già da tempo fornisce alloggio a circa 40 richiedenti asilo in difficoltà. Con la chiusura dei centri Ena della Capitale, rischiano di arrivare in centinaia: «Non ho mezzi sufficienti per accoglierli tutti, ma certo non gli dirò di no – dice Don Lino -, quando ti si presenta alla porta un povero bisogna aiutarlo. Metterò a disposizione anche la chiesa, se necessario». Non vuole arrendersi Don Lino. Proprio a Civitavecchia fu instaurato il campo di accoglienza più grande del Lazio, con i primi arrivi dalla Libia nel novembre del 2011. Un centro, chiuso già da tempo, che si trovava a poche centinaia di metri dalla sua parrocchia.
I CRISTIANI DEL CONTINENTE NERO - «Negli ultimi due anni ho battezzato circa 400 africani cristiani e che, in età adulta, non avevano ancora ricevuto questo sacramento – racconta Don Lino -, questo ha creato un legame speciale con i 'miei ragazzi'. Un grande senso di responsabilità che mi ha impedito di voltargli le spalle quando sono venuti a chiedermi aiuto». Spera dunque in un aiuto Don Lino, visto che tanti altri potrebbero arrivare.
Veronica Altimari