Negli ultimi anni, hanno visto la luce diversi nuovi strumenti finanziari aventi tra i propri obiettivi quello di sostenere le imprese sociali, concetto qui da intendere in senso allargato e che include i soggetti che hanno assunto la qualifica civilistica ex lege (l. n. 118/2005 e d.lgs. n. 155/2006), la cooperazione sociale, le associazioni, le fondazioni, ecc.

Alle tradizionali fonti di finanziamento, principalmente di natura pubblica, si sono recentemente affiancate modalità di finanziamento varie ed innovative, appartenenti in particolare al novero degli strumenti finanziari di natura privata: dall’impact investing e i social impact bond al social venture capital e alla venture philanthropy, piuttosto che il microcredito e la microfinanza o il crowdfunding.

Tuttavia, seppure ciascuno degli strumenti finanziari sovra menzionati siano utilizzati per facilitare lo sviluppo delle imprese sociali, una problematica riscontrata nella loro applicazione al mondo dell’imprenditorialità sociale nasce dal fatto che l’origine di questi è spesso legata al mondo del for profit.

Ciò incide certamente sulla scelta fatta finora da parte delle imprese sociali in Italia di scegliere principalmente modalità di finanziamento degli investimenti piuttosto tradizionali, vale a dire per la maggior parte (7 su 10) l’autofinanziamento e, secondariamente (2 su 10), prestiti di istituti di credito tradizionali.

È necessario considerare, inoltre, come i fabbisogni finanziari delle imprese sociali siano strettamente correlati a:

1. tipologia giuridica: il fabbisogno finanziario di un’organizzazione non profit che assume la veste giuridica di associazione è certamente diverso rispetto a quello di una cooperativa sociale, sia nei modi (forme di finanziamento richieste) che nei tempi in cui il finanziamento darà i suoi frutti ed eventualmente questo verrà restituito e l’investitore sarà remunerato;

2. grado di sviluppo: il fabbisogno finanziario delle imprese sociali è strettamente collegato al loro ciclo di vita. Ad esempio, organizzazioni che si trovano nella fase di start up avranno necessità di finanziamento differenti rispetto alle realtà in fase di espansione (Fig. 1);

3. orientamento al mercato/settore pubblico come principale clientela di riferimento.

Data la varietà di soggetti di cui si compone l’universo non profit, quindi, si rende strettamente necessaria una finanza in grado di valorizzarne la sua biodiversità. Il percorso per la costruzione di un ecosistema finanziario in grado di promuovere le diverse forme di imprenditorialità sociale deve, innanzitutto, partire dalla costruzione e dalla diffusione di sistemi di rating in grado di far emergere e, di conseguenza, di valutare gli elementi distintivi di ciascuna forma di organizzazione non profit, per poter permettere loro di avere accesso ad un’offerta finanziaria pensata ad hoc.

Ciò ha, inoltre, quale principale conseguenza quella di riuscire ad aumentare l’efficacia e l’efficienza dei rapporti tra investitori e imprese sociali, attraverso la riduzione delle asimmetrie informative che spesso caratterizzano tali rapporti e, di conseguenza, abbassando i costi legati all’erogazione di finanziamenti, che oggi scontano ancora troppo spesso l’applicazione di parametri di valutazione meritoria non personalizzati per le imprese sociali.

Oltre a sistemi di rating elaborati ad hoc per il mondo delle imprese sociali, è opportuno pensare a modalità di combinazione dei tre gruppi di strumenti di finanziamento:

1. grant, ovvero donazioni, che rappresentano la modalità cui tradizionalmente fanno ricorso le organizzazioni non profit e i cui fondi oggi vengono sempre più spesso assegnati attraverso l’organizzazione di vere e proprie competition tematiche (ad esempio, sui temi della social innovation);

2. equity, in particolar modo per organizzazioni in fase di start up la cui necessità primaria è quella di raccogliere capitale per la fase di avvio della propria attività (cd. seed capital). In tal senso, si pensi all’attività degli incubatori d’impresa, realtà ideate per far sviluppare soggetti imprenditoriali in fase di start up attraverso una molteplicità di risorse messe a disposizione dalla rete di contatti dell’incubatore;

3. finance, sia per ciò che riguarda organizzazioni in fase di start up che consolidate che necessitano di investire nelle loro tradizionali o nuove attività. Si tratta di strumenti finanziari messi a disposizione tramite gli istituti di credito e dedicati alle imprese sociali, piuttosto che istituti di credito dedicati al Terzo settore o facenti parte loro stessi del Terzo settore.

Per la promozione delle imprese sociali è dunque fondamentale riuscire a creare un ecosistema finanziario, inteso come mix di soggetti e strumenti finanziari che accompagnino tutte le realtà dell’imprenditorialità sociale in tutte le fasi della loro vita e soddisfando tutte le diverse necessità finanziare che queste possono riscontrare.

Paolo Venturi
esperto di: Economia Sociale, Cooperazione, Impresa sociale, Innovazione sociale, Non Profit 

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