18 anni di memoria e di impegno, di crescita collettiva, di unione di singoli, sigle, scuole, università. 18 anni di vicinanza ai familiari delle vittime e alle vittime, ai testimoni di giustizia, a chi quotidianamente facendo il proprio mestiere si oppone alle mafie e alle logiche mafiose, che si annidano in tutte le professioni e ad ogni latitudine. Ci sono tre donne che è importante ricordare in una giornata così. Sono tre madri, La prima è la madre di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, che ci ha affidato il bisogno di dare a ciascuno la dignità del suo nome. Soffriva Carmela, quando la memoria di Antonio, di Rocco e di Vito veniva liquidata con l’espressione “i ragazzi della scorta”.
“Perché” si chiedeva “il nome di mio figlio non lo dicono mai. E’ morto come gli altri”. Da lì, da questo bisogno, da questo grido di identità negata nasce il 21 marzo, Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Ogni anno una città diversa, ogni anno un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano. La seconda è la madre di Roberto Antiochia, agente della Polizia di Stato che proteggeva il vice questore di Palermo Ninni Cassarà. Mori trucidato di colpi, nell’agosto dell’85, cercando di fare da scudo al “suo” questore. Saveria dopo quel lutto decise di impegnarsi, anche politicamente, per portare rinnovamento e azioni volte al ripristino della legalità. Poi a metà degli anni ’90 ha accompagnato la nascita di Libera ed è stata la prima a tessere pazientemente la rete tra i familiari delle vittime delle mafie, che oggi è forte e trasversale. La terza è la madre di Pierantonio Sandri, giovane scomparso a Niscemi nel 1995, a soli diciannove anni. Ninetta non si è data pace finché non ha avuto una tomba su cui piangere. Finalmente nel 2009, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, sono stati ritrovati i resti di Pierantonio. Ninetta ha urlato più che ha potuto, fino alla morte, che suo figlio era vittima di un sistema omertoso, che per quindici anni non ha consentito di fare luce sul caso. Oggi queste madri si sono ricongiunte ai loro figli e a noi hanno lasciato un’eredità straordinaria, di forza, di impegno, di fame e sete di giustizia e verità.
E’ anche grazie a loro che Libera è arrivata a compiere 18 anni. 18 anni è un’età importante, in cui i ragazzi diventando maggiorenni affrontano le nuove sfide che la vita propone loro. In primis, il diritto di voto. Il diventare pienamente cittadini della Repubblica, esprimendo le proprie idee politiche affinché vengano rappresentate in Parlamento. Libera su questo è stata un “enfant prodige”: fin dalla sua nascita infatti ha portato avanti proposte che potessero diventare realtà, grazie all’interlocuzione permanente con le Istituzioni. A cominciare dalla legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, proposta con la raccolta di un milione di firme. E in questi 18 anni sono state molte le istanze portate avanti, per poter rispondere con efficacia all’emergere di nuove forme di investimenti criminali nel nostro Paese. Oggi più che mai è chiaro che per sconfiggere le mafie è necessario un maggior investimento in termini di innovazione, per dare la possibilità ai giovani di trovare la propria dimensione e non cedere ai miraggi di guadagni facili e illegali. In questi giorni l’Italia ha guadagnato un triste record: il tasso di disoccupazione giovanile lambisce il 40%. Pensare che ci siano 4 giovani su 10 che non trovano spazio, non può che spingerci a reagire e a fare ciò che è in nostro possesso per migliorare la situazione.
Libera è un’associazione in cui tanti giovani trovano il loro modo di essere attivi, attraverso i presidi territoriali e i coordinamenti, attraverso i campi estivi, le cooperative, i corsi universitari, i laboratori scolastici. E poi attraverso tanti linguaggi diversi, come la musica, i film, l’arte in tutte le sue forme, le sperimentazioni digitali. Una rete in cui esiste un forte patto generazionale, una solida alleanza tra coloro che hanno esperienza e coloro che vogliono fare esperienza, senza che si crei un rapporto gerarchico.
Una rete in cui chi vuole essere protagonista trova spazio e agibilità. E’ per questo che negli ultimi anni é aumentata esponenzialmente la presenza di giovani che vedono in noi ciò che probabilmente non trovano più in altri luoghi: spazi di formazione, di libertà di espressione, di attivismo, di proposta politica e, soprattutto, di cambiamento. Molti di loro non erano neanche nati quando la rete è stata pensata, quando ci sono state le prime riunioni che ponevano al centro la necessità dello “stare insieme” per non creare l’ennesima associazione accanto alle altre. Tutti questi giovani però hanno dentro lo spirito originario di Libera e ne vivono a pieno le attività, essendo protagonisti accanto ai più adulti. In una logica intergenerazionale che ci pone corresponsabili verso il nostro Paese: perché l’Italia ha bisogno di cambiamento oggi e solo se c’è un forte legame tra gli adulti e i giovani, che insieme rappresentano il presente, questo cambiamento può essere generato.
Francesca Rispoli, coordinatrice nazionale di Libera
(Articolo pubblicato anche su L’Unità, 25 marzo 2013)